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Corporate finance

Struttura finanziaria

03 Giugno 2011 • di Giada Santoni

Le decisioni finanziarie delle PMI: un quadro di riferimento delle attività di supporto

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Un elemento di forte criticità nelle PMI risiede nell’approccio alle decisioni finanziarie, tema spesso affrontato in modo non programmatico e strategico. Ho cercato di definire le molte variabili che incidono, in positivo e in negativo, su un’efficace gestione finanziaria

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Sommario

  1. Le funzioni dell’area finanza
  2. La direzione finanziaria
  3. Pianificazione e controllo di gestione

 

1. Le funzioni dell’area finanza

La finanza d’impresa opera a supporto del business e della gestione operativa; sotto il profilo organizzativo si tratta di un’attività composita, ma nettamente caratterizzata.
In via prioritaria ed esclusiva competono al management finanziario le decisioni che attengono alla strategia finanziaria aziendale, che deve essere opportunamente supportata da un’oculata e realistica progettazione finanziaria del divenire dell’azienda.
Questa progettazione (espressa in diversi modi nel panorama delle varie aziende, ma sempre attuata dall’area finanziaria in collaborazione con le altre aree funzionali, tenuto conto degli specifici aspetti organizzativi delle singole aziende) assume carattere di pianificazione solo se è proiettata nel tempo con adeguati piani pluriennali, con la fissazione di traguardi di lungo periodo per gli sviluppi e per le mutazioni della struttura finanziaria.
Nell’ambito di una pianificazione finanziaria basata su una visione strategica della conduzione aziendale, l’area finanziaria ha il compito di provvedere all’elaborazione di progetti più dettagliati e più limitati nel tempo, dai quali deriverà, poi, l’esecuzione delle attività necessarie per la gestione del fattore capitale.
Si tratta di un complesso di atti amministrativi volti all’acquisizione di flussi finanziari esterni nella misura occorrente, perché sia assicurato l’equilibrio finanziario della gestione, nel contemporaneo rispetto dell’equilibrio economico.
Il secondo compito è svolto nei confronti dell’esterno, che presuppone un ruolo d’interfaccia con i finanziatori, con i mercati finanziari e assicurativi. Di questo si occupa la funzione di tesoreria.
Questa consiste innanzitutto nella raccolta dei capitali sul mercato del debito, dato un certo obiettivo di grado d’indebitamento (leverage), e naturalmente anche delle linee guida riguardo alla composizione dell’indebitamento.
La funzione di tesoreria, in senso lato, opera inoltre sul fronte della raccolta e della restituzione di capitale proprio nei confronti dei proprietari, e tratta poi aspetti che hanno connotazione più operativa, connessa ad attività con orizzonti anche più brevi, come la gestione di investimenti in liquidità e titoli.
Un'area della funzione di tesoreria allargata è rappresentata dalla gestione dei rischi aziendali, per quel che riguarda le operazioni di trasferimento dei rischi sui mercati non solo finanziari ma anche assicurativi. A tal proposito, si parla sempre di più di risk management integrato.
Un altro aspetto è quello riguardante le problematiche sollevate da Basilea 2 e ora da Basilea 3, cioè la comunicazione verso l’esterno dei dati concernenti lo stato di salute economico-finanziaria dell’azienda, vale a dire la comunicazione finanziaria.
Il controllo di gestione e la tesoreria sono due ruoli chiaramente complementari ed entrambi sono supportati o si traducono in processi di elaborazione e trasferimento di informazioni economico-finanziarie.
Il ciclo di flussi informativi interni all’impresa si svolge tra due soggetti che dialogano fra loro e che sono i business e la direzione amministrativo-finanziaria, due soggetti che, nel caso della piccola impresa, dialogano fra loro, spesso, nella mente dell'imprenditore che interpreta entrambi questi ruoli.
I processi di pianificazione e controllo partono dalla definizione delle linee di azione di medio - lungo periodo attraverso la pianificazione strategico - finanziaria e le scelte di struttura e di politica finanziaria (piano finanziario pluriennale) (nota) , per declinarsi poi nella programmazione di breve periodo (budget finanziario (nota) ) e ancora nel controllo finanziario della gestione o reporting (nota) .


2. La direzione finanziaria

Sussiste un secondo ambito nel quale si svolgono questi processi di elaborazione e comunicazione di informazioni e, in questo caso, l’interlocutore è la direzione finanziaria, che in un certo senso è il portavoce dell’impresa nei confronti del mercato dei finanziamenti, e i finanziatori esterni.
A questo punto l’azienda ha un flusso di informazioni attraverso le attività di comunicazione finanziaria e la gestione dei rapporti con gli investitori:

  • le informazioni consuntivate nei bilanci di esercizio, elaborate con le consuete tecniche di riclassificazione dei bilanci;
  • le informazioni prospettiche, rappresentate dai piani economico-finanziari, che sono indispensabili quando si chiede supporto per nuovi progetti di investimento;
  • i piani che servono essenzialmente per far capire com’è strutturato il meccanismo di creazione del valore da parte delle imprese, quali sono i fattori critici di successo, quali sono gli elementi che possono, con un andamento non previsto, compromettere il raggiungimento degli obiettivi che l’impresa si è data.

Questi fattori di crescita e di rischio vanno tenuti ben presenti. Poi naturalmente bisogna dimostrare di essere ben supportati come dotazione di capitale netto, quindi aver un grado di indebitamento equilibrato, e inoltre di avere in atto un sistema di controllo dei rischi.
Anche le informazioni sulla governance sono importanti, e devono rassicurare circa la stabilità e la correttezza dei rapporti tra controllo e gestione dell’impresa.
I finanziatori esterni ricevono questo tipo di messaggi. La cosa importante che occorre chiedersi è, in quale forma rispondono? Gli input informativi vengono a loro volta elaborati e la risposta è data da una certa percezione del rischio, che naturalmente sarà declinato in modo diverso secondo la forma di finanziamento che è richiesta (credito a breve, a medio e lungo termine, leasing, partecipazione al capitale di rischio, forme ibride di debito/capitale o con contenuto assicurativo).
In base alle regole con cui il rischio percepito viene apprezzato si arriverà a determinare il costo del capitale, che si traduce nelle condizioni di tasso sul credito e di rendimento soglia che sarà preteso dai proprietari per conferire capitale netto.
A questo punto è anche opportuno chiedersi: una buona gestione finanziaria, quali vantaggi e utilità genera per un’azienda?
Al riguardo dobbiamo fare un’analisi dei costi e dei benefici e lo facciamo distintamente per le due aree che abbiamo individuato all’interno della finanza d’impresa.
Iniziamo analizzando l’area della pianificazione e del controllo di gestione.

 


3. Pianificazione e controllo di gestione

L’azienda sostiene una serie di costi, soprattutto relativi al reclutamento di personale e di manager qualificati e ai sistemi informativi, distinguendo tra sistemi di base (gestionali integrati e controllo di gestione) e sistemi dedicati alla finanza, che servono per una buona comunicazione finanziaria, financial planning e l’ottimizzazione dell’aspetto fiscale. Un forte svantaggio deriva dal fatto che i processi strutturati di pianificazione e controllo di gestione legano le mani all’imprenditore, rendendo meno reattive e immediate le sue azioni.
A fronte di ciò, però, si hanno dei benefici, oltre ovviamente al rispetto degli obblighi normativi. Vi è la maggiore consapevolezza nel governo della performance dei risultati reddituali, degli equilibri finanziari, delle scelte di investimento che creano valore, nell'intraprendere correzioni di rotta tempestive prima che il problema si aggravi. Vi è poi lo sfruttamento di fonti di risparmio fiscale, che chiaramente incidono sul valore per i proprietari o per i finanziatori. L’altro beneficio è che senza un sistema di questo tipo è difficile fornire una corretta informazione ai finanziatori. La buona comunicazione quindi porta, attraverso il meccanismo che abbiamo prima richiamato, a un costo del capitale più basso e a una maggiore disponibilità di finanziamenti.
Un altro aspetto importante è che un’azienda stabile riduce anche il rischio di trovarsi in una situazione di insolvenza e questo rende più facile per queste imprese svilupparsi, convincere i fornitori, i clienti e i partner che essa sarà ancora sul mercato per lungo tempo; viceversa quando il rischio di fallimento è percepito come significativo e non trascurabile, diventa non soltanto difficile gestire i rapporti con le banche, ma anche con il mercato.
La funzione di tesoreria e di risk management ha una struttura di costo molto simile alla precedente perché è l'altra faccia di uno stesso ciclo di elaborazione di informazioni: le componenti sono ancora rappresentate dal personale e dai sistemi informativi, questi ultimi con funzioni molto specializzate.
Altre attività danno supporto alle scelte di gestione di equilibrio di tesoreria nel breve e brevissimo periodo (cash management).
Ci sono poi moduli dedicati alla gestione del rischio di cambio, alla composizione del debito, dei derivati, e delle coperture assicurative.
Tra i costi vanno inseriti anche quelli da sostenere per produrre report nel formato richiesto dai finanziatori esterni e per seguire la comunicazione finanziaria e in generale i rapporti con i finanziatori e gli investitori.
Tra i diversi benefici elenchiamo: il minor assorbimento di risorse in giacenze liquide; la miglior selezione delle forme con cui si raccoglie il capitale, quindi la possibilità di ottenere un costo più basso; la tutela dell’equilibrio fra entrate e uscite.
Si hanno più alternative, quindi, che aumentano la forza contrattuale nei confronti dei mercati finanziari; si può inoltre realizzare un più alto rendimento negli investimenti di tesoreria e anche una maggior capacità di controllare i rischi di cambio, tasso, liquidità, tutti aspetti molto apprezzati dai finanziatori che concedono credito alle imprese.
Considerando questa rosa molto ampia di benefici che un’impresa può ottenere facendo crescere la qualità della sua gestione finanziaria, ci si potrebbero aspettare progressi importanti su questo fronte.
Al contrario, com’è noto, da questo punto di vista, la situazione in Italia non è certamente ottimale, né paragonabile ai livelli di eccellenza raggiunti nell’organizzazione della produzione e nella funzione commerciale.
Per spiegare questo stato di cose, facciamo un rapido richiamo ad alcune delle cause e dei motivi che portano a uno sviluppo frenato della pianificazione finanziaria, specie nelle imprese di piccole e medie dimensioni.
Abbiamo visto che i costi sono soprattutto costi fissi: personale e sistemi informativi. Non sempre c’è la possibilità di assorbirli in modo economico date le dimensioni dell’impresa. E spesso c’è un problema di gap culturale e di mancanza di sintonia, perché la cultura delle nostre piccole e medie imprese ha un’impronta fortemente modellata dall’aspetto produttivo - commerciale.
Abbiamo già detto, in precedenza, che la finanza vincola le decisioni: un buon direttore finanziario non è sempre visto di buon occhio perché introduce in quello che è il naturale dinamismo dell’imprenditore nel crescere e nel progredire una serie di pensieri sgradevoli (un progetto affascinante può nascondere un cattivo affare, il futuro potrebbe non andare secondo le aspettative, l’impresa potrebbe chiudere).
Qualora un’azienda non abbia una finanza particolarmente sviluppata, potrebbe riuscire a rimediare giocando sulla flessibilità, sull’elasticità di adattamento, quindi riducendo le dimensioni dell’impresa, e i connessi fabbisogni di capitale con un’organizzazione in cui si ha una produzione distribuita fra più soggetti (modello prevalente nei distretti). Una parte del fabbisogno finanziario e dei rischi può così essere trasferita sui fornitori. C’è inoltre l’integrazione fra patrimonio personale e aziendale, che può essere giocata come elemento di garanzia.
In tal senso, si dovrebbero utilizzare forme di finanziamento facili da richiedere, per lo più a breve termine, che consentono una certa mobilità sia nell’aumentare l'utilizzo di credito sia nel ridurlo.
Qualora manchino incentivi adeguati all'affinamento della gestione finanziaria, ci sono spesso rilevanti problemi: abbiamo un frazionamento dei centri decisionali, dei soggetti che raccolgono il capitale e lo gestiscono (il contrario di quello che fanno i grandi gruppi che accentrano la funzione finanziaria all’interno di società di servizi di gruppo, per avere un unico punto di accesso con maggior forza contrattuale e professionalità).
Un altro problema potrebbe essere rappresentato dall’opacità informativa, che rappresenta l’alto costo delle informazioni, quindi un certo impoverimento che a volte si ha nei rapporti banca-impresa, un prezzo del credito poco sensibile al rischio e invece sensibile ad altri aspetti più appariscenti.

 
 DOI 10.4439/cf5

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