Management e marketing
02 Maggio 2011 • di Federico Bomba , Alessia Tripaldi
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L’utilizzo di strumenti creativi in azienda è fondamentale per produrre innovazione e creare senso di appartenenza tra i dipendenti. Nel nostro contributo si descrivono i vantaggi di un loro uso sistematico e si propone un esempio pratico di sviluppo d’idee legate al tema della fidelizzazione dei clienti
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Spesso le idee si accendono una con l’altra,
come scintille elettriche.
(Friedrich Engels, filosofo tedesco)
Un lavoro di squadra costruttivo e un “bagaglio creativo” al quale accedere in nome dell’innovazione sono due risorse fondamentali per un’azienda moderna, che voglia mantenere il passo rispetto a un mercato concorrenziale.
Il team building e il pensiero creativo s’intrecciano in un circolo virtuoso, rivelandosi mutualmente dipendenti: da una parte un gruppo solido in grado di lavorare per un comune obiettivo è il terreno più fertile per esercitare e sviluppare idee creative, dall’altra la pratica comune dell’esercizio creativo contribuisce ad aumentare il senso di appartenenza e la coesione della squadra.
Negli ultimi anni si è detto molto del team building: le pratiche per rinforzare lo spirito di gruppo – dai corsi di sopravvivenza alle esercitazioni teatrali – vengono sperimentate sempre più spesso dalle aziende. Per questo concentreremo l’attenzione sul pensiero creativo, attorno al quale gravita ancora una sorta di “aura grigia” che impedisce di chiarire con precisione di cosa si sta parlando quando si fa riferimento alla creatività.
La parola creatività tende a generare una certa diffidenza negli imprenditori: l’associazione naturale è con la fantasia e la genialità, doti che si ritengono innate e pertanto non esercitabili. Lo psicologo Edward De Bono (nota)
ha ribaltato quest’atteggiamento “passivo” nei confronti della creatività dimostrando, attraverso studi scientifici sul funzionamento della mente, come stimolare il pensiero creativo: come qualsiasi “muscolo” sottoposto a esercizio, anche la creatività può quindi essere sviluppata.
Da questo momento, per non generare confusione, ci riferiremo al pensiero creativo utilizzando la definizione coniata da De Bono: pensiero laterale. L’espressione suggerisce il punto di forza dell’esercizio creativo: imparare a guardare le cose sotto una prospettiva differente – laterale, per l’appunto – in modo da liberarci dei paletti mentali che impediscono di rovesciare il punto di vista iniziale.
Il pensiero laterale si affianca e coopera col pensiero verticale, il pensiero logico-deduttivo cui la nostra mente fa naturalmente riferimento. Il pensiero verticale, fondamentale per sbrigare il lavoro di routine in azienda, si muove secondo una logica di causa/effetto in cui ogni passaggio mentale deve essere giustificato e comprovato prima di accedere al successivo: seguendo questo percorso “matematico”, però, il rischio è spesso quello di bloccarsi su un passaggio “sbagliato”, tarpando il flusso delle idee.
Il pensiero laterale presuppone, invece, una sospensione del giudizio: lascia spazio all’errore, alle associazioni mentali, rimandando a un secondo momento i concetti di giusto e sbagliato. Se il pensiero verticale è lo strumento dell’analisi, il pensiero laterale è lo strumento dell’innovazione.
Nell’industria occidentale contemporanea l’innovazione è la chiave per la crescita. Il grande salto in avanti che negli ultimi decenni ha visto protagonista l’industria orientale nasce proprio da un differente atteggiamento mentale rispetto alle idee. Mentre gli industriali occidentali tendono a un atteggiamento passivo, limitandosi a cercare la chiave di risoluzione dei problemi nel momento in cui si presentano, gli orientali sono pro-attivi, cercando senza sosta nuove idee, sia per la realizzazione di prodotti originali che per migliorare ciò che è già apparentemente perfetto.
Di fronte alla domanda: “Quale futuro vorresti per la tua azienda: tirare a campare o crescere?” è presumibile pensare che qualsiasi imprenditore opterebbe per la seconda risposta. L’applicazione del pensiero laterale è il passo necessario per muoversi in questa direzione.
La tecnica dei Sei Cappelli è una modalità di brainstorming messa a punto da De Bono e utilizzata ormai da numerose aziende in tutto il mondo, che ne hanno implementato l’utilità sia per risolvere problemi pre-esistenti sia per elaborare nuove idee.
Il punto di forza dei Sei Cappelli sta nella loro semplicità: a ogni cappello che i partecipanti all’incontro saranno invitati a “indossare” corrisponde una forma di pensiero.
Proprio perché si tratta di una tecnica in cui la difficoltà non sta tanto nella spiegazione quanto nel prendere dimestichezza con la pratica, riteniamo più utile illustrarla mediante un ipotetico caso concreto, che seguiremo fino all’elaborazione dell’idea finale.
Immaginiamo di trovarci in una riunione di brainstorming in una società che fornisce servizi alle imprese (dalla consulenza commerciale, al graphic design, alle forniture, ecc). Volendo migliorare la qualità dei propri servizi, la società in questione si pone l’obiettivo di trovare un’idea originale rispetto a un problema piuttosto comune: la fidelizzazione del cliente. Il punto di partenza, che scriviamo su una lavagna, è quindi:
COME POSSO RENDERMI INDISPENSABILE AGLI OCCHI DEL CLIENTE?
Il tutor esterno che guida la riunione invita i partecipanti a “indossare” il Cappello Verde.
Si può scegliere di procurarsi realmente dei cappelli colorati o di sostituirli con dei cartoncini da mettere come memento davanti a sé ogni volta che viene richiesto un cambio di cappello. L’importante non è la rappresentazione dei cappelli quanto l’“abito mentale” dei partecipanti: indossare un cappello significa rendersi realmente disponibili a indossare la forma mentis che gli corrisponde.
Il cappello verde: creatività
Il verde è il colore dei germogli: una nuova pianta che nasce dalla terra è come una nuova idea.
Quando indossiamo il Cappello Verde dobbiamo mettere in pratica quanto abbiamo detto a livello teorico sul pensiero laterale: le proposte non devono seguire un filo logico, non devono essere sostenute da una spiegazione razionale, non devono essere giuste.
Con il Cappello Verde in testa siamo come degli esploratori il cui unico scopo è di muoversi, di cercare per il gusto stesso della ricerca, disposti a indagare ciò che sembra sbagliato, perché spesso è proprio dalle idee apparentemente impossibili che nascono le soluzioni creative ai problemi. Le frasi come “quello che sto per dire non ha senso... ” o “io pensavo… no, lasciamo perdere, è una stupidaggine” non sono ammesse.
Il Cappello Verde ci invita a riappropriarci di quella purezza infantile che ci permetteva di credere di poter costruire un aeroplano armati di cartone, nastro adesivo e due assi di legno.
I partecipanti alla nostra riunione indossano quindi il Cappello Verde e danno spazio al pensiero laterale, sforzandosi di vedere le cose sotto una nuova prospettiva. La domanda segnata sulla lavagna porta alle risposte più svariate; prendiamone alcune a titolo esemplificativo:
Il flusso di proposte si è incanalato gradualmente verso un’idea concreta: fornire un servizio di counselling che arricchisca quello già elargito dalla società.
A questo punto il tutor chiede ai partecipanti di indossare il Cappello Bianco.
Il cappello bianco: neutralità
Il bianco è la negazione del colore: l’assenza di colore è l’assenza di pensiero.
Quando indossiamo il Cappello Bianco siamo come un computer: il nostro compito è di fornire dati. Qualsiasi criterio di valutazione deve essere messo da parte: lo scopo finale è il maggior livello possibile di oggettività.
Le informazioni raccolte non devono necessariamente essere confermate da dati inconfutabili. Oltre alle informazioni certe, possono essere inserite nel Cappello Bianco anche le informazioni presunte: l’importante è che il livello di presumibilità sia elevato (ad esempio: tutte le maggiori compagnie telefoniche hanno inserito nel pacchetto natalizio un’offerta relativa alla connessione internet: possiamo presumere con un buon grado di attendibilità che l’aggregazione del traffico telefonico con quello telematico sia un bene sempre più richiesto dalla media dei clienti).
Se la nostra riunione immaginaria avesse avuto come oggetto la risoluzione di un problema pre-esistente (ad esempio il sistema di smistamento delle telefonate), il Cappello Bianco sarebbe stato il primo passo: avremmo messo in tavola tutti i dati oggettivi a nostra disposizione (sistema attualmente in uso, costo medio di un centralinista, metodi già adottati da altre società, ecc), per passare in un secondo momento alla fase di elaborazione creativa. In questo caso, poiché il problema richiede la generazione di una nuova idea, il Cappello Bianco viene indossato dopo quello Verde.
Ai partecipanti viene chiesto di fornire informazioni oggettive in merito alla proposta scaturita dal Cappello Verde: il servizio di counselling. Consideriamone alcune:
Soffermiamoci sull’ultima frase: non si tratta di un’informazione certa né di un’informazione presunta, ma di una valutazione. Più che un dato oggettivo, tale valutazione potrebbe essere inserita tra i possibili vantaggi dell’offerta del servizio di counselling.
Il tutor chiede quindi ai partecipanti di indossare il Cappello Giallo.
Il cappello giallo: ottimismo
Il giallo è il colore del sole: la luce radiosa ci fa pensare alla positività.
Quando indossiamo il Cappello Giallo dobbiamo concentrarci sui possibili vantaggi dell’idea che stiamo considerando. Anche se non ci fidiamo della persona che l’ha proposta, anche se a pelle ci sembra una perdita di tempo, siamo chiamati a sforzarci di vedere il bicchiere mezzo pieno.
Non esiste un’idea che non abbia perlomeno un aspetto positivo: il nostro compito è di trovarlo.
A partire da un’informazione neutra che si è rivelata invece un aspetto vantaggioso dell’idea presa in esame, il tutor ha chiesto a tutti i partecipanti di cavalcare quest’ondata di ottimismo indossando il Cappello Giallo. Elenchiamo alcuni dei possibili vantaggi del servizio aggiuntivo di counselling:
Il tutor interroga l’unico partecipante che non è riuscito a trovare alcun vantaggio chiedendogli di concentrarsi sugli aspetti positivi dell’idea di counselling; in tutta risposta, il partecipante mette davanti a sé il cartellino rosso e afferma: “Non sono per niente convinto”.
Il cappello rosso: emotività
Il rosso è il colore della passione: l’amore, l’odio, la rabbia, sono sentimenti irrazionali, che appartengono alla gamma delle emozioni.
Quando indossiamo il Cappello Rosso siamo liberi di assecondare il cuore. Spesso di fronte a una nuova proposta la nostra prima reazione è istintiva: ci entusiasma o ci puzza di bruciato senza una ragione precisa.
Una delle maggiori perdite di tempo che gravano sulle riunioni aziendali scaturisce proprio dall’impossibilità di poter esprimere una sensazione in quanto tale. Per dare voce a quella che è semplicemente una suggestione epidermica, ci ancoriamo a presunte spiegazioni oggettive che, non poggiando in realtà su niente di concreto, generano soltanto confusione.
Avere a disposizione uno spazio destinato alla sfera istintiva è importante per due ragioni: da un lato, separa le emozioni dal pensiero razionale, evitando così che una sensazione, positiva o negativa, si trasformi in una valutazione.
Dall’altro, consente di dar voce all’esperienza: chi svolge un determinato lavoro da anni, infatti, sviluppa spesso una sorta di sesto senso. Sarebbe però considerato del tutto inappropriato alzare la mano nel bel mezzo di una riunione per affermare: “Sono vent’anni che lavoro in questa società e sono sicuro che questa cosa funzionerà, ma non chiedetemi di spiegarvi perché”. Il Cappello Rosso consente un’affermazione del genere: anzi, la richiede.
Abbiamo visto che uno dei partecipanti si è avvalso della possibilità di dare sfogo alle proprie sensazioni premettendo di aver indossato il Cappello Rosso. Il tutor accoglie la sua proposta e invita anche gli altri partecipanti a indossare il Cappello Rosso.
Il Cappello Rosso ha rivelato un clima generale di scarsa persuasione rispetto all’idea del counselling.
Il tutor propone ai partecipanti di dare concretezza a questa sensazione, cercando le falle logiche dell’idea: li invita quindi a indossare il Cappello Nero.
Il cappello nero: pessimismo
Il nero è il colore delle tenebre: il buio pesto ci fa pensare alla negatività.
Quando indossiamo il Cappello Nero siamo chiamati a vedere il bicchiere mezzo vuoto. Dobbiamo rovesciare l’atteggiamento positivo del Cappello Giallo e sezionare l’idea fino a individuarne tutti gli svantaggi.
Anche se siamo stati noi stessi a generare l’idea, dobbiamo sforzarci di coglierne gli aspetti negativi.
I partecipanti alla nostra riunione sono stati invitati a indossare il Cappello Nero per evidenziare i possibili svantaggi dell’idea di un servizio di counselling aggiuntivo;
Il tutor rilegge ad alta voce vantaggi e svantaggi dell’idea presa in considerazione: i partecipanti si dichiarano d’accordo nel ritenere gli aspetti negativi più incidenti di quelli positivi e l’idea viene bocciata.
A questo punto il tutor rilegge tutte le idee espresse durante la prima sessione di Cappello Verde e chiede ai partecipanti di ridare spazio alla creatività.
Il tutor apre un dizionario e seleziona una parola a caso: intercapedine (nota)
. Ai partecipanti viene chiesto di indossare il Cappello Verde e di associare la parola “intercapedine” all’idea di fidelizzazione del cliente:
Da questa seconda sessione creativa viene estrapolata una nuova idea: la ricostruzione dell’ufficio come se fosse un ambiente domestico. L’idea viene passata al vaglio degli altri Cappelli e approvata dai partecipanti.
Mediante un altro Cappello Verde si sviluppa l’idea finale: un ufficio con un enorme specchio all’ingresso (in modo che la prima immagine percepita dal cliente sia se stesso), un salotto con tanto di tavolino da caffè e cioccolatini, la possibilità di liberarsi delle scarpe per indossare un comodo paio di pantofole… La fidelizzazione passa dalla consapevolezza che quando viene da noi il cliente si sente letteralmente “a casa”.
Il cappello blu: pensiero sul pensiero
Il blu è il colore del cielo: come tutto ciò che ci sovrasta, ci rimanda all’idea di controllo.
Nel caso esemplificativo sulla fidelizzazione, il Cappello Blu è stato indossato dal tutor. È stato il tutor a esercitare una supervisione sul pensiero, scegliendo i momenti più adatti per passare da un cappello all’altro e decidendo di accogliere o bocciare eventuali cambi di direzione proposti – consciamente o inconsciamente – dai partecipanti.
La presenza di un tutor esterno è fondamentale per prendere dimestichezza con la tecnica dei Sei Cappelli. Una volta immagazzinato il meccanismo, i gruppi di lavoro aziendali sono perfettamente in grado di autoregolamentarsi, indossando il Cappello Blu ogni volta che si riveli necessario.
Immaginiamo ad esempio di trovarci in una sessione di Cappello Rosso. Uno dei partecipanti mette davanti a sé il cartellino blu e afferma:
Oppure:
Le aziende che hanno sperimentato la tecnica dei Sei Cappelli avvalendosi della guida di un tutor esperto hanno poi continuato a metterla in pratica autonomamente: la maggior parte di loro afferma di utilizzare ormai i Sei Cappelli in relazione a qualsiasi processo decisionale.
Leggendo le affermazioni degli imprenditori che hanno fatto propria la tecnica dei Sei Cappelli utilizzandola quotidianamente nell’ambito della vita aziendale (nota) e basandoci sulla nostra esperienza diretta, abbiamo individuato tre aree di vantaggio che sono costantemente sottolineate:
Qualsiasi cosa sia la creatività,
è una parte nella soluzione di un problema.
(Brian Aldiss, scrittore britannico)
DOI 10.4439/mm4
Un'esperienza a Confindustria Giovani Ancona
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