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Strategie e analisi di opportunità

21 Dicembre 2018 • di Andrea Zattoni

L'Obiettivo, questo sconosciuto

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Il cambiamento continuo è probabilmente l'aspetto che caratterizza più di ogni altro il contesto attuale. Dai mutamenti dell'assetto geopolitico e macroeconomico ai cambiamenti climatici, le continue alterazioni dell'ambiente nel quale viviamo e operiamo ci costringono a frequenti riesami della nostra condizione, al fine di assicurare che essa si adatti alle trasformazioni in corso.

Per le imprese il cambiamento rappresenta una minaccia e un'opportunità. La minaccia è costituita dal fatto che spesso imprenditori e manager non rilevano i primi segnali di quei cambiamenti che progressivamente possono spezzare l'equilibrio con l'ambiente nel quale operano, mettendo in pericolo la sopravvivenza stessa dell'impresa. L'opportunità consiste nella possibilità che il cambiamento dia origine a situazioni nuove favorevoli per l'impresa, che, se individuate, possono essere sfruttate a vantaggio di quest'ultima.

In ogni caso, l'adattamento e lo sfruttamento delle opportunità presuppongono la continua ricerca del miglioramento. Anche se dalla fine degli anni '60 ad oggi il concetto di "miglioramento continuo" si è diffuso ampiamente nella maggior parte delle organizzazioni, mai come oggi è visto come una condizione necessaria per incrementare le possibilità di sopravvivere e prosperare nel cambiamento.

Il miglioramento è divenuto talmente familiare da apparire come un concetto primitivo, tale da rendere superfluo interrogarsi sul suo reale significato. Se però ci si sofferma a esaminare che cosa si intende per miglioramento in diversi contesti, ci si rende conto che una generalizzazione del concetto appare tutt'altro che scontata. Affermare che migliorare equivale a "fare le cose meglio" o "fare le cose giuste in misura maggiore, evitando nel contempo di fare le cose sbagliate" non ci consente di attribuire un significato univoco e oggettivo al concetto di miglioramento.

È evidente che per definire che cosa si intenda per miglioramento è necessario disporre di un riferimento, ossia di qualcosa rispetto al quale si possa affermare che si stanno facendo progressi: l'obiettivo. Migliorare, infatti, significa fare progressi verso l'obiettivo che si cerca di perseguire.

Questo implica che, per stabilire se un'iniziativa costituisce un miglioramento, deve essere possibile valutare l'impatto della stessa sul conseguimento dell'obiettivo.

Ogni organizzazione ha un obiettivo, sebbene talvolta esso sia confuso con la mission (la ragione per la quale l'organizzazione esiste e opera) o la vision (lo scenario futuro che l'organizzazione intende realizzare mediante le proprie attività). L'obiettivo è la condizione o il risultato che l'organizzazione cerca di perseguire in modo continuativo e costituisce il riferimento costante per la definizione delle sue politiche, dei suoi processi, delle sue procedure e delle iniziative di miglioramento che intende avviare.

Nelle imprese private, è facile asserire che il titolare dell'impresa è la persona legittimata a stabilire quale debba essere l'obiettivo da perseguire. Nelle altre organizzazioni, si può affermare che l'onere di definire e comunicare l'obiettivo spetti a chi ha ricevuto la massima autorità per la gestione dell'organizzazione, e detiene quindi la responsabilità della definizione dell'indirizzo strategico da seguire.

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QUAL È L'OBIETTIVO DI UN'IMPRESA?
Nelle imprese for profit, la definizione dell'obiettivo viene ricondotta molto spesso a una delle seguenti espressioni:
1. Generare profitto (ora e in futuro)
2. Soddisfare i clienti e il mercato (ora e in futuro)
3. Creare un contesto sicuro e motivante per i dipendenti (ora e in futuro).
È facile rilevare l'interdipendenza tra le condizioni identificate da queste tre espressioni. Infatti, un contesto aziendale instabile, nel quale la conservazione del posto di lavoro è costantemente messa in pericolo, indurrà i dipendenti a focalizzarsi sui propri timori o a cercare un'altra opportunità di lavoro, anziché orientare il proprio sforzo a soddisfare i bisogni e le aspettative dei clienti e, più in generale, del mercato. In un ambiente nel quale i clienti dispongono di un'ampia scelta della fonte di fornitura del prodotto o del servizio richiesto, dove la qualità intesa come conformità alle specifiche e/o idoneità all'uso è considerata condizione necessaria, ma non sufficiente, per partecipare alla competizione, anche una prestazione stabile, a fronte di un miglioramento significativo delle prestazioni della concorrenza, può determinare la perdita di clienti e la conseguente riduzione del profitto. Un'impresa incapace di generare profitto in modo sufficiente e continuativo, difficilmente sarà in grado di realizzare gli investimenti necessari per assicurare la soddisfazione dei bisogni mutevoli e delle crescenti aspettative dei clienti. Inoltre, l'impatto della riduzione del profitto sulla liquidità disponibile metterà ancora più a rischio la conservazione dei posti di lavoro, generando così un circolo vizioso.

 


OBIETTIVO E CONDIZIONI NECESSARIE

Da qui risulta evidente che, indipendentemente da quale delle tre espressioni venga scelta come obiettivo, le altre due devono essere considerate condizioni necessarie per il conseguimento dell'obiettivo stesso. Questo significa che, se anche solo una delle due condizioni non viene realizzata, l'obiettivo non potrà essere conseguito.
Se sotto il profilo teorico le tre espressioni sopra riportate possono essere considerate equivalenti come candidate ad assumere il ruolo di obiettivo, dal punto di vista pratico presentano delle differenze che inducono a privilegiarne una in particolare. Sono due le considerazioni che portano a evidenziare queste differenze.
• Un obiettivo dovrebbe costituire un riferimento costante per l'azione di un'impresa e, come tale, non dovrebbe essere caratterizzato da un limite superiore, raggiunto il quale la sua funzione decade. Qualunque sia la prestazione dell'impresa, l'obiettivo dovrebbe indurla a migliorare ulteriormente, senza limiti imposti che inducano i dipendenti ad assumere comportamenti di autocompiacimento. Una situazione diversa si registra invece per le condizioni necessarie: il loro conseguimento non dovrebbe essere massimizzato, ma ci si dovrebbe limitare alla loro soddisfazione, ossia al raggiungimento di un valore di soglia che permetta di fare passi in avanti nella massimizzazione dell'obiettivo.
• Poiché dovrebbe essere possibile valutare, a priori e a posteriori, l'efficacia di un'iniziativa nel favorire il conseguimento dell'obiettivo, quest'ultimo dovrebbe essere espresso in modo oggettivo e misurabile. Anche se oggi si dispone di vari modi per misurare la soddisfazione dei clienti e la motivazione e la soddisfazione dei dipendenti, i risultati di queste rilevazioni sono spesso dipendenti dai modelli impiegati e difficilmente soddisfano il criterio della completa oggettività.
In base a queste considerazioni, è evidente che la scelta di " Generare profitto (ora e in futuro)" come obiettivo (da massimizzare) e delle altre due espressioni come condizioni necessarie (da soddisfare) presenta notevoli vantaggi rispetto alle altre alternative. Infatti, indipendentemente dal profitto che un'impresa sta realizzando, è sempre possibile aspirare a un profitto di dimensioni maggiori: la generazione di profitto in misura sempre maggiore rappresenta un obiettivo illimitato, in grado quindi di costituire un riferimento costante per le iniziative dell'impresa. Per quanto riguarda le due condizioni necessarie, invece, non avrebbe senso cercare di massimizzarle, in quanto tale sforzo sarebbe limitato dall'insostenibilità economico-finanziaria; la soddisfazione dei clienti e dei dipendenti dovrebbe essere sufficiente per favorire e sostenere il miglioramento delle prestazioni economiche. Inoltre, il profitto costituisce uno dei principali indicatori delle prestazioni globali di un'impresa e la sua misurazione può essere effettuata in modo oggettivo e replicabile nel tempo.

 

OBIETTIVI DEFINITI E INDEFINITI
È in atto da tempo un dibattito sull'opportunità di assegnare un valore definito all'obiettivo da conseguire in un determinato intervallo di tempo, o di lasciare indefinito il limite superiore. Ad esempio, se l'obiettivo generico consiste nel massimizzare il profitto, ci si chiede se sia meglio definire un obiettivo annuale di incrementare il profitto del 12% rispetto all'anno precedente, o se sia preferibile porsi l'obiettivo di ottenere il massimo profitto possibile, senza fissare alcun valore di riferimento.
Entrambe le opzioni presentano aspetti positivi e negativi. La presenza di un riferimento definito fornisce uno stimolo chiaro per tutti i membri dell'organizzazione, anche in considerazione del fatto che il raggiungimento del valore prefissato è spesso associato alla distribuzione di un premio. Tuttavia, il valore definito potrebbe anche limitare il miglioramento potenzialmente ottenibile, inducendo le persone a produrre uno sforzo appena sufficiente a raggiungere la soglia prestabilita e dando luogo al noto fenomeno delle "profezie che si autoavverano".
L'assenza di un obiettivo definito da raggiungere offre il vantaggio di non indurre le persone ad abbandonarsi ad atteggiamenti di autocompiacimento, in particolare nei casi in cui un'imprevista evoluzione favorevole del contesto rende particolarmente facile il superamento della soglia definita. L'aspetto negativo di questa opzione consiste nel fatto che un obiettivo indefinito risulta spesso meno efficace nel motivare all'azione.
Nella Gestione per Obiettivi (Management By Objectives, MBO), sviluppatasi a partire dalla metà degli anni '50 del secolo scorso, si afferma che un buon obiettivo deve essere SMART (acronimo che riassume i termini Significant, Measurable, Achievable, Relevant, Time-bound). La A (Achievable) si riferisce al fatto che l'obiettivo deve essere realistico, ossia ci deve essere il consenso sul fatto che sia possibile conseguirlo, qualora si realizzi un determinato piano di azioni.
Il problema consiste proprio in questo. Se l'obiettivo è considerato raggiungibile, questo significa che i responsabili per il suo conseguimento sanno (o pensano di sapere) come ottenerlo. Questo indurrà a cercare di perseguirlo con i metodi e gli strumenti conosciuti, in base ai paradigmi accettati e condivisi, semplicemente incrementando lo sforzo e l'investimento.
Pertanto, se si desidera generare un miglioramento significativo, che nasca da un riesame degli assunti di base che nessuno osa mettere in discussione, si può fissare un obiettivo definito, ma il suo valore deve essere tale da indurre tutti i responsabili coinvolti ad affermare: "È impossibile". Ad esempio, se la maggior parte dei manager di un'impresa ritiene che sia possibile ottenere per l'anno successivo un incremento del profitto del 10%, pochi considerano realizzabile un incremento del 20%, mentre c'è il consenso unanime sul fatto che un aumento del 40% sia irrealistico, quest'ultimo dovrebbe essere assunto come obiettivo. Solo così i manager sapranno di non poter contare su un semplice incremento dello sforzo e saranno indotti a rivedere politiche e prassi consolidate, pensando fuori dagli schemi e creando le condizioni per un salto di qualità nelle prestazioni.

 

OBIETTIVO E MIGLIORAMENTO
Dopo avere definito l'obiettivo dell'organizzazione, il criterio per giudicare se un'azione costituisce un miglioramento sembra chiaro: ogni iniziativa che consente di fare progressi verso l'obiettivo rappresenta un miglioramento; in caso contrario, è molto probabile che costituisca un inutile impiego di risorse.
Assecondare però ogni iniziativa che, almeno sul piano teorico, permetta di conseguire l'obiettivo in misura maggiore rispetto alla situazione di partenza, sarebbe un grave errore.
Innanzitutto, ogni organizzazione dispone di risorse limitate. L'avvio di un certo numero di iniziative comporta la rinuncia ad avviarne altre; questo impone di identificare tutte le possibili iniziative, di inserirle in una scala di priorità in base all'impatto positivo sull'obiettivo e di decidere quali avviare, tenendo conto delle risorse disponibili.
Tuttavia, anche seguendo la procedura descritta, è molto probabile che l'avvio delle iniziative scelte non produca i risultati attesi. Infatti, a causa dell'interdipendenza tra le diverse parti dell'organizzazione, un'azione in un'area può dare origine a effetti spesso imprevisti in altre aree, con conseguenze inattese (e spesso negative) sulle prestazioni globali.
Un esempio comune è rappresentato da molte iniziative finalizzate alla riduzione dei costi, come reazione a una flessione delle vendite. Per le imprese il cui obiettivo consiste nel generare un profitto crescente, tali iniziative appaiono legittime. Molto spesso, però, queste iniziative si basano sull'assunto (consapevole o inconsapevole) che l'unico effetto che produrranno sarà una riduzione dei costi. In realtà, quando la riduzione dei costi si traduce in misure di riduzione del personale, la perdita di competenze e la riduzione della capacità necessaria ad assorbire le fluttuazioni della domanda di prodotto/servizio possono dare origine a conseguenze negative sul mercato, con rischio di perdita di clienti e riduzione ulteriore delle vendite.
Che cosa si può fare per individuare quelle iniziative che possono generare il massimo impatto positivo sull'obiettivo?
C'è un modo, che consiste nel sostituire la classica domanda che ci si pone quando si desidera avviare un processo di miglioramento, ossia: "Che cosa si può migliorare?", con la domanda: "Che cosa limita la possibilità di conseguire l'obiettivo in misura maggiore?". La focalizzazione dell'attenzione sul fattore limitante, unitamente a un'adeguata capacità di gestirlo, permetterà di individuare le iniziative capaci di esercitare un vero e proprio effetto leva sulle prestazioni globali dell'organizzazione.

 

CONCLUSIONI
La verbalizzazione dell'obiettivo e la sua chiara comunicazione a tutta la struttura organizzativa rappresentano fasi fondamentali nella vita di un'organizzazione, dalle quali dipendono la possibilità di ottenere un allineamento e una sincronizzazione delle attività e la possibilità di pianificare il miglioramento.
L'obiettivo, stabilito da chi detiene la massima autorità nell'organizzazione, costituisce il riferimento per ogni iniziativa di miglioramento, consentendo di valutare, a priori, se una proposta potrà portare a un miglioramento, e a posteriori, se un'attività ha generato il miglioramento atteso.
Non tutto ciò che può essere migliorato deve essere oggetto di iniziative di miglioramento. La focalizzazione dell'attenzione sul fattore che limita le prestazioni globali dell'organizzazione consente di individuare le aree di intervento e le iniziative in grado di produrre un progresso verso l'obiettivo superiore a qualsiasi altro piano di azioni alternativo.
Affinché le persone siano propense a ricercare soluzioni innovative, mettendo in discussione assunti e prassi consolidate nel proprio settore di interesse, è necessario che l'obiettivo sia considerato non solo sfidante, ma apparentemente irraggiungibile. La Theory of Constraints mette a disposizione gli strumenti e i metodi per costruire la mappa del percorso finalizzato a raggiungere questi obiettivi "impossibili".

 

 

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