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Comunicazione

02 Maggio 2011 • di Francesco Cardinali

La "Brand Image": quattro chiacchiere sull'immagine di marca

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La nostra cultura di massa si basa sul mercato e ogni brand ha una sua personalità che può portarlo al successo o all’anonimato. Ecco perché capire l’importanza della “brand image” è fondamentale per chi si occupa di marketing. E per chi vuole conquistare i consumatori.

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La pubblicità non è qualcosa di artistico o divertente, anche se spesso suscita emozioni e sorrisi. E non è neppure qualcosa che possa essere definito solamente come informazione commerciale, anche se spesso informa sull’esistenza e sulle caratteristiche di un certo brand/prodotto/servizio. Di sicuro la pubblicità, basti pensare all’enorme fatturato ascrivibile a questo settore, è qualcosa di molto serio. E di molto ragionato. Qualcosa che ogni impresa dovrebbe affrontare con la stessa meticolosa serietà con cui si affrontano tanti - e altrettanto importanti – aspetti della cultura d’impresa.Infatti, prima di manifestarsi agli occhi e alle menti dei consumatori, ogni messaggio pubblicitario ha già compiuto un suo “viaggio di formazione” attraverso ricerche di mercato, scelte creative e processi decisionali. Naturalmente, in base a una serie di variabili (tra le quali il budget a disposizione è la più evidente), questo viaggio può essere il giro del mondo o il giro dell’isolato, ma è un percorso inevitabile perché, oramai da qualche decennio, la nostra cultura di massa si basa sul mercato. Anzi, concretamente, la nostra cultura di massa è il mercato. E il mercato, inteso come sistema di relazioni significative connesse fra loro, è già un modo di comunicare; quindi ogni prodotto comunica solo per il fatto di esistere, cioè di essere messo in vendita e di dover cercare la sua strada per il successo (e per quello dell’azienda).
È questa ricerca di visibilità e successo - necessaria perché sistemica - a giustificare il lavoro degli uomini di marketing e dei pubblicitari che, sulla base di ricerche e metodologie più o meno complesse, elaborano la strategia d’immagine del prodotto. Eccoci al punto: l’immagine, parola usata e spesso abusata, senza però mai essere considerata in tutta la sua importanza. Immagine significa personalità e i prodotti, proprio come le persone, hanno una personalità che può portarli al successo o all’anonimato. Questa personalità si chiama brand image («immagine di marca») ed è uno dei concetti chiave nella comunicazione pubblicitaria, perché nella nostra società il valore simbolico, culturale, psicologico del prodotto è molto più importante delle sue qualità intrinseche. È spesso citato, per spiegare questo concetto, un semplice esperimento che fecero alcuni ricercatori della facoltà di Psicologia dell’University of California distribuendo acqua distillata agli studenti dell’ateneo. A un primo gruppo fu detto che era acqua distillata e fu chiesto di descriverne il sapore. A un secondo gruppo fu richiesta la medesima valutazione di gusto affermando preventivamente che si trattava di acqua del rubinetto. Naturalmente il primo gruppo rispose che l’acqua non aveva alcun sapore. La maggioranza del secondo gruppo, invece, trovò che l’acqua avesse un sapore disgustoso e, tra questi, molti sostennero che “sapeva di cloro”. Il solo fatto di aver nominato il rubinetto aveva condizionato la loro mente, rendendola incapace di un giudizio oggettivo. Questo è il potere della brand image.
Naturalmente le qualità intrinseche di un prodotto sono importanti ed è impossibile che un prodotto scadente possa resistere sul mercato grazie a una buona pubblicità. Ma i prodotti, nell’era della globalizzazione, sono tanti e per imporsi un prodotto deve avere la personalità, l’immagine giusta. A questo va poi aggiunto, come se non bastasse, che non è solo il mercato a essere sovraffollato di prodotti ma anche la mente del consumatore a essere sovraffollata di messaggi. Due celebri studiosi americani hanno metaforicamente ed efficacemente rappresentato la nostra mente (siamo tutti consumatori!) come una “spugna gocciolante”, capace di assorbire nuove informazioni solo a scapito di quelle che già la impregnano.
Sembra un paradosso, quindi, ma non lo è, nella nostra società capitalistica globalizzata il problema della comunicazione è la comunicazione stessa. Affermazione che in sostanza significa che la comunicazione è importante e, oggi più che mai, bisogna farla bene.
Il ruolo del professionista della comunicazione che lavora per l’azienda è quindi, in realtà, quello di essere una sorta di “ideologo della marca”. È lui che, proponendo le strategie e le diverse campagne pubblicitarie nel tempo, svolge il ruolo di costruire e talvolta correggere il carattere e la personalità del brand che si sedimenta nel consumatore. Perché le leggi cui obbedisce l’advertising sono, in fondo, ancora quelle del buon vecchio Aristotele. Cito da un manuale: «scopo della rappresentazione teatrale è quello di muovere gli uomini alle passioni e purificarle attraverso gli eventi». Che, tradotto nell’ottica strategica della comunicazione pubblicitaria, vuol dire: la rappresentazione del prodotto deve catturare la mente dello spettatore, rendendolo emotivamente coinvolto in valori morali, emotivi ed estetici legati alla marca, per poi risolversi felicemente nell’azione che è incarnata dal benefit, in altre parole nel beneficio che egli trae dal prodotto. È chiaro, poi, che il successo della “rappresentazione”, dipende dalla bontà delle idee che sono chiamate a trasmettere l’ideologia.
E, proprio per questi motivi, prima di concludere questa chiacchierata, è forse il caso di spendere qualche parola ancora sul rapporto fra mercato, brand image e consumi. Concretamente - analizzando cioè le case hystory di ogni brand di successo - il primo comandamento del mercato è molto semplice: il prodotto crea il bisogno, non viceversa. I bisogni di una società consumistica sono, infatti, come già rilevato, in massima parte psicologici, culturali e obbediscono a tutta una serie di regole sociali e comportamentali (sulle quali - ça va sans dire - fanno leva tutti i professionisti della comunicazione). Se con il termine cultura possiamo intendere la vasta esperienza collettiva e individuale, comprensiva di storia e valori, allora possiamo anche tranquillamente affermare che la scelta di un prodotto da parte del consumatore è quasi sempre culturale. Il mercato, insomma, è quel posto magico dove, come per incanto, i valori “culturali” si traformano in qualcosa di oggettivo, tangibile e ottenibile facendo il solo sforzo di pagare: il prodotto. Ecco perché, in definitiva, l’immagine di marca è così importante. 
 

 

DOI  10.4439/mm2

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