Impresa globale
10 Maggio 2011 • di Lorenzo Bacciardi
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L’obiettivo del presente elaborato è di fornire al lettore un aggiornamento circa le recenti e innovative norme di contrasto all’evasione fiscale e circa le modifiche introdotte alle esistenti norme antiabuso in materia di società controllate estere ubicate in paesi Black List (c.d. Controlled Foreign Companies o CFC).
L’argomento è di particolare attualità, considerata la crescente attività di contrasto all’evasione posta in essere dalla Amministrazione Finanziaria i cui poteri di controllo si sono fortemente inaspriti e si estendono sempre più anche ai processi di internazionalizzazione di impresa.
In considerazione delle recenti modifiche normative, le attività di verifica sulle imprese operanti all’estero verranno, pertanto, notevolmente intensificate sia in riferimento alle operazioni di commercializzazione con l’estero sia in riferimento alla detenzione di partecipazioni su società estere.
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1. Caratteristiche principali della disciplina CFC
2. Principali novità introdotte dal D.L. n. 78/09 convertito con legge 102/2009
3. Chiarimenti forniti dalla Circolare n. 51/E del 06 Ottobre 2010
3.1 Modifica dell’articolo 167, comma 5, lettera a) del TUIR – prima esimente
3.2 Il nuovo comma 5 bis, articolo 167 del TUIR
3.3 Il nuovo comma 8 bis, articolo 167 del TUIR
3.4 Articolo 167, comma 5, lettera b) del TUIR – seconda esimente
4. Documentazione da allegare alla istanza d’interpello
5. Argomenti correlati
Con l’emanazione del D.L. n. 78/09, sono state introdotte importanti modifiche all’articolo 167 del TUIR portante la disciplina relativa alle controlled foreign companies (“CFC”).
L’articolo 167 del TUIR prevede che, qualora un soggetto residente in Italia controlli, direttamente o indirettamente, un’impresa residente o localizzata in uno Stato o territorio “a fiscalità privilegiata”, rientrante nell’elenco di cui al decreto ministeriale 21 novembre 2001 (cosiddetta black list), i redditi conseguiti dalla controllata estera sono tassati separatamente per trasparenza in capo al socio residente, previa rideterminazione degli stessi secondo le disposizioni ordinariamente previste per la determinazione del reddito d’impresa.
La tassazione per trasparenza potrà essere evitata nel caso in cui il soggetto controllante residente ottenga dalla Amministrazione Finanziaria – dopo avere presentato apposito interpello – il consenso alla disapplicazione delle disposizioni normative contenute nell’articolo 167 del TUIR.
La disapplicazione della norma può essere invocata sulla base di due condizioni, operanti in modo autonomo e indipendente l’una dall’altra.
La prima condizione (“prima esimente”), si verifica quando il soggetto controllante residente in Italia dimostra che la partecipata estera svolge all’estero un’effettiva attività industriale o commerciale, mentre la seconda condizione (“seconda esimente”) ricorre quando il soggetto controllante residente in Italia dimostra che dal possesso delle partecipazioni al capitale sociale della controllata estera non consegue effetto di localizzare redditi in Stati o territori a fiscalità privilegiata al fine di sottrarli da tassazione in Italia.
L’articolo 13 del decreto legge n. 78/2009 ha apportato importanti modifiche alla disciplina CFC e, in particolare, alla prima esimente prevista dall’articolo 167, comma 5, del TUIR.
Le modifiche hanno comportato un inasprimento della disciplina in quanto:
La seconda esimente non ha invece subito modifiche.
Nei mesi successivi alla emanazione del D.L. n. 78/09, poi convertito con legge 102/2009, i principali esponenti della dottrina tributaria italiana hanno cercato di interpretare e chiarire le nuove disposizioni normative ed hanno più volte richiesto alla Amministrazione Finanziaria l’emissione di un documento interpretativo della portata delle nuove norme.
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 51/E del 06 Ottobre 2010, di seguito definita “Circolare”, ha chiarito la portata delle modifiche introdotte all’articolo 167 del TUIR, fornendo altresì alcune soluzioni interpretative.
Il novellato articolo 167, comma 5, lettera a) del TUIR prevede che il contribuente potrà richiedere la disapplicazione della normativa CFC qualora sia in grado di dimostrare che la partecipata estera svolge:
“ … una effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nel mercato dello stato o territorio di insediamento; per le attività bancarie, finanziarie e assicurative quest'ultima condizione si ritiene soddisfatta quando la maggior parte delle fonti, degli impieghi o dei ricavi originano nello Stato o territorio di insediamento”.
Il contribuente deve pertanto provare il radicamento della propria partecipata nel Paese o territorio estero d’insediamento. In altri termini, allo scopo di escludere l’artificiosità della struttura estera, il radicamento diventa un elemento rilevante per provare che la società controllata estera:
La Circolare ha chiarito il significato e la portata normativa del concetto di mercato ed ha precisato che:
a. il mercato non deve intendersi limitato ai confini geografici dello Stato d’insediamento, ma può comprendere anche un’area geografica maggiore nella quale lo Stato d’insediamento esercita un’influenza economica a fronte di esistenti nessi economici, politici, strategici, geografici o logistici;
b. il concetto di mercato potrà essere interpretato come mercato di sbocco o di approvvigionamento;
c. Il legame della controllata con il mercato dello Stato d’insediamento deve essere significativo: il legame potrà essere considerato significativo qualora la controllata estera gestisca più del 50% degli acquisti o delle vendite all’interno del mercato medesimo.
Pertanto, il contribuente che intenda chiedere la disapplicazione della CFC sulla base della prima esimente prevista dall’articolo 167, comma 5, lettera a) del TUIR sarà tenuto a presentare un interpello disapplicativo e, attraverso lo stesso, dimostrare:
Ne consegue che, per invocare la prima esimente, la disponibilità in loco da parte della società controllata estera di una struttura organizzativa idonea - richiesta dall’articolo 5, comma 3, del Dm 429/2001 - è condizione necessaria, ma non sufficiente in quanto occorrerà dimostrare altresì il legame economico e sociale della controllata estera con il Paese estero dove la stessa è insediata.
Il nuovo comma 5 bis dell’articolo 167 dispone che la prima esimente non può essere invocata quando i proventi della società controllata estera sono costituiti per oltre il 50% da passive income o derivano dalla prestazione di servizi infragruppo.
Il legislatore ha pertanto introdotto una presunzione di non commercialità delle società controllate estere i cui proventi sono costituiti principalmente da passive income ovvero a fronte della prestazione di servizi infragruppo.
La nuova presunzione è finalizzata a contrastare politiche di delocalizzazione dei passive income in paesi a fiscalità privilegiata, mediante il trasferimento, nei suddetti paesi, degli asset produttivi di tali redditi.
In forza di tale presunzione, verranno attratti a tassazione in Italia redditi conseguiti all’estero da società formalmente autonome, costituite in territori a fiscalità privilegiata, che gestiscono prevalentemente attività di passive income.
La Circolare ha tuttavia precisato che la presunzione non ha natura di presunzione assoluta. Pertanto, il contribuente potrà sempre fornire prova contraria al fine di dimostrare che la localizzazione della controllata in un paese a fiscalità privilegiata non sottintende intenti elusivi, volti alla distrazione di utili dall’Italia verso Paesi o territori a fiscalità privilegiata.
L’articolo 13 del DL 78/2009 ha introdotto nel corpo dell’articolo 167 del Tuir i commi 8-bis e 8-ter. Tali nuovi commi non si applicano alle società estere collegate di cui all’articolo 168 del TUIR.
Il nuovo comma 8 bis ha esteso l’applicazione della disciplina CFC alla controllata estera che:
La tassazione subita dall’impresa controllata estera deve essere determinata con riferimento al cosiddetto “effective tax rate”, ossia al rapporto tra l’imposta corrispondente al reddito imponibile e l’utile ante imposte.
Il tax rate estero dovrà essere messo a confronto con quello che la controllata avrebbe scontato qualora fosse stata residente in Italia, che dovrà essere determinato secondo le disposizioni fiscali italiane. I due termini del confronto (tax rate estero vs tax rate nazionale) devono essere omogenei.
Al riguardo, la Circolare ha chiarito che, al fine di determinare la tassazione “virtuale”, sarà necessario:
Sarà inoltre necessario fare riferimento ai dati di bilancio, redatto conformemente alle normative locali, al fine di determinare le imposte effettivamente dovute nello Stato estero di localizzazione della controllata.
Il contribuente, anche in questa ipotesi, avrà la possibilità di evitare l’applicazione del comma 8 bis, articolo 167 del TUIR, qualora dimostri che “l’insediamento all’estero non rappresenta una costruzione puramente artificiosa, volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale”.
Attraverso la Circolare, l’Agenzia delle Entrate, richiamando i principi contenuti nella sentenza Cadbury – Schweppes della Corte di Giustizia europea, oltre che la Risoluzione del Consiglio Europeo dell’8 giugno 2010, ha elencato le circostanze fattuali in presenza delle quali sarà possibile presumere che un insediamento estero sia puramente artificioso e/o concepito per scopi elusivi.
Di seguito, vengono riportate le circostanze fattuali menzionate in Circolare:
Al fine di invocare la disapplicazione della normativa CFC, il contribuente potrebbe invocare anche la seconda esimente prevista dall’articolo 167.
In tale ipotesi, il contribuente sarebbe tenuto a dimostrare che la partecipazione nella controllata estera non consegue l’effetto di localizzare i redditi nei territori a fiscalità privilegiata e che, pertanto, almeno il 75% del reddito conseguito della controllata estera viene preventivamente assoggettato a tassazione ordinaria.
La Circolare, rispetto alla seconda esimente, ha fornito alcuni esempi, al verificarsi dei quali la condizione prevista al comma 5, lettera b), articolo 167 del TUIR può ritenersi soddisfatta:
Inoltre, la Circolare ha chiarito che, nell’ipotesi in cui la controllata estera distribuisca sistematicamente i dividendi alla casa madre italiana, il contribuente potrebbe, più agevolmente, dimostrare, la mancanza di intenti elusivi.
La Circolare ha fornito inoltre un elenco esemplificativo, distinto per ciascuna tipologia di esimente, dei documenti da allegare alla istanza di interpello finalizzata a richiedere la disapplicazione della normativa CFC.
Prima esimente:
Seconda esimente:
Nella Circolare si affrontano anche alcune tematiche correlate all’argomento in commento, quali l’imposizione degli utili da partecipazione provenienti da Stati o territori a fiscalità privilegiata e la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi di reddito derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti o localizzate nei predetti Stati o territori, che saranno oggetto di successivi interventi.
DOI 10.4439/pfs3
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