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Normativa e adempimenti

02 Maggio 2011 • di Andrea Dili

L'imposizione Ires sulle cooperative agricole: aspetti controversi

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Il regime Ires delle società cooperative è stato oggetto nel corso dell’ultimo decennio di una serie d’interventi culminati nella riforma contenuta nella legge finanziaria 2005. Denominatore comune di tali provvedimenti è stato la ricerca di un maggiore gettito fiscale, obiettivo perseguito mediante la limitazione del campo di applicazione delle norme di carattere agevolativo dettate nei confronti delle società cooperative. I notevoli problemi applicativi causati dalla scarsa chiarezza di alcune delle nuove norme, e soprattutto dai continui interventi di prassi dell’Agenzia delle Entrate (talvolta contraddittori tra loro), rimangono ancora aperti, in particolare per quanto attiene alla determinazione del reddito imponibile Ires delle cooperative agricole. In tale fattispecie risulta evidente come i modelli proposti dall’Agenzia delle Entrate siano in palese contrasto con la lettera e con lo spirito della norma, lasciando più di un dubbio ai soggetti che ogni anno sono chiamati a cimentarsi con tale problematica. Occorre, dunque, analizzare il modello previsto dall’Agenzia, evidenziarne le contraddizioni e proporre un’alternativa che trovi il suo fondamento nel diritto tributario mediante l’applicazione di un modello matematico ad hoc

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Sommario

  1. Inquadramento normativo
  2. Esenzione Ires dei redditi conseguiti dalle cooperative agricole
  3. Considerazioni conclusive
  4. Cooperative della piccola pesca 

 

1. Inquadramento normativo

Analogamente alle altre categorie di società cooperative, anche le cooperative agricole possono beneficiare di più norme fiscali di carattere agevolativo che - schematicamente - si possono ordinare in due macro categorie:

  • norme contemplate per la generalità delle società cooperative;
  • norme prescritte a favore di specifiche tipologie di cooperative.

Sinteticamente, rientrano nella prima categoria:

  • l’art. 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904 (non imponibilità delle somme destinate a riserva indivisibile);
  • il comma 10 dell’art. 21 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (deducibilità delle imposte sui redditi calcolate sulle variazioni fiscali);
  • il comma 3 dell’art. 7 della legge 31 gennaio 1992, n. 59 (non imponibilità degli utili destinati a rivalutazione del capitale sociale entro i limiti Istat);
  • il comma 9 dell’art. 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59 (deducibilità del contributo sugli utili netti annuali destinato ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione).

La seconda categoria, invece, comprende essenzialmente le norme dettate dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 (dall’art. 10 all’art. 14): per quanto attiene alle cooperative agricole, dunque, occorre fare riferimento all’art. 10 di tale D.P.R..
L’applicazione delle disposizioni di carattere generale non presenta particolari problemi interpretativi connessi allo status di cooperativa agricola;: di conseguenza, è opportuno concentrarsi sull’esame dell’art. 10 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601.


2. Esenzione Ires dei redditi conseguiti dalle cooperative agricole

Preliminarmente all’analisi di detta norma è necessario individuarne l’ambito soggettivo di applicazione: secondo l’art. 111-septies Disp. Att. Cod. Civ. occorre fare riferimento a quanto previsto dall’art. 2135 del Codice Civile. In estrema sintesi, devono essere annoverati nella definizione di cooperativa agricola i soggetti che svolgono una delle seguenti attività:

  • coltivazione del fondo;
  • selvicoltura;
  • allevamento di animali;
  • attività connesse (nota) .

Il primo comma dell’art. 10 del D.P.R. n. 601/1973 tratteggia, unitamente all’art. 12 della legge 12 dicembre 1977 n. 904, il regime fiscale Ires riservato alle cooperative agricole e loro consorzi.
In buona sostanza, essa prescrive che i redditi prodotti dalle cooperative agricole sono esenti da Ires a condizione che essi siano conseguiti:

  • mediante l’allevamento di animali, con mangimi ottenuti per almeno un quarto dai terreni dei soci;
  • ovvero mediante la manipolazione, valorizzazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici e di animali conferiti prevalentemente dai soci.

Si nota, in analogia con altre norme di carattere agevolativo dettate nei confronti delle società cooperative, come il presupposto per la fruizione dei benefici fiscali trovi la sua ragione d’essere nel generale concetto di prevalenza dell’attività che la cooperativa svolge con i soci rispetto a quella realizzata con terzi, concetto fatto proprio dal legislatore della riforma del diritto societario e dallo stesso legislatore tributario che riserva alle cooperative a mutualità prevalente un trattamento fiscale di particolare favore. Si tratta di parametri analoghi a quelli di cui all’art. 2513 del codice civile che vanno a individuare la cosiddetta prevalenza mutualistica, sulla base del principio di fondo secondo il quale più viene realizzato lo scopo mutualistico più la cooperativa è meritevole di usufruire di un trattamento fiscale di vantaggio, in linea con il dettato dell’art. 45 della Costituzione. Non sfugge, dunque, il nesso con il concetto civilistico di “prevalenza”, che anche in questo caso assume rilevanza fiscale. In tal senso, è ragionevole presupporre che una cooperativa agricola rispetti le condizioni di cui al primo comma (nota) dell’art. 10 del D.P.R. n. 601/1973 ogni qual volta sussista la condizione di prevalenza mutualistica stabilita dal terzo comma dell’art. 2513 del Codice Civile, ovvero «quando la quantità o il valore dei prodotti conferiti dai soci è superiore al cinquanta per cento della quantità o del valore totale dei prodotti». A parere di chi scrive, la libera scelta tra parametro valore e parametro quantità deve essere consentita, di volta in volta, anche con riferimento alla sussistenza delle condizioni dettate dal primo comma dell’art. 10 del D.P.R. n. 601/1973.
Fatte queste premesse, diviene imperativo mettere in evidenza come l’efficacia originaria della disposizione in esame sia stata parzialmente limitata con l’emanazione del decreto legge n. 63/2002 (che ha disciplinato il cosiddetto “regime transitorio” d’imposizione sulle società cooperative) e, successivamente, dal comma 461 della legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005). Quest’ultima norma, infatti, prevede che «l’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni, non si applica limitatamente alla lettera a) del comma 460», ovvero limitatamente alla quota del 20% degli utili netti annuali delle cooperative agricole e loro consorzi. In altre parole, le cooperative agricole che soddisfano le condizioni di cui al primo comma dell’art. 10 del D.P.R. n. 601/1973 individuano il proprio reddito imponibile in una somma pari a una quota del 20% degli utili netti annuali.
In buona sostanza, dovrebbero rimanere esenti:
una quota pari all’80% dell’utile netto di esercizio, anche qualora esso venga integralmente destinato -  una volta effettuati gli accantonamenti obbligatori - alla remunerazione del capitale ovvero alla costituzione di riserve divisibili a favore dei soci finanziatori;
la quota di reddito derivante dalle variazioni fiscali nette operate in sede di redazione del modello unico.
Rimarrebbe, dunque, assoggettata a tassazione una quota pari al 20% degli utili netti annuali.
L’uso del condizionale è d’obbligo se confrontiamo quanto appena affermato con i modelli di comportamento (e di calcolo dell’Ires) proposti dall’Agenzia delle Entrate. A un’attenta lettura delle circolari dall’Agenzia delle Entrate n. 34/e del 2005 e n. 35/e del 2008, infatti, si rileva che per quanto riguarda le società cooperative agricole sembra essere sfuggito un problema di applicazione della norma di non secondaria importanza.
La citata circolare 34/e, infatti, sembra confermare quanto già evidenziato, ovvero: "Per effetto delle richiamata disposizione (comma 461, legge n. 311/2004), in sostanza, l’esenzione del reddito imponibile prevista dall’art. 10 del D.P.R. n. 601 del 1973 non si applica (alle cooperative agricole e della piccola pesca a mutualità prevalente) sulla quota di utili netti annuali di cui alla lettera a) del comma 460 (20 per cento), la quale deve essere in ogni caso assoggettata ad imposizione". In realtà, con il meccanismo di calcolo proposto dall’Agenzia delle Entrate e comunemente adottato dalle cooperative, tutto ciò non avviene. Nel seguente esempio, che riporta il metodo di calcolo seguito dall’Agenzia delle Entrate, la questione viene evidenziata: 


COOPERATIVA AGRICOLA CHE SODDISFA LE CONDIZIONI DI CUI AL COMMA PRIMO DELL’ART. 10 DEL D.P.R. N. 601/1973

RISULTATO ANTE IRES = 1.000
RIPRESE FISCALI (ESENTI DA IRES EX ART. 10 DPR 601) = 2.000
RISULTATO ANTE IRES = 1.000
ESENZIONE DA IRES (EX ART. 10 DPR 601) = (1.000 x 80%) = - 800
IMPONIBILE IRES STIMATO = 200
ALIQUOTA IRES = 27,5%
IRES DA STANZIARE IN BILANCIO = 55
UTILE AL NETTO DELLE IMPOSTE STIMATE = 1.000 – 55 = 945

MODELLO UNICO:
UTILE NETTO = 945
VARIAZIONE IN AUMENTO PER IRES = 55
VARIAZIONE IN AUMENTO PER RIPRESE FISCALI = 2.000
ESENZIONE DA IRES SU VARIAZIONI FISCALI (EX ART. 10 DPR 601) = - 2.000
ESENZIONE DA IRES SU 80% UTILE NETTO (EX ART. 10 DPR 601) =(945 x 80%) = - 756
VARIAZIONE IN DIMINUZIONE PER IMPOSTE SUI REDDITI (ART. 21, C. 10, L. 449/97) = (55 x 80%) = 44
IMPONIBILE IRES STIMATO = 200
ALIQUOTA IRES = 27,5%
IRES = 55

Dall’esempio proposto è di tutta evidenza che in realtà la cooperativa ha determinato la propria Ires di competenza su:
20% dell’utile netto di esercizio = 945 x 20% = 189,00
20% della variazione in aumento per ires (55 – 44) = 11,00

Se le variazioni in aumento rimangono comunque esenti per espressa previsione di legge, ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. 601 del 1973, non si comprende perché una quota parte dell’ires (20%), che rappresenta essa stessa una variazione in aumento (ai sensi dell’art. 99 del T.U.I.R.), debba essere sottoposta a tassazione determinando una penalizzazione di tali tipologie di cooperative che va oltre le limitazioni già imposte dal legislatore. In altre parole, facendo proprio il metodo suggerito dall’Agenzia delle Entrate viene a determinarsi un effetto “distorsivo”, che potrebbe essere meglio definito come “effetto imposte su imposte”.
Come si calcola, allora, l’Ires sulle cooperative agricole volendo rispettare le norme e le circolari dell’Agenzia delle Entrate?

A parere di chi scrive la questione si risolve facilmente mediante l’utilizzo di un semplice modello matematico. Si consideri, infatti, che quanto previsto dalle norme di legge può essere tradotto in un sistema matematico di due equazioni con due incognite (utile netto e Ires), ovvero:

UTILE NETTO (UN) = UTILE LORDO (UL) – IRES
IRES = (20% UTILE NETTO)* 27,5%


Sviluppando il sistema si ha:
UN = UL – (20%UN)*27,5%
UN = UL – 0,055*UN
UN + 0,055*UN = UL
UN (1 + 0,055) = UL
UN = UL / 1,055
IRES = (20% * (UL/1,055))* 27,5%
IRES = 0,055 * (UL/1,055)

Applicando il risultato ottenuto alla situazione proposta nell’esempio esaminato e partendo, quindi, da un utile lordo di 1.000 si ha:

RISULTATO ANTE IRES = 1.000
RIPRESE FISCALI (ESENTI DA IRES EX ART. 10 DPR 601) = 2.000
IRES = 0,055 *(1.000/1,055) = 52,1327
UTILE NETTO = 1.000 – 52,1327 = 947,8673

MODELLO UNICO
UTILE NETTO = 947,8673
VARIAZIONE IN AUMENTO PER RIPRESE FISCALI = 2.000
VARIAZIONE IN DIMINUZIONE ART. 10 DPR 601 (RIPRESE FISCALI) = – 2.000
VARIAZIONE IN DIMINUZIONE ART. 10 DPR 601 (80% UTILE NETTO) = – 758,2938
IMPONIBILE = 947,8673 + 2.000 – 2.000 – 758,2938 = 189,5735
IRES = 52,1327

In questo modo l’effetto imposte su imposte viene neutralizzato e la cooperativa agricola determina l’Ires su un imponibile pari al 20% dell’utile netto annuale, così come disposto dall’art. 10 del D.P.R. 601/73 nella limitazione posta dal comma 461 della legge 311/2004.


3. Considerazioni conclusive

La portata di tale norma rimane notevole, nonostante le viste limitazioni, soprattutto se raffrontata con le disposizioni di carattere agevolativo destinate alla generalità delle società cooperative: è di tutta evidenza, infatti, che mentre queste ultime limitano ordinariamente la loro efficacia alla quota parte di reddito imponibile derivante dall’utile netto annuale, l’art. 10 del D.P.R. n. 601/1973 prende in considerazione anche la quota parte di esso che trae origine dal differenziale delle variazioni fiscali. In tal senso, la convenienza ad usufruire di tale norma agevolativa sarà necessariamente proporzionale all’incidenza delle variazioni fiscali nette sul totale del reddito imponibile.
Ad esempio:

VARIAZIONI FISCALI NETTE = 1.000
UTILE NETTO = 100
ESENTI ART. 10 D.P.R. 601/73 = 1.000 + 80% DI 100 = 1.080
REDDITO IMPONIBILE = 20

VARIAZIONI FISCALI NETTE = 100
UTILE NETTO = 1.000
ESENTI ART. 10 D.P.R. 601/73 = 100 + 80% DI 1.000 = 800
REDDITO IMPONIBILE = 200

In conclusione, per procedere alla determinazione della base imponibile ires di una cooperativa agricola a mutualità prevalente occorre procedere nel modo seguente:
costruzione e verifica dei parametri di cui al primo comma dell’art. 10 del D.P.R. n. 601/1973;
in caso di verifica positiva il reddito imponibile è pari al 20% dell’utile netto annuale;
in caso di verifica negativa il reddito imponibile deve essere determinato secondo le regole dettate per la generalità delle società cooperative, con particolare attenzione all’applicazione dell’art. 12 della legge n. 904/1977.


4. Cooperative della piccola pesca

Le stesse considerazioni svolte in merito alle cooperative agricole possono trovare applicazione, ai sensi del secondo comma dell’art. 10 del D.P.R. n. 601/1973 alle cooperative della piccola pesca e ai loro consorzi. Esse, infatti, determinano l’Ires secondo il medesimo procedimento previsto per le cooperative agricole, individuando generalmente la propria base imponibile nella misura del 20% dell’utile netto annuale.
Contrariamente alle cooperative agricole, che per usufruire della parziale esenzione da Ires prevista dal primo comma dell’art. 10 del D.P.R. n. 601/1973 devono necessariamente soddisfare determinati parametri gestionali, tutte le cooperative della piccola pesca che si qualificano a mutualità prevalente possono godere della medesima agevolazione.
Per quanto concerne l’ambito di applicazione soggettivo, è opportuno sottolineare che secondo la legge si definiscono cooperative della piccola pesca «quelle che esercitano professionalmente la pesca marittima con l’impiego esclusivo di navi assegnate alle categorie 3 e 4 di cui all’art. 8 del decreto del presidente della repubblica 2 ottobre 1968, n. 1639 o la pesca in acque interne». Le categorie 3 e 4 ineriscono alle navi che:
"per idoneità alla navigazione costiera e per dotazione di attrezzi da pesca, sono atte alla pesca costiera ravvicinata";
"per idoneità alla navigazione litoranea e per dotazione di attrezzi da pesca, sono atte alla pesca costiera locale".

 

DOI  10.4439/is1 

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