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Management e marketing

Marketing strategico

26 Maggio 2011 • di Gabriele Micozzi

Pensieri ed errori di marketing. Autocritica di uomo di marketing dopo i primi 20 anni di lavoro.

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Come afferma Seneca “Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”. Per questo motivo il modello del piano di marketing da noi elaborato ed applicato in molte strutture, organizzazioni, imprese e territori si sostanzia in sei fasi alle quali corrispondono altrettante domande o “cassetti logici di approfondimento”. Tratteremo di questo modello in specifico nel nostro prossimo articolo; quello che è utile notare in questa circostanza è che si tratta di un processo sequenziale che consente di instaurare in una organizzazione una consapevolezza strategica e una coerenza logica tra azioni, impegno delle risorse, coinvolgimento delle persone e risultati.
Uno degli errori maggiori e più frequenti nei processi di sviluppo è, infatti, il dare per scontato o il sottovalutare come i risultati siano l’output della coerenza e del valore dei nostri percorsi logici strutturati o meno e degli “spiriti” intuitivi, creativi ed innovativi innestati sui primi.
In particolare spesso si parte dall’assunto del sapere già tutto, ma in realtà come afferma Lao Tzu: “sapere di non sapere è la cosa migliore. Fingere di sapere quando non si sa è una malattia.

 

Altre volte invece si sottostima il ruolo della creatività e di quanto il mix delle diverse componenti possa determinare risultati straordinari e inaspettati. Come dice infatti Igor Sikorsky "secondo alcuni autorevoli testi di tecnica di aeronautica, il calabrone non può volare, a causa della forma e del peso del proprio corpo in rapporto alla superficie alare. Ma il calabrone non lo sa e perciò continua a volare.

 

Altre volte ancora il ruolo delle informazioni è del tutto marginale. Come afferma Mark Twain “la gente di solito usa le statistiche come un ubriaco i lampioni: più per sostegno che per illuminazione.
Spesso ancora in modo limitato si considera il ruolo di analisi di benchmark e dei competitors. Partecipando a moltissime riunioni, fiere ed eventi in Italia e all’estero, è frequente assistere da un lato a deliri di onnipotenza dove i concorrenti sono visti come incapaci o deliri di frustrazione dove gli stessi sono visti come sempre i migliori: “non ce la faremo mai, loro hanno i prezzi più bassi del mercato”.
Quasi mai queste informazioni divengono parte di un processo strutturato di miglioramento e rari sono i casi nei quali possiamo dire come afferma Isaac Newton “ho visto più lontano degli altri, perché stavo sulle spalle di giganti.

 

Altre volte invece enormi volumi di dati non vengono mai letti, analizzati ed utilizzati; parafrasando Jules-Henri Poincaré potremmo dire “il marketing è fatto di dati come una casa di pietre. Ma un ammasso di dati non è marketing più di quanto un mucchio di pietre sia una casa.

 

Altro limite ai processi di sviluppo è non tener conto della variabile organizzativa. Questo avviene considerando il marketing una semplice funzione e non dando al marketing potere decisionale, responsabilità, obiettivi ed informazioni.
Il marketing perde quando si limita ad essere pura creatività inserita in una funzione, il marketing vince quando diviene un approccio decisionale, strategico e mentale sedimentato in ogni funzione aziendale.
L’uomo di marketing spesso nasce con un post it attaccato addosso da “venditore di aria fritta” o da “slidomane da disintossicare”; c’è da dire che non sempre è colpa del management refrattario e sospettoso o dei colleghi poco propensi a piegarsi alle logiche del mercato ma seguendo la logica della comunicazione secondo la quale “se un messaggio non arriva è colpa di chi parla” il limite spesso risiede nella confusione che si genera intorno a questa figura anche per sua colpa.
Queste criticità posso diventare corrosive quando il marketing non lotta, soggiace, non stimola, non provoca, non si informa e non controlla ed accetta un ruolo marginale invece di attivarsi come contaminatore della intera sua struttura organizzativa diventando promotore di una organizzazione marketing oriented in modo reale e sostanziale.
Il marketing dovrebbe sapersi ribellare con stile ed autorevolezza quando gli animi accettano uno spento destino, preambolo della morte.

 

Ogni tanto sarebbe da stimolo un sano scossone alla John McEnroe. John usava come una scudisciata sulla coscienza di arbitri o giudici di linea particolarmente ostili: «You cannot be serious», non puoi essere serio.
Ogni tanto quando qualcuno dentro un’organizzazione pone paletti verso l’innovazione, la crescita, lo sviluppo e una maggiore attenzione verso il mercato dovremmo dire: «You cannot be serious».

 

Non sempre ho avuto il coraggio di farlo, non sempre, …non con la forza che avrei potuto e dovuto, non sempre sono stato tempesta di fronte alla inerzia…

 

DOI  10.4439/mm11
 

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