Responsabilità sociale e compliance
27 Luglio 2012 • di Roberto Rocchegiani
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Non esiste prevenzione senza una buona pianificazione
In Italia tutto quello che rappresenta un atto “dovuto” in termini di legge, si trasforma in un acronimo. Un esempio è dato dalle varie imposte che utilizzano le sigle IVA, IRPEF, IRES, ecc. e ora anche IMU.
La rappresentazione del Documento Unico della Valutazione dei Rischi per Interferenze con l’acronimo “DUVRI” lo rende molto più complicato di quello che effettivamente è e lo fa sembrare addirittura una TASSA.
In realtà stiamo parlando semplicemente, di buona educazione civica ….
Supponete di essere nel vostro condominio e di aver deciso di fare alcuni fori sulla parete con un trapano a percussione. Sicuramente sarete attenti nello scegliere un orario al di fuori di quelli vietati dal vostro regolamento condominiale, e magari avviserete il dirimpettaio che alle ore 10,00 del giorno dopo, farete un po’ di rumore. Bene! se tutto questo lo mettete in forma scritta, avrete stilato un DUVRI.
Chiaramente nelle realtà industriali e di cantiere, le interferenze sono maggiori e soprattutto i danni potenzialmente arrecabili a terzi sono più seri, ma l’approccio “civile” è proprio questo; non un semplice foglio da stilare e controfirmare, ma una riunione in cui s’immaginano i vari scenari lavorativi e le modalità di protezione dei lavoratori in interferenza.
Vediamo com’è trattato dal nostro D.lgs. n. 81/08.
Decreto legislativo 09 aprile 2008 n. 81 integrato con:
Estratto:
Articolo 26 - Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione 1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all’impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo:
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Come riusciamo a tradurre in termini pratici quanto dettagliato dal D.lgs. n.81/08?
La verifica delle interferenze ed il costo delle prescrizioni
Prima di procedere con l’analisi dei preventivi e la verifica dell’economicità e della congruità tecnica delle offerte, dobbiamo stabilire il livello d’interferenze che andremo a creare e i relativi costi per la sicurezza.
Per eseguire questa valutazione con il potenziale appaltatore, dobbiamo organizzare un incontro per definire e stabilire quali interferenze avremo e quale sarà il costo per renderle compatibili.
In effetti, potremmo avere tre tipi d’interferenze:
Altro elemento da non sottovalutare è il livello di “rischio aggiuntivo”.
Un’organizzazione che normalmente opera in ambienti a rischio basso, avrà formato i suoi lavoratori per tale livello. In particolare, secondo l’ultimo accordo Stato-Regioni sulla formazione, il lavoratore che opera in ambienti definiti a rischio BASSO deve aver effettuato una formazione generica di 4 ore ed una formazione specifica di altre 4 ore, per un totale di 8 ore. Ma se quel lavoratore venisse poi impiegato in un ambiente lavorativo diverso, che per natura è già definito dall’accordo Stato-Regioni a rischio ALTO, le 8 ore di formazione risulterebbero insufficienti.
Il Committente, nella fase di “definizione dei costi della sicurezza e di verifica delle interferenze” dovrà quindi comunicare all’appaltatore il livello di rischio del cantiere e i requisiti “formativi minimi” per quei lavoratori che impiegherà nell’appalto.
Se il livello di rischio del cantiere è ALTO, l’appaltatore dovrà provvedere ad integrare la formazione dei suoi lavoratori con ulteriori 8 ore sui rischi specifici (incrementali), così come previsto dall’accordo Stato-Regioni.
Stesso dicasi per gli addetti alla squadra antincendio. Se il committente richiede che ogni appaltatore sia autonomo per quanto riguarda la gestione delle emergenze, la formazione degli addetti dovrà essere riferita al livello di rischio presente nel cantiere del committente.
Il costo che si riferisce alla “gestione” delle interferenze, dovrà apparire in ogni offerta e non sarà “comprimibile”. Purtroppo molti traducono questa sottile valutazione con un automatico inserimento di una cifra fissa o in percentuale per assolvere la “tassa” della valutazione, ad esempio il 5%.
Ipotizzando che l’appalto finisse in mano ad un Ente accertatore (speriamo non sia un magistrato) e questo chiedesse come abbiamo valutato e calcolato i costi della gestione dell’interferenza, la nostra risposta non potrà essere “In percentuale”, perché starebbe a significare che quest’analisi non l’abbiamo fatta.
Dopo giorni, a volte mesi dalla stipulazione del contratto di appalto, i lavoratori si accingono a iniziare i lavori. La realtà prevista a suo tempo e le conseguenti interferenze potrebbero collimare, oppure ci potremmo trovare in una situazione totalmente diversa (avanzamenti in ritardo, mancato arrivo di alcuni materiali, accelerazione di alcuni appalti ecc.)
Dobbiamo accertare se le condizioni previste in sede contrattuale possono essere confermate. Si esegue quindi un sopralluogo congiunto e un relativo verbale con TUTTE le parti in causa. Può sembrare una ripetizione ma vi assicuro che dalla progettazione alla realizzazione i cantieri cambiano aspetto e pericoli nuovi si aggiungono a quelli già preventivati, aumentando il rischio per i lavoratori.
Questa è la fase dove tutte le nostre teorie e le scartoffie firmate e controfirmate vanno trasformate in pratica. Il coordinatore dei lavori e i preposti, dovranno attuare tutte le “prescrizioni” previste nel nostro DUVRI al fine di poter garantire il livello di rischio stabilito in sede contrattuale.
L’operato del preposto, dovrà avere un’evidenza oggettiva, quindi diventa fondamentale la compilazione di una o più check list di controllo, con cadenza almeno giornaliera.
Nelle check list annoteremo tutte le conformità al DUVRI e per le non conformità dovremo annotare quale AZIONE CORRETTIVA è messa in atto, o in mancanza di tempi e risorse quale AZIONE EQUIVALENTE ALTERNATIVA ci garantisce la continuità dei lavori senza aumentare il livello di RISCHIO.
Diviene importante dare evidenza dei RICHIAMI effettuati ai lavoratori, quindi annotare sempre il richiamo e in caso di reiterazione applicare le formalità previste dai CNL e dagli accordi contrattuali (multe, sospensioni, espulsioni, lettere di richiamo e di licenziamento).
Sì, la VIGILANZA del preposto deve essere una cosa seria, il lavoratore non deve scendere a patti con l’utilizzo dei DPI e con il rispetto delle prescrizioni, deve sapere che ad ogni leggerezza corrisponderà un richiamo, motivato, discutibile, educato ma …… inevitabile.
La difesa che il lavoratore, sottoposto a richiamo o peggio a sanzione, utilizzerà, sarà l’“ignoranza”, “…. non lo sapevo, ….. dove sta scritto, ….. abbiamo fatto sempre così, …. così non lavoriamo più, ……. nessuno mi ha fornito questo DPI”, ecc. ecc.
È la nostra prima prova delle cosiddette “evidenze”. Se non abbiamo in mano un documento che possa smentire questa “ignoranza”, siamo colpevoli. Sì! COLPEVOLI! Colpevoli e quindi punibili ai sensi del 81/08 o peggio del codice di procedura Penale (nei casi d’infortuni gravi o gravissimi).
È per questo che molti imprenditori non calcano la mano sull’adozione delle misure di sicurezza, perché partono già sconfitti in partenza. Non hanno effettuato un’informativa scritta e controfirmata, non hanno apposto avvisi in bacheca, la cartellonistica di sicurezza è insufficiente, non hanno verificato i DPI o peggio li hanno consegnati senza una firma di ricevuta da parte del lavoratore, non hanno dato al lavoratore la possibilità di avere un’adeguata formazione oppure non ne hanno verificato l’apprendimento, non hanno mai sanzionato in maniera seria i lavoratori, chiedono tempi brevi di realizzazione senza curarsi della sicurezza, non danno il “buon esempio” indossando per primi i DPI, ecc. ecc.
Non esiste nessuna organizzazione, per quanto certificata o tendente alla perfezione dal punto di vista della prevenzione, che non abbia inciampato almeno una volta nelle scatole cinesi dei SUB-APPALTI.
Sì, perché tutte le procedure e le discussioni sono sempre effettuate con l’azienda, definiamola “madre”. Poi dopo alcuni giorni che l’appalto ha avuto inizio, visto il ritardo già accumulato, è richiesto al committente di accettare l’inserimento di un sub-appaltatore, e qui i tempi sono più ristretti, il committente vede avvicinarsi la scadenza e quindi acconsente, mettendo in cantiere per la maggior parte dei casi un RISCHIO IMPONDERABILE.
Ecco perché nel titolo di quest’approfondimento ho parlato di PIANIFICAZIONE.
La PIANIFICAZIONE non può limitarsi al classico GANTT con le varie attività in concatenazione che garantiscono poi il conseguimento degli avanzamenti fino all’ultimazione dei lavori. La PIANIFICAZIONE deve essere un serio piano d’impiego di risorse con uomini e competenze. In questa fase, se la pianificazione è ben strutturata potremmo approfondire l’analisi con la forza a disposizione dell’appaltatore e scoprire che stiamo per affidare il nostro lavoro a quello che gli anglosassoni chiamano GENERAL CONTRACTOR, cioè un gestore di contratti di sub-appalto.
Và tutto bene, l’importante ripetere per n volte la nostra analisi delle interferenze, quindi incontrare i preposti di tutte le ditte e stabilire con TUTTI le STESSE regole e prescrizioni, analizzando ogni sub appalto come se fosse un appalto a sé stante, con la sua documentazione, la verifica della formazione del personale, della competenza tecnica, dell’organizzazione, della regolarità contributiva ecc. ecc.
La nostra catena di responsabilità non deve avere anelli deboli, l’anello debole, se pur piccolo ed insignificante, potrebbe vanificare tutte le nostre valutazioni esponendo la nostra organizzazione ad un rischio non preventivato e quindi potenzialmente letale.
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