Management e marketing
26 Novembre 2011 • di Renato Votta
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In questo primo intervento sul tema, partendo dal concetto di Valore Economico, inteso come misurabilità dei beni immateriali quali la clientela, le risorse umane, l’organizzazione, i sistemi e la tecnologia, esamino le Balanced Scorecard, strumenti che forniscono all’organizzazione la capacità di comunicare e di verificare che i processi aziendali siano allineati e concorrano alla realizzazione della strategia.
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Le aziende oggi si danno obiettivi molteplici e spesso incompatibili. Alcuni esempi concreti di obiettivi possono essere: il raggiungimento di determinate quote di mercato, la qualità totale, l’incremento delle vendite, la redditività per business unit, la riduzione dei costi di struttura, la produttività, la redditività a breve termine, la redditività a lungo termine, la soddisfazione dei clienti, la crescita professionale, la soddisfazione del personale, ecc.
Non sempre, tuttavia, la struttura è pronta e adeguata a raggiungere tali obiettivi. Il problema della definizione degli obiettivi e dell’individuazione delle necessarie strategie è estremamente delicato; spesso, infatti, l’organizzazione non è allineata verso i propri obiettivi; questo avviene per una serie di motivi.
Una prima ipotesi è che l’organizzazione potrebbe mancare di una chiara visione di ciò che vuole essere. Ognuno, all’interno dell’azienda, fa ciò che ritiene essere il meglio; tale patologia può definirsi “miopia” direzionale.
Oppure si potrebbe avere un conflitto interno di obiettivi: i diversi gruppi all’interno dell’organizzazione dissentono sull’articolazione della strategia. È il caso, classico, delle aziende organizzate secondo il sistema divisionale o comunque caratterizzate dall’esistenza di diverse linee di prodotti/servizi.
Ancora il mancato allineamento potrebbe essere dovuto a una leadership “disgiunta”: il top management elabora visione e strategia ma non la comunica al resto dell’organizzazione.
Infine, si può avere il caso di una scelta errata degli obiettivi da perseguire: l’organizzazione è allineata ma è volta al raggiungimento di obiettivi che non creano valore per i portatori d’interesse.
Si raggiunge, invece, l’allineamento quando la visione e la strategia sono comunicate a tutta l’organizzazione; le persone comprendono il loro ruolo nel supportare la strategia e sono motivate a migliorare la loro performance.
Il valore di un’azienda è dato dall’integrazione dei seguenti elementi: clientela - organizzazione - risorse umane - sistemi e tecnologie.
Per clientela in realtà s’intende la capacità di produrre reddito; maggiore, quindi, sarà il valore dell’azienda quanto più sarà in grado di ampliare il proprio patrimonio commerciale, quanto più i clienti saranno soddisfatti, quanto più l’impresa sarà in grado di fornire un servizio ottimale (dai beni prodotti, ai prezzi competitivi, ai tempi di consegna, alle modalità di approccio e di relazione con il cliente).
L’organizzazione va intesa sia da un punto di vista procedurale e di flussi di lavoro e cioè come insieme di procedure standardizzate e razionalizzate per svolgere le attività in maniera rapida, efficiente ed efficace sia da un punto di vista delle persone e della loro capacità di saper affrontare tempestivamente i cambiamenti dettati dal mercato e anticipare le esigenze e i fabbisogni della clientela.
Nella competizione attuale, decisive sono le risorse umane, intese come patrimonio individuale e conoscitivo della realtà aziendale; s’intende dunque come i fattori critici di successo diventino la flessibilità, la tempestività e la competitività. Per questo in tutte le aziende si avverte la necessità di sviluppare nuove capacità all’interno dell’azienda che possiamo definire beni “immateriali” o attività intellettuali per essere in grado di competere nel nuovo contesto. (si vedano al riguardo i miei precedenti contributi in questa stessa rivista). Da qui l’importanza della selezione del personale, della sua valutazione sistematica, del tempo dedicato all’elaborazione dei piani di sviluppo per competenze specialistiche e di general management.
Infine abbiamo i sistemi e le tecnologie, come complesso degli strumenti per gestire e governare l’operatività aziendale.
Dalle considerazioni appena svolte appare evidente la necessità di misurare tali entità immateriali per ovviare ai limiti connessi all’utilizzo degli indicatori economici normalmente utilizzati, quali l’utile d’esercizio o l’utile per azione per la misurazione della performance.
Si prenda per esempio l’utile per azione, che è spesso utilizzato, soprattutto nei Paesi anglosassoni, per valutare il management e calcolare i bonus. Purtroppo tale indicatore, oltre a essere facilmente manipolato, calamita l’impegno del management sulla redditività a breve termine, piuttosto che sulla creazione di valore a lungo termine.
La Creazione di Valore Economico (CVE) è certamente un indicatore più adatto per la misurazione della creazione del valore. La CVE viene calcolata come differenza tra risultato operativo dopo le imposte e costo del capitale. Il costo del capitale è determinato dalla somma degli oneri finanziari sull’indebitamento più il costo del patrimonio netto (il valore di mercato delle azioni per il profitto atteso da investimenti mobiliari dello stesso livello di rischio).
La ratio di tale indicatore consiste nel determinare, all’interno dell’azienda, la redditività di una certa business unit al netto dell’impegno finanziario e del capitale necessario per produrla e, soprattutto, determinare il profitto che gli azionisti si dovrebbero aspettare da quell’azienda in quel business e in quel contesto. Il maggior valore rispetto al risultato atteso è la creazione di valore, mentre un eventuale minor valore significa che l’azienda sta distruggendo valore.
Le Balanced Scorecard possono essere definite come un modo per creare valore mediante l’allineamento dell’organizzazione con la strategia aziendale; forniscono, infatti, all’organizzazione la capacità di comunicare e di verificare che i processi aziendali siano allineati e concorrano alla realizzazione della strategia.
Non sempre e non solo matematica, dunque. In azienda ci sono obiettivi che sfuggono alla quantificazione con indici e richiedono una valutazione non numerica. Non sempre, infatti, un giudizio espresso può essere trasformato in un numero. Comprendere i fenomeni non significa per forza trasformarli in grandezze quantitative. Se le strategie hanno determinate caratteristiche, anche gli strumenti che si utilizzeranno per valutarne la realizzazione dovranno averle parimenti.
Arriviamo allora alle 3C: chiarezza, coerenza e congruenza, per utilizzare un acronimo tanto gradito al mondo anglosassone per caratterizzare le strategie.
Per ogni C è necessario inventare strumenti che concretizzino il requisito e lo comunichino all’intera struttura aziendale. A essi se ne aggiungeranno altri che ne misurino le prestazioni.
Le Balanced Scorecard si collocano qui: sono strumenti strategici perché integrano la comunicazione; sono strumenti di controllo perché quantificano i risultati in funzione .degli obiettivi. La loro origine è recente. Fu nel 1992 che Robert S. Kaplan, Professor of Accounting alla Harvard Business School, e David P. Norton, presidente della Nolan, Norton Company. Inc., pubblicarono sulla Harvard Business Review l’articolo “The Balanced Scorecard - Measures that drive Performance”, introducendo per la prima volta il concetto di Balanced Scorecard.
Il problema di partenza da risolvere era molto pratico: si era appurato che gli strumenti disponibili per la misura delle performance aziendali erano inadeguati alle reali necessità del management. La visione parcellizzata non soddisfaceva la necessità di osservare nella sua complessità ogni risultato; gli indici escludevano preziose variabili del contesto, offrendo una prospettiva ridotta dei fenomeni da controllare. Si cercava uno strumento che offrisse contemporaneamente misure operative e finanziarie. Nacquero così le Balanced Scorecard: risposta pratica a un problema urgente.
Applicate in via sperimentale a dodici aziende di grandi dimensioni regalarono in breve i risultati sperati. Da allora si sono via via migliorate, integrate da strumenti software sempre più adatti alla gestione complessa dei dati; proposte da società di consulenza aziendale dotate di ampia preparazione. Implementare un sistema BSC, infatti, richiede una conoscenza davvero approfondita delle realtà d’impresa e impone un’analisi capillare delle modalità di gestione della stessa.
Per quanto affinata, comunque, la struttura portante di una Balanced Scorecard non è cambiata da quella proposta nel famoso articolo di Kaplan e Norton. Quattro sono le prospettive focalizzate che definiscono altrettante aree, operative, o macroaree:
In termini di comunicazione integrata significa individuare i flussi informativi interni e i flussi esterni. Per ogni macroarea si definiscono poi gli obiettivi strategici generali, gli strumenti e le unità di misura e si fissano tempi e modalità di azione.
Il risultato finale è una sorta di matrice a strati multipli - almeno uno per ogni macroarea - in cui si ha visione sinottica della situazione.
L’elemento “destabilizzante” rispetto alla consueta reportistica di performance è l’inserimento del tempo come variabile critica di progettazione: la dimensione temporale influenza la gerarchia della struttura e determina la scansione delle misurazioni. Il tempo nelle Balanced Scorecard - non è un elemento accidentale e scontato; è l’elemento discriminante che consente di discernere tra obiettivi e misure. Il nome stesso “Balanced” ne sottolinea il ruolo strategico; e sottolinea come le misure condotte siano bilanciate tra dati interni e dati esterni, tra misure dei risultati raggiunti e misure dei processi futuri, tra passato e futuro.
Prima di procedere al disegno delle Balanced Scorecard, il management deve individuare quali sono gli aspetti prioritari da gestire per supportare la strategia dell’organizzazione, ma nello stesso tempo deve tenere conto della situazione attuale, per non impostare strumenti e criteri teorici o lontani dalla realtà.
Per esempio, obiettivo strategico può essere l’incremento del margine di contribuzione; il livello target è la percentuale di margine di contribuzione che si vuole raggiungere nei dodici mesi successivi; i livelli correnti di performance devono essere tarati per esprimere i range di oscillazione secondo i quali si definiscono i risultati superiori alle aspettative, in linea con i target definiti, inferiori alle aspettative o addirittura critici. Il disegno delle Balanced Scorecard è un processo di analisi delle leve operative e degli indicatori chiave e di identificazione degli elementi essenziali dell’azienda. Le Balanced Scorecard indicano i livelli correnti e desiderati delle misure di performance.
Per poter effettivamente raggiungere l’allineamento degli obiettivi alla strategia aziendale, le Balanced Scorecard dovrebbero essere definite a ogni livello dell’organizzazione, dai vertici alle singole unità operative fino alle persone, in maniera tale da poter essere assegnati “a cascata” a tutte le strutture e realtà aziendali.
In questo modo esse diventano anche il veicolo attraverso il quale viene facilitata la comunicazione aiutando tutti in azienda a concentrarsi sulle cose giuste nel modo migliore e legando coerentemente tutti gli sforzi dell’azienda evitando inefficienze, conflitti e incomprensioni.
Le Balanced Scorecard devono evitare i tipici difetti degli indicatori tradizionali. Essi, infatti, hanno alcune caratteristiche che ne definiscono i limiti e i casi di inapplicabilità. Prima di tutto essi sono quasi sempre solo finanziari: le misure finanziarie sono fondamentali per la gestione dell’azienda, ma essendo focalizzate solo su dati contabili risultano parziali e incomplete; si è già detto che i numeri non bastano e non tutto è riducibile a numeri.
Spesso poi sono facilmente manipolabili; indicatori come l’utile per azione sono abbastanza semplici da manipolare utilizzando tecniche contabili (ammortamenti, accantonamenti, ecc.). Inoltre gli indicatori più comuni sono basati sull’esperienza del passato e vengono infatti definiti “storici”: ma usare indicatori storici distoglie l’attenzione dal futuro; le vicende aziendali cambiano continuamente e non è detto che quanto accaduto in passato possa per forza essere modellizzato e utilizzato per decidere le nuove condotte e strategie. In tempi in cui i vantaggi competitivi delle aziende si dissipano in pochi mesi, la storia non è sempre “magistra vitae”. Per capire dove si sta andando, occorre utilizzare indicatori più efficaci (per esempio la quota di mercato, il grado di soddisfazione dei clienti e del personale).
Ancora gli indicatori potrebbero essere non allineati con la strategia: indicatori come “chiamate della clientela processate all’ora” potrebbero motivare gli impiegati a “tagliar corto” anche con i clienti che hanno problemi rilevanti.
Il non allineamento potrebbe anche consistere nel loro mancato utilizzo come criterio di misurazione della performance: gli indicatori di performance non sono significativi se non utilizzati per le misure fondamentali dell’azienda o per motivare le persone.
Altro difetto tipico dei consueti sistemi di misurazione aziendale risiede nel fatto che abbiano tutti un’applicabilità di breve termine. Per esempio, indicatori come l’utile per azione incoraggiano il management a basarsi su una visione a breve termine, spesso a scapito della vera creazione di valore.
Infine essi sono molto spesso troppo complessi; se le persone non comprendono il significato dell’indicatore o come viene calcolato, esso non li incoraggerà ad assumere il comportamento desiderato.
La rilevazione delle prestazioni, invece, deve utilizzare gli indicatori più opportuni. Essi vanno bilanciati tra finanziari e operativi; tra misure esterne per azionisti e clienti e misure interne dei processi critici, dell’apprendimento professionale e della crescita organizzativa; tra misure dei risultati intesi come risultati degli sforzi passati e misure che guidino le future performance. Questo approccio costituisce in realtà un modo efficace per guidare il cambiamento in tutta l’azienda, che deve essere sempre più focalizzata sulla soddisfazione del cliente, preparata ad anticiparne i nuovi bisogni e in una visione di miglioramento continuo dei propri processi e di servizio offerto ottimale.
Le variabili che occorre considerare nell’impostazione di un sistema innovativo di indicatori aziendali sono sostanzialmente tre: qualità, tempo, costo.
La qualità quantifica il “valore” di un prodotto o di un servizio, in termini di capacità di soddisfacimento delle attese dei clienti.
Il tempo quantifica il “valore” di un processo; è la velocità con cui l’organizzazione realizza/eroga un servizio o reagisce agli eventi interni ed esterni.
Infine il costo, che quantifica l’aspetto economico del “valore” di un prodotto o di buon servizio.
Le tre categorie di indicatori sono tra loro correlate: il rapporto tra costo e qualità rappresenta il “valore” di una prestazione (un bene o una prestazione forniti a un costo contenuto e di elevata qualità rappresentano un valore per il cliente); il rapporto tra qualità e tempo rappresenta il “servizio” di una prestazione (un bene o una prestazione di alta qualità forniti in tempi rapidi rappresentano un servizio per il cliente).
La soddisfazione del cliente viene raggiunta quando la prestazione o il servizio offerto risponde ai suoi desideri e aspettative e non piuttosto a ciò che l’azienda ritiene sia il servizio ottimale; in altre parole il management deve sforzarsi di sapere quello che il cliente pensa di ricevere (aspettativa) e verificare quello che il cliente pensa di avere ricevuto (percezione).
Per essere veramente efficaci gli indicatori devono pertanto essere:
Ovviamente i nuovi sistemi di rilevazione aziendale saranno strettamente correlati alla strategia: devono essere non solo coerenti con gli obiettivi strategici ma, inoltre, devono incoraggiare le persone a supportare la strategia aziendale stessa.
Dato che le aziende devono adattarsi a contesti e mercati in costante e repentino mutamento, essi non possono che essere modificabili e stimolanti al continuo miglioramento di fronte a cambiamenti aziendali, a nuove esigenze e quando ci si accorge che gli indicatori non sono efficaci, occorre immediatamente rivedere, cambiare e migliorare gli indicatori.
Nel quadro di riferimento indicato da Kaplan e Norton, le Balanced Scorecard vengono definite nelle seguenti quattro dimensioni:
In un corretto disegno di Balanced Scorecard, le quattro prospettive delineate forniscono un quadro di riferimento che permette di rilevare la catena di relazioni di causa/effetto che definiscono e riflettono la strategia aziendale.
Nel mio prossimo contributo per Setupimpresa evidenzierò le modalità di applicazione delle Balanced Scorecard nel contesto aziendale.
DOI 10.4439/mm24
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