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Family business

Passaggio generazionale

08 Giugno 2011 • di Giuseppe Tosi

L’azienda familiare oggi. Una mia breve riflessione

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di Giuseppe Tosi, Direttore Generale Confindustria Fermo

 

L’83% delle PMI in Italia è controllato da un nucleo familiare, mentre 71 imprese delle 150 società prime per fatturato sono controllate da una famiglia, percentuale che sale al 68% se si prendono in esame le imprese con più di 50 dipendenti.
I numeri confermano che le imprese familiari costituiscono la struttura portante dell’economia italiana. Sono aziende che godono di un buon stato di salute in generale, si pensi a Paolo Zegna, Guido Barilla, Alessandro Benetton, Lionella Ligresti ecc.; vi sono molti 35-40enni impegnati nella gestione della società familiare. Anche se i padri restano nel ruolo di consiglieri, i giovani si sono assunti le loro responsabilità! Tutto questo dimostra che il modello familiare funziona!
 

Una ventina di anni fa l’impresa familiare era considerata obsoleta. Allora, all’imprenditore il sistema bancario chiedeva garanzie personali. Negli ultimi anni l’accesso ai mezzi finanziari è divenuto più facile, gli istituti di credito partecipano al rischio, le imprese hanno adottato sistemi di gestione moderni ed hanno avuto più libertà per svilupparsi e diventare grandi.
Oggi è entrato in crisi l’altro modello, quello delle public company.
I fallimenti e gli scandali delle grandi società statunitensi, al di là delle frodi e illegalità commesse dal mangement, hanno mostrato come la separazione tra proprietà e gestione possa provocare gravi problemi e rivelarsi un freno alla crescita. Un’azienda è familiare quando imprenditore e capitalista sono la stessa persona che ha la piena gestione. In questo tipo di impresa è assente qualsiasi conflitto di interesse tra proprietà e management e ciò crea valore per tutti.
Le imprese familiari crescono forse più lentamente ma sono più stabili, perché il loro orizzonte è più ampio, ragionano per generazioni, hanno una storia alle spalle e un futuro rappresentato da figli e nipoti.
Pur essendo un modello vincente, il passaggio del testimone da padre a figlio non è per nulla semplice!

 

In Italia solo il 30% delle aziende familiari arriva alla seconda generazione, circa il 10% alla terza e meno del 5% alla quarta. Come mai?
Una quota di fallimenti è fisiologica, perché ogni anno nascono e muoiono migliaia di imprese; inoltre nelle aziende familiari talvolta i figli non sono interessati all’attività paterna e per disaffezione vendono, oppure i contrasti tra i parenti bloccano tutto. In più nelle aziende neonate possono esistere carenze organizzative e di “governace” così gravi da risultare insuperabili.

Per evitare questi rischi occorre:

  • stabilire una pianificazione societaria (come distribuire le risorse, quanto investire in azienda, ecc.),
  • sottoscrivere regole e accordi per la compagine proprietaria (i cosiddetti patti di famiglia che possono stabilire la divisione delle quote prima che intervengono le regole ereditarie),
  • programmare la successione.

Non si tratta solo di scegliere la o le persone che subentreranno nella gestione aziendale.
Occorre programmare un percorso di studi e di esperienze formative. Si dice che l’azienda va ricomprata a ogni generazione! Quindi è indispensabile una preparazione imprenditoriale. L’erede va educato alla presa di decisione in un contesto rischioso, deve assumere responsabilità definite. Gli può essere affidato un settore o una filiale all’estero per vedere come se la cava. Magari sono aree non strategiche, ma l’autonomia data ai successori è importante, fa crescere.

 

I patti chiari in famiglia e un percorso formativo per gli eredi sono le condizioni necessarie ma non sufficienti. Tutto si gioca nel rapporto tra il capofamiglia e i figli. Il rapporto tra padre e figlio è affettivo e le imprese esigono razionalità. Ragione e sentimento quasi mai vanno d’accordo. Nelle aziende familiari, invece, devono convivere, senza che uno prevalga sull’altro.
I giovani devono avere entusiasmo, cambiare l’impresa, viverla come una cosa loro.
I padri devono capire che il cambiamento è necessario: è lo slancio che permette alle imprese di durare nel tempo.
 

  DOI  10.4439/fb8

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