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Management e marketing

Marketing strategico

03 Giugno 2011 • di Roberta Farinola

Neuromarketing: comunicare al vero decision maker

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Il nostro linguaggio è cambiato: si parla di “esperienza, intangibile, memorabile, imprevedibile, alla moda, tecnologico, status symbol, marca, emozioni”, ed è ovvio che chi produce per noi, e voglia vendere, debba investire nella stessa materia e, ancor più palese, debba parlare con lo stesso linguaggio. Il segreto delle aziende, pertanto, è quello di scoprire l’universo e il linguaggio di consumo dei suoi clienti, e riproporsi a questi attraverso lo stesso codice.
Il punto di partenza è la consapevolezza che i mercati e i consumatori sono notevolmente cambiati, le strategiche del marketing cominciano a mostrare i propri limiti, e per cui urge differenziarsi. Come?
Alcune aziende utilizzano il marketing polisensoriale, altre il marketing relazionale, altre il marketing laterale, ma la maggior parte si affida al marketing esperienziale, che cerca di creare un’esperienza indimenticabile intorno ad un processo di acquisto.

 

Cosa accade, e in che modo, nel consumatore a livello profondo e decisionale?

 

Il neuromarketing che offre una metodologia per apprendere ed usare l’unico linguaggio adatto per parlare al vero decision maker di ciascuno di noi, l’Old Brain. Il neuromarketing è una disciplina scientifica che sta sostituendo nelle tecniche delle grandi aziende i vecchi e costosissimi sondaggi e focus group utilizzati per indagare preventivamente le preferenze dei consumatori.
Secondo gli studi sul cervello umano del Bright House Institute for Science di Atlanta, in cui si sono sviluppati i primi studi di neuromarketing, il processo decisionale di acquisto risiede nel “cervello rettile” di ciascuno di noi. Tramite la risonanza magnetica, gruppi di consumatori vengono sottoposti a una fotografia tridimensionale del cervello e alla localizzazione delle attività, compresa quella del consumatore recondito, il cui campo d'azione sarebbe appunto nella corteccia prefrontale mediana, zona in cui “il cliente che è in noi” può essere influenzato dall’esterno. E’ qui che il nostro cervello dice la “verità” su quel che sente e reagisce (ma può anche essere indotto a farlo tramite stimoli specifici che vedremo in seguito) di fronte ad un prodotto e ancor più al suo logo.

 

Sulle basi del neuromarketing è nato il SalesBrain, unica azienda internazionale di neuromarketing che offre servizi di ricerca, coaching e training. L’azienda che ha il proprio quartier generale a San Francisco, California, e filiali e Milano, Parigi e Bruxell.
Tutti sanno che il cervello può essere diviso in due emisferi: il New Brain che “pensa” (il cervello razionale,ossia la corteccia celebrale, che elabora i dati razionali) e il Middle Brain che “sente” (quello che elabora le emozioni e i sentimenti profondi).
Le scoperte delle neuroscienze mostrano che, in aggiunta a questi due emisferi, esiste una parte più profonda, “il cervello rettile” o Old Brain che “decide”, ossia il cervello primitivo prende in considerazione l’apporto degli altri due cervelli, ma controlla il processo decisionale.

Il neuromarketing illustra tutta la metodologia da seguire per andare ad attivare l’Old Brain e, quindi, stimolarlo all’acquisto, attraverso degli stimoli unici e un processo profondo ed efficace. Gli stimoli sono:

  1. Contrast: reagisce ad un contrasto deciso
  2. Self–centered: reagisce per la sopravvivenza, la riproduzione e la sua sicurezza
  3. Concrete: è concreto e ricerca ciò che gli è familiare ed amichevole
  4. First & Last: ricorda l’inizio e la fine di qualunque interazione umana o avvenimento
  5. Visual: essendo il nervo ottico collegato al cervello primitivo, procura una connessione veloce all’Old Brain
  6. Emotion: reagisce fortemente alle emozioni che provocano una reazione biochimica nel nostro cervello.

 

Il neuromarketing ha tradotto i sei stimoli in quattro passi molto facili da seguire per lanciare un messaggio efficace e diverso dalla concorrenza e, quindi, attirare e convincere il consumatore:

  1. diagnosticare il PAIN (pain= dolore, ansia, frustrazione, tensione, stress) e costruire un messaggio che dimostri concretamente al proprio prospect come curarlo;
  2. differenziare i CLAIM (claim= affermazione di posizionamento) da quelli della concorrenza;
  3. dimostrare il GAIN (gain= guadagno) che la propria soluzione fornirà al prospect;
  4. inviare il MESSAGGIO all’Old Brain con forte impatto, tale da renderlo l’unico nella memoria.

 

Per inviare un messaggio d’impatto, il neuromarketing suggerisce di utilizzare un set di strumenti speciali che include sei blocchi costitutivi del messaggio e sette amplificatori.
I sei blocchi sono: i grabber, la big picture, i claim, le prove del gain, la gestione delle obiezioni e la chiusura; mentre gli amplificatori sono: l’utilizzo del TU, la propria credibilità, le emozioni, la varietà dei canali di apprendimento, meno = più.
Pertanto il neuromarketing, diversamente dalle precedenti strategie, ha scoperto la vera parte decisionale del cervello umano e offre una tecnica operativa ed infallibile per approcciarsi ad esso.
Esso, inoltre, chiarisce i miei dubbi perché spiega cosa avviene a livello decisionale nel momento dell’acquisto e, di conseguenza, come poter agire in questo processo in modo da differenziarsi dalla moltitudine.

 

 

 

DOI  10.4439/mm13 

 

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