Responsabilità sociale e compliance
02 Maggio 2011 • di Fabio Monteduro
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La crisi economica e finanziaria che stiamo attraversando si presenta quotidianamente nella sua gravità e soprattutto nelle conseguenze che ha sul tessuto economico e sociale di ogni Paese, coinvolgendo in primo luogo le imprese e, a cascata, tutti gli attori presenti sul territorio.
Il presente lavoro ha l’obiettivo di indagare, sulla scorta della letteratura presente sul tema, le possibili relazioni esistenti tra l’adozione di strumenti di responsabilità sociale e l’impatto della crisi economico-finanziaria in atto sulle imprese.
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1. Introduzione
2. La Corporate Social Responsibility (CSR)
2.1 Il significato di CSR
2.2 I benefici derivanti dall’implementazione della CSR
3. CSR e crisi economica
3.1 Gli effetti della CSR sulla crisi
3.2 Gli effetti della crisi sulla CSR
4. Conclusioni
1. Introduzione
In un periodo in cui le imprese devono fare i conti con gli effetti negativi di una delle più importanti crisi economico-finanziarie, ci si chiede quanto la Responsabilità sociale d’impresa (CSR) possa rappresentare una via di uscita, di sviluppo e competitività. Al tempo stesso ci si domanda quanto la crisi, che ha acceso nuovamente i riflettori sul tema dell’etica nell’impresa e dello sviluppo economico sostenibile, abbia influito sull’implementazione di politiche, azioni e strumenti di CSR da parte delle imprese, sia in senso positivo sia negativo.
Queste le domande a cui si tenta di dare una risposta, con il supporto di un’analisi della letteratura nazionale e internazionale esistente sul tema, in particolare provando a individuare ed evidenziare le criticità e le opportunità legate all’adozione di strumenti di CSR.
Inoltre, il presente contributo si propone di offrire agli attori del mondo economico (imprenditori, manager, ecc.) degli spunti di riflessione sulle possibilità a disposizione per quanto riguarda l’adozione di strumenti di RSI.
Secondo la Commissione Europea, la Corporate Social Responsibility, tradotta in Responsabilità Sociale di Impresa, è “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate” (Commissione Europea, 2001). Nel Libro Verde è specificato che essere socialmente responsabili vuole dire “non solo soddisfare pienamente gli obblighi giuridici applicabili, ma anche andare al di là investendo di più nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le altre parti interessate”.
La CSR, dunque, include il trattamento equo dei dipendenti, la trasparenza e l’onestà nelle azioni tra i manager e gli azionisti, un’attenta considerazione per la salute, la sicurezza e gli interessi dei consumatori. Include, inoltre, la promozione dei diritti delle minoranze e dei gruppi vulnerabili e, tema di estrema rilevanza, la sostenibilità ambientale.
In generale, la CSR riguarda ciò che l'organizzazione deve fare e cosa ci si aspetta da essa, per ridurre e/o evitare eventuali impatti negativi sulla società, sull’ambiente e sulle generazioni future, derivanti dalle sue scelte e azioni.
Ulteriore elemento caratterizzante la CSR è la sua volontarietà, perché non si fonda sulla legge - anche se negli anni molte amministrazioni hanno introdotto quale criterio di partecipazione a gare e appalti pubblici il possesso di certificazioni etiche, di qualità e ambientali e la redazione di bilanci sociali - ma, piuttosto su un’esigenza etica; ciò non toglie che le responsabilità giuridiche delle organizzazioni, nella misura in cui sono anche responsabilità di natura etica, siano anch’esse parte della Responsabilità sociale delle imprese stesse (Argandoña A., 2009).
Questo significa che la CSR non è richiesta da norme, per questo è collocabile nello spazio tra etica e norma, lo spazio del non esigibile (Hinna L., 2005). La CSR richiede, dunque, che le organizzazioni imprenditoriali vadano al di là delle leggi per essere socialmente responsabili.
L’adozione, da parte delle imprese, di un orientamento socialmente responsabile e la relativa implementazione di strumenti di CSR, può consentire di perseguire una serie di benefici (Fernàndez B. & Souto F., 2009):
Tuttavia, il perseguimento di tali benefici richiede un approccio manageriale alla CSR, in quanto solo integrandola negli obiettivi strategici e nelle conseguenti attività è possibile farne una leva di innovazione, sviluppo e competitività e non mera filantropia o comunicazione. Portare la CSR all’attenzione del Top management e quindi nelle sfere strategiche, significa avere la capacità di tradurre quelli che possono apparire come obblighi, incombenze e costi aggiuntivi in investimenti in innovazione di prodotto, di processo e di modelli organizzativi. Basti pensare al tema della sostenibilità ambientale per capire come l’aver pensato strategicamente ai risparmi ambientali abbia creato nuovi prodotti e processi, quindi nuove opportunità di business; così come per il tema della diversità e delle pari opportunità, laddove affrontato strategicamente ha consentito di migliorare il benessere organizzativo, di attrarre talenti ma anche di individuare nuove opportunità di mercato – ad esempio le opportunità che si stanno sviluppando attorno alla quarta età - o di individuare modelli organizzativi più efficienti .
In questo periodo di crisi economico-finanziaria che il mondo sta attraversando sono numerose le domande sorte rispetto alla possibile relazione tra questa e la CSR.
Di seguito si riportano i principali quesiti emersi (Pinney C., 2009):
In questa sezione, con il supporto di quanto rilevato dalla letteratura internazionale, verranno approfondite le relazioni che possono intercorrere tra l’adozione di strumenti di CSR e la crisi economico-finanziaria. L’analisi verrà effettuata tenendo conto delle due possibili situazioni che possono verificarsi, ossia che:
Secondo uno studio del 2009 (Fernàndez B. & Souto F., 2009), è possibile identificare una serie di punti che evidenziano il legame esistente tra la CSR e la crisi e, soprattutto, che possono far sì che la prima si trasformi da una minaccia a un’opportunità in periodi di crisi. Da questi si prende spunto nel tentativo di fornire delle risposte alle domande poste sopra.
In questa sede si vogliono sottolineare, in particolare, due elementi che in parte sono racchiusi in alcuni punti esplicitati sopra e in parte li completano:
Approccio responsabile alle risorse umane
Ci si riferisce all’adozione di politiche che in Italia sono conosciute prevalentemente con l’espressione pari opportunità e che all’estero s’identificano, in maniera più ampia e completa, negli strumenti di Diversity Management.
Con questa espressione si fa riferimento a un processo volto a creare e mantenere un ambiente di lavoro positivo dove sia le somiglianze sia le differenze tra gli individui sono considerate e valorizzate. L’adozione di strumenti di conciliazione, ad esempio, quali il part-time reversibile, orari di entrata/uscita flessibili, concessione di voucher, ecc, che implicano condizioni lavorative che permettono alle persone di trovare un miglior equilibrio tra lavoro retribuito e altre sfere delle loro vita, migliora la soddisfazione lavorativa e i risultati dei dipendenti, aumentando di conseguenza la produttività delle imprese.
L’obiettivo è assicurare che tutti possano esprimere il proprio potenziale e massimizzare il proprio contributo verso gli obiettivi strategici dell’organizzazione.
In uno studio del 2003 della Commissione Europea, “Costi e Benefici della Diversità”, vengono definiti i cinque principali vantaggi che possono ottenere le imprese che realizzano politiche attive per la diversità:
A questi punti se ne potrebbe aggiungere un sesto, cioè la possibilità, per tali imprese, di diversificare il proprio business grazie al corretto utilizzo e alla gestione ottimale della diversità delle proprie risorse umane.
Responsabilità sulla comunità
Uno degli aspetti più importanti correlati all’adozione di strumenti di responsabilità nei confronti degli stakeholder, dell’ambiente e della società in cui l’impresa opera, riguarda la sostenibilità ambientale.
L’impresa, cioè, riconosce nella gestione dell'ambiente un'importante priorità aziendale e s’impegna in una serie di azioni e comportamenti volti a:
Questi impegni consentono alle imprese di raggiungere un certo grado di compatibilità ambientale, che non implica automaticamente il perseguimento della sostenibilità, ma sicuramente la favorisce.
L'impresa, in questo modo, contribuisce alla sostenibilità e allo stesso tempo si garantisce una maggiore sopravvivenza e sviluppo nel lungo periodo, anche attraverso l’individuazione e lo sviluppo di nuovi ambiti di business.
La responsabilità sociale favorisce, dunque, le imprese ad uscire da una visione prettamente auto-referenziale e ad orientarsi verso un’ottica strategica che possa supportare l’impresa nell’individuazione di nuovi bisogni e, di conseguenza, di nuovi ambiti di intervento.
A prescindere dagli eventi che l’hanno generata, è probabile che la crisi finanziaria abbia avuto ed avrà in futuro un impatto sostanziale sulla CSR. La domanda da porsi è: che tipo di impatto?
Secondo un sondaggio realizzato sul sito CSR International nell’ottobre del 2008, il 44% dei professionisti della CSR credevano che la CSR sarebbe aumentata in seguito alla crisi. Un ulteriore 26% affermava che si sarebbe verificato un cambiamento, mentre il 22% riteneva che si sarebbe registrato un indebolimento della stessa.
Secondo Michael Porter (CSR International, 2009), l’impatto della crisi sulla CSR varierà secondo la tipologia di CSR praticata ed applicata dalle imprese.
La CSR cosiddetta “filantropica” sarà la più colpita. Cioè, nelle organizzazioni in cui è stata adottata una versione immatura di CSR, basata principalmente sulla filantropia (donazioni, volontariato, ecc), probabilmente verrà praticata una notevole riduzione degli strumenti di CSR.
La CSR “strategica” sarà meno colpita. Ovvero, le imprese che avranno legato i propri sforzi di responsabilità sociale al proprio core business, probabilmente saranno più portate a proteggere queste iniziative, anche in tempo di recessione.
La CSR “radicata” all’interno dell’organizzazione rimarrà inalterata. In altre parole, essa potrà più probabilmente sopravvivere agli effetti di una crisi economica e finanziaria se totalmente integrata nella cultura, nella strategia e nei programmi di governance di un’organizzazione. Probabilmente, dunque, quando questo periodo di difficoltà volgerà verso la fine, sarà possibile individuare quali sono le imprese che avevano radicato nel proprio Dna la CSR e quali quelle in cui questa era considerata solo un elemento accessorio.
Questa crisi, dunque, può essere considerata una sorta di “banco di prova”, sia per verificare il reale impegno che le imprese spendono per la CSR sia per la stessa Responsabilità Sociale.
Questo contributo vuole essere anche un modo per sollevare il problema e spingere sia i ricercatori sia gli addetti ai lavori ad approfondire tale aspetto, attraverso delle ricerche empiriche.
Infatti, mentre le possibili correlazioni esistenti tra l’adozione di strumenti di CSR e gli effetti della crisi economico finanziaria che stiamo attraversando sono state approfondite ed esplicitate, lo stesso non si può dire per la relazione inversa.
Certamente, a tre anni dall’inizio della crisi, sarà probabilmente più semplice identificare un eventuale campione di casi da sottoporre a questo tipo di analisi, permettendo in tal modo la realizzazione di ricerche volte ad evidenziare l’esistenza e la consistenza di quanto sostenuto nel presente paragrafo.
La responsabilità sociale di impresa, di per sé, probabilmente non garantisce il successo di un’impresa, un alto tasso di crescita sostenibile, un tasso di disoccupazione basso, o una maggiore stabilità economica. Dall’altro lato, però, sarà probabilmente ancora più difficile scongiurare la crisi finanziaria senza l'attuazione di strumenti di CSR, dal momento che gli effetti negativi della crisi finanziaria che stiamo attraversando possono essere tamponati grazie alla qualità e all'efficienza di ciascuna organizzazione (Argandoña A., 2009).
Gli investimenti in performance sociali, inoltre, potrebbero procurare alle imprese benefici finanziari intangibili, quali ad esempio quelli derivanti dalla reputazione.
Essa ha fornito in passato enormi benefici alle imprese per fronteggiare momenti di difficoltà. Sebbene ci sia ancora una scarsità di supporti empirici per affermarlo con certezza, alcuni ricercatori suggeriscono che le imprese con una buona reputazione potrebbero meglio opporsi alle crisi con minori perdite economiche rispetto a quelle che non hanno una buona fama. (Schnietz K. & Epstein M., 2005).
La CSR, ad ogni modo, deve necessariamente essere concepita dalle imprese non più come un “atto di carità”, ma come una leva di sviluppo. La società, infatti, sarà sempre più obbligata a muoversi in un’ottica di sostenibilità, date le risorse naturali scarse e le problematiche sociali ed ambientali a cui quotidianamente è necessario far fronte.
L’impresa che vuole rimanere sul mercato, dunque, dovrà adeguarsi ai cambiamenti in atto ed agire di conseguenza.
La CSR, dunque, dovrà diventare l’elemento centrale nella definizione delle strategie e del business di ogni organizzazione ed essere pienamente integrata e radicata nel dna di ciascuna impresa.
Solo in questo modo, probabilmente, sarà possibile vedere la CSR non più come un costo aggiuntivo per l’impresa e, dunque, un ostacolo in periodi di difficoltà economica come quello attuale, ma piuttosto come un’opportunità da sfruttare per “sopravvivere” in un momento di crisi generale e rilanciare il proprio business nel momento in cui l’economia riprenderà a “correre”.
DOI 10.4439/rsc5
Bibliografia
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