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12 Marzo 2015 • di Marco Minossi

Contratti internazionali: dalla ICC un contributo fondamentale al problema della Legge applicabile

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Presentiamo ai nostri lettori un nuovo strumento di regolamentazione dei contratti internazionali offerto dalla Camera di Commercio Internazionale (ICC). Dopo gli “Incoterms©” e le UCP 600 (conosciute in Italia come “Norme ed Usi Uniformi relativi ai Crediti Documentari”), un team composto da esperti di varie nazionalità, ha definito uno studio denominato “Developing neutral legal standards for International contracts. A national rules as the applicable law in International commercial contracts with particular reference to the ICC Model Contracts”. Ne risulta per i contratti internazionali un nuovo e moderno insieme di regole che può configurarsi come “legge applicabile” per scelta, e al di sopra, delle parti.

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Sommario

1. Il problema della Legge applicabile al contratto internazionale
2. Il contributo determinante della Camera di Commercio Internazionale (ICC)
3. L’inserimento dei “Neutral Legal Standards” nei contratti commerciali
4. Conclusioni

 


1. Il problema della Legge applicabile al contratto internazionale


La questione della Legge applicabile è sempre stata un grande problema nei contratti con l’estero; quando essa è rappresentata dall’ordinamento commerciale nazionale di una delle due controparti, spesso rimane lacunosa ed insufficiente nel disciplinare in modo chiaro e risolutivo il rapporto di business che si va facendo sempre più complesso e personalizzato tra le imprese.

In molte occasioni, però, i criteri per regolamentare eventuali controversie vengono ignorati del tutto, in virtù del fatto che quando due soggetti decidono di concludere un accordo il clima è buono, ed eventuali problemi futuri tendono a essere sottovalutati.
 

La stesura di un contratto internazionale presenta, quindi, spesso un momento di forte criticità quando le parti contraenti si trovano a dover concordare sulla scelta della Legge applicabile ad esso.
 

Tale aspetto rappresenta spesso un’impasse di rapporto, una fase in cui l’armonia raggiunta sul business da finalizzare si deteriora per il subentrare di interessi di parte, con la PMI italiana che si trova frequentemente a subire l’applicazione al contratto della legge straniera, pagando a caro prezzo tale situazione in fase di esecuzione del contratto stesso (es. fornitura, agenzia, concessione di vendita: forti spese legali e armonia del rapporto compromessa).
 

Vale la pena di ricordare che due contraenti di nazionalità diversa possono assoggettare il contratto commerciale alle norme dell’ordinamento giuridico di uno di essi, oppure alla Legge di un paese terzo, o all’Arbitrato internazionale. La loro libertà di esercitare una di tali opzioni trova dei limiti solo nei casi, peraltro rari, in cui l’oggetto del contratto sia sottoposto a norme imperative in uno dei due paesi, che in tal modo riconoscerà la propria giurisdizione e la propria

Legge come le sole ammesse a dirimere una determinata controversia, e rigetterà il riconoscimento e l’applicazione di ogni decisione emanata da autorità di altri stati; oppure nel caso in cui uno dei due contraenti risieda in una nazione che non riconosce l’efficacia dei Lodi arbitrali, non avendo sottoscritto la relativa Convenzione Internazionale di New York del 1958.
 

I problemi per le imprese sorgono nel momento in cui un contratto formale (cioè scritto) non è stato redatto e firmato a fronte di una o più determinate operazioni commerciali (transactions), essendosi le stesse “dimenticate” (come si suol dire per essere eleganti e non inquisitori) di provvedere a ciò, e dovendo quindi un Giudice di Tribunale decidere su una controversia che insorga ricostruendo la volontà delle parti, e quindi il contratto verbale, la documentazione commerciale esistente e i loro comportamenti concludenti. Tale Giudice dovrà anche stabilire quale Legge regolamenterà il rapporto in essere, nel silenzio delle controparti, e colmare quindi tale vuoto normativo.
 

Esiste una letteratura cartacea e virtuale praticamente sconfinata su quale debba essere la Legge applicabile al contratto internazionale in caso di una sua mancata previsione in un testo scritto, a seconda di quale tipo di contratto si tratti e di quale sia il paese in cui ha luogo la prestazione che risulta preponderante nel contratto stesso (nota) . Ne abbiamo parlato, fisicamente e sul web, oltre ad aver partecipato a seminari e convegni; ma ogni spiegazione che voglia configurarsi come regola può venire continuamente rimessa in discussione dalle sentenze giurisprudenziali dei Tribunali, della Corte di Cassazione Italiana e della Corte di Giustizia Europea.
 

In questa condizione di perdurante incertezza su quale debba essere la legge applicabile in un contratto che non la prevede espressamente, intendiamo in questo articolo soffermarci su una contromisura di recente introduzione che, se adottata dagli operatori giuridici d’impresa, può contribuire a dipanare l’incertezza in misura davvero interessante e, forse, definitiva.


2. Il contributo determinante della Camera di Commercio Internazionale (ICC)


Anche a causa di una politica nazionale di sostegno all’export superficiale, scoordinata e ridotta quasi esclusivamente a contributi sempre più esigui per la partecipazione a fiere, poche imprese sanno che la Camera di Commercio Internazionale (ICC) ha messo a punto non soltanto dei modelli di contratto concretamente utilizzabili, ma anche un sistema di norme che costituisce una seria ed affidabile “legge applicabile” al contratto, neutrale rispetto a quelle nazionali delle controparti.


Si tratta dei cosiddetti “Neutral Legal Standards”, che uniscono alle prassi più evolute di regolamentazione dei contratti internazionali (la cosiddetta “Lex Mercatoria” in continua evoluzione, a causa della crescente complessità e personalizzazione degli accordi inter-aziendali), i Principi Unidroit del commercio internazionale, codificati nell’ultima edizione del 2010 dall’omonimo Istituto (nota) .


Va sottolineato come tale quadro normativo innovativo può costituire “legge applicabile” al contratto internazionale se espressamente previsto nel medesimo e come, pur essendo tale regolamentazione stata studiata dalla ICC per i propri modelli di contratto, essa può essere anche richiamata su qualsiasi testo che scaturisca dall’autonomia contrattuale delle parti (principio riconosciuto peraltro a livello mondiale).


3. L’inserimento dei “Neutral Legal Standards” nei contratti commerciali


Potremmo dire, in pratica, che questo strumento funziona per la Legge applicabile come i famosi “Incoterms©” operano riguardo i termini di resa delle merci; stesso soggetto regolante (la ICC appunto), stessa modalità di previsione scritta nel testo fortemente consigliata, e stessa efficacia vincolante e imparziale a livello internazionale (nota) .


Il combinato disposto di “Lex Mercatoria più “Principi Unidroit” trova la propria sede ideale di applicazione nell’Arbitrato  piuttosto che nel Foro Competente di una delle nazioni in questione, o di un paese terzo.

È opportuno ricordare che prima della scelta della clausola arbitrale all’interno del contratto, la controparte italiana deve verificare l’adesione del paese della controparte alla Convenzione Internazionale di New York del 1958 sul riconoscimento e l’esecuzione dei Lodi arbitrali stranieri. L’elenco ufficiale, sempre aggiornato di tali nazioni aderenti, è consultabile nel sito:

http://www.uncitral.org/uncitral/en/uncitral_texts/arbitration/NYConvention_status.html


Quindi, anche a tale proposito, la ICC risolve un grande problema pratico per aziende quali soprattutto le PMI (italiane e non solo): spesso l’Arbitrato costituiva per esse la modalità per proporre una sede neutrale ed efficiente di risoluzione delle controversie, ma riguardo alla legge in base alla quale esso avrebbe dovuto svolgersi, subentrava di nuovo il problema della mancanza di conoscenza e quindi del rischio.


Basti pensare a quante negoziazioni contrattuali rallentano, se non si bloccano, a causa del problema della legge applicabile, per rendersi conto della portata di tale soluzione.


Prevedere nel contratto la clausola secondo la quale, in caso di dispute, è competente un Arbitro o un Collegio Arbitrale, che emetta il Lodo sulla base dei principi di “Lex Mercatoria” ed Unidroit come previsto dalla ICC, rende accessibile a tutte le imprese una giustizia certa (anche nei costi), rapida e neutrale (a dispetto della condizione dei Tribunali, specie quando si trovano a interpretare contratti commerciali complessi, in auge, purtroppo, specialmente in Italia).


Concludiamo osservando infatti come i contratti commerciali internazionali siano sempre più inquadrabili in tipologie atipiche e miste (basti pensare al frequentissimo contratto di Concessione di Vendita “Distributorship Agreement”, che nel business contemporaneo incorpora ormai almeno tre fattispecie giuridiche diverse quali compravendita, agenzia e franchising, ma spesso anche con profili di cessione di tecnologia o di prestazione di assistenza tecnica, o di tutela della proprietà intellettuale e industriale).
Ciò comporta una difficoltà sempre crescente nel regolamentarli sia da parte delle Leggi sia dei Tribunali nazionali, con esasperazione dei tempi, dei costi, e con conseguente deterioramento del business.


4. Conclusioni


Aver previsto una regolamentazione più completa, e più al passo con i tempi, dei diritti ed obblighi contrattuali con lo strumento sopra menzionato, significa dare al contratto l’opportunità di un impianto che previene il contenzioso prima ancora di eventualmente risolverlo, con in più il vantaggio (di non poco conto) di mantenere un buon clima di accordo e di armonia tra le parti.
Non ci stancheremo mai di ripetere che un contratto internazionale ben fatto è strumento di marketing prima ancora che essere una tutela del business.

 

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