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Management e marketing

Comunicazione

02 Maggio 2011 • di Francesco Cardinali

La stesura del Marketing Brief per lo sviluppo della comunicazione

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Trasferire correttamente tutte le informazioni ai professionisti della comunicazione è il primo indispensabile passo per la creazione di una campagna pubblicitaria efficace. Ecco le regole fondamentali e un pratico schema per redigere un buon Marketing Brief. 

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Sommario

  1. Comunicare il brand tramite il Marketing Brief
  2. Elementi e struttura del Marketing Brief

   

1. Comunicare il brand tramite il Marketing Brief

Scegliere di comunicare il proprio brand o i propri prodotti/servizi al pubblico o a un preciso target d’intermediari (stakeholders istituzionali o protagonisti del business di riferimento come rivenditori, grossisti, distributori, agenti…) è fase delicata - spesso sottovalutata - per chi si occupa di marketing.
Per chi opera quotidianamente nell’impresa, quella della comunicazione pubblicitaria è infatti solo una parte delle numerose attività di marketing aziendali ma, va sottolineato, è anche la più visibile. Ed è dunque un aspetto che non può essere trascurato per evitare l’eventualità che un errore di comunicazione finisca per pregiudicare, a volte in maniera significativa, i tanti investimenti professionali ed economici che precedono il fatidico momento della “pubblicità”.
Ho volutamente messo fra virgolette il termine pubblicità perché, visto l’enorme ruolo che le attività di comunicazione hanno conquistato negli ultimi decenni, quest’attività è spesso vista sotto un’ottica sbagliata. Quando un’azienda s’interfaccia con un’agenzia di pubblicità e di creatività, oppure con un professionista della comunicazione free-lance, spesso lo fa partendo purtroppo da presupposti non corretti. C’è chi va in cerca della “trovata geniale”, convinto che essa possa risolvere all’istante i problemi di vendita. C’è chi ripone un’eccessiva fiducia nelle capacità di assimilazione di un messaggio e tende a riempire una pagina con una miriade d’informazioni sul proprio brand/prodotto/servizio. C’è chi si lascia influenzare dal proprio gusto personale considerandosi il “metro” dei gusti della propria clientela. Non è così semplice, naturalmente.
Le grandi multinazionali americane (cioè le aziende che hanno, di fatto, inventato il marketing) sin dagli anni ’60 hanno cercato di codificare e mettere a punto una serie di procedure per l’elaborazione di un buon “messaggio di vendita”. Certo, i tempi cambiano, i mercati mutano e questi studi sono sempre in continua evoluzione, ma c’è una cosa che non cambierà mai perché rappresenta il punto di origine di ogni attività di comunicazione: il Marketing Brief. E, com’è ovvio, non potrebbe essere diversamente. Chi si occupa di marketing raccoglie informazioni, studia il rapporto con il mercato, svolge analisi e comparazioni sui prodotti concorrenti, costruisce scenari. Svolge cioè una sorta di servizio di “intelligence” che non può e non deve essere dimenticato nel momento del contatto con quel pubblico da cui dipendono le sorti delle vendite e dei bilanci aziendali.
In altre parole: fornire un buon brief completo, formale ed esaustivo a chi ha la responsabilità di elaborare il messaggio e la comunicazione generale (cioè quell’insieme che è costituito, a ogni livello, da messaggio, veste grafica, immagini, etc.) del brand/prodotto/servizio è il primo, irrinunciabile passo per una buona comunicazione. Ovvero, da un altro punto di vista, un buon brief è quello strumento basilare che riduce i margini di errore in pubblicità e testimonia l’implementazione di una corretta procedura al fine di ottimizzare gli investimenti economici in comunicazione. 


  

2. Elementi e struttura del Marketing Brief  

Immaginiamo un caso pratico.

L’azienda XYZ decide di investire per comunicare il proprio brand/prodotto/servizio (d’ora in avanti indicato sinteticamente come “brand”) e si rivolge a un’agenzia di pubblicità. Come affrontare il trasferimento delle necessarie informazioni ai professionisti della comunicazione? Ecco una guida, sintetica ma esaustiva, per fornire un buon marketing brief che, inutile sottolinearlo, è un documento formale che va preventivamente redatto e consegnato alla fine della riunione.
 

a) l’intestazione
Cominciamo dall’inizio: va sempre indicato chi ha redatto il brief e ne è il responsabile all'interno dell'azienda. Sarà la stessa persona di riferimento al quale il professionista si potrà rivolgerà per domande e approfondimenti prima di presentare le proposte.


b) il Market Background
Chi è il brand, cosa fa, che mercato ha, che tipo di comunicazione ha fatto finora (se esistente). Questa è una parte che in genere, ma solo in un rapporto consolidato, si può omettere. Sempre in questa sezione va esposto un esame della concorrenza (magari con relativi investimenti in comunicazione) e dei “key drivers” del mercato, in altre parole quelli che sono ritenuti "fattori chiave di successo" dei competitors, anche in esperienze di comunicazione assimilabili a quella che si richiede all'agenzia.
Tutti i numeri e i dati presenti in questa sezione costituiscono l’orizzonte e lo scenario di riferimento per chi si occupa di comunicazione. È questa la piattaforma da cui s’inizia a lavorare e costruire.


c) la sintesi del progetto
Siamo arrivati al cuore del brief. Che tipo di campagna viene richiesta? Di prodotto o istituzionale? Cosa si vuole comunicare (punto da redigere con la consapevolezza che non si possono comunicare troppe cose in un solo messaggio)? Se l’attività richiesta è di natura istituzionale, l'importante è capire che ogni campagna di comunicazione rilancia, corregge o rivede sostanzialmente il posizionamento del brand. Questo va indicato chiaramente, esponendo le finalità in termini di riflesso desiderato dell'attività di comunicazione.


d) gli obiettivi di marketing e di comunicazione
Cioè: cosa ci si aspetta come risultato del processo di comunicazione? Per un prodotto spesso si tratta di obiettivi di vendita. Nel caso di una campagna istituzionale gli obiettivi sono in termini d’immagine (notorietà, percezione e personalità del brand, ecc.)


e) il target
Quale target (determinato insieme d’individui) si vuole raggiungere? Andrebbero distinti almeno il target di marketing (soggetti dal cui comportamento dipende il conseguimento degli obiettivi) e il target di comunicazione (soggetti verso i quali l'esposizione deve essere massimizzata). Qui si dovrebbe anche fare distinzione fra "core target" e target adiacenti. Questa è un'informazione essenziale per chi deve sviluppare la creatività: non si può parlare a tutti nello stesso modo.


f) il "tone of voice" della comunicazione
Cioè l'approccio, lo stile, la maniera in cui la comunicazione deve mostrarsi e parlare al pubblico, secondo quanto il marketing aziendale ha deciso. Per esempio: vogliamo essere autorevoli o confidenziali? Moderni e trasgressivi oppure tradizionali e rassicuranti?


g) le keywords
Se sono state individuate, o si ritengono essenziali con riferimento a un certo mercato, qui vanno esposte le parole chiave che il messaggio deve comunicare.


h) i punti essenziali
Sono le cose che assolutamente devono esserci o devono essere fatte in quel modo e nessun altro. Molte sono spesso scontate (es. i colori corporate). In questa sezione s’indica pure cosa non deve assolutamente esserci (per esempio: colori o immagini che sono contrarie allo stile aziendale, l'uso di parole straniere, ecc...)


i) il budget disponibile
È un’informazione importante che servirebbe per permettere all'agenzia di suggerire la migliore strategia media, vale a dire i mezzi su cui veicolare il messaggio del brand. Molto spesso, nella pratica comune, succede che l’agenzia venga coinvolta perché l’azienda ha a disposizione certi spazi su uno o più specifici media (a volte frutto di scambi commerciali o di opportunità last minute). Un buon professionista, naturalmente, evidenzierà eventuali discrepanze fra i media prescelti in rapporto al target o agli obiettivi.


l) il timing
Il “quando” devono essere presentate le proposte di comunicazione è tipicamente l'ultimo punto di ogni brief. Ed è anche quello che richiederebbe meno spiegazioni. Anche se, va rilevato, disporre di tempi non serrati è, soprattutto all’inizio di un rapporto, un fatto fondamentale per fare in modo che il professionista possa vivere e assimilare il brand, proponendo delle buone soluzioni creative e comunicative. Perché chi lavora bene, non ha tempo per avere fretta.

 

 DOI  10.4439/mm3

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