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30 Settembre 2019 • di Carlo Clementi

Innovazione: una capacità tutta da gestire

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 Negli ultimi anni l’innovazione è tornata ad essere uno degli argomenti più in auge nelle discussioni relative all’economia, alla politica, all’industria e al commercio. La recente ripresa dallo shock post recessione degli anni 2008-2011 ha generato una maggiore consapevolezza in merito all’imprescindibilità dell’innovazione per il progresso sociale e per la competitività aziendale. Tuttavia, discutere di innovazione non è mai semplice, per l’ampiezza dell’argomento, per la sua eterogeneità, e per l’immaterialità delle componenti che ne costituiscono il proprio fondamento. Nel presente articolo cercheremo di comprendere l’importanza dell’innovazione, di identificare cosa sia e da cosa sia composta, evidenziando le aree di riflessione atte a facilitarne l’evoluzione e favorirne il successo.

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Introduzione
Negli ultimi anni l’innovazione è tornata ad essere uno degli argomenti più in auge nelle discussioni relative all’economia, alla politica, all’industria e al commercio. La recente ripresa dallo shock post recessione degli anni 2008-2011 ha generato una maggiore consapevolezza in merito all’imprescindibilità dell’innovazione per il progresso sociale e per la competitività aziendale. Tuttavia, discutere di innovazione non è mai semplice, per l’ampiezza dell’argomento, per la sua eterogeneità, e per l’immaterialità delle componenti che ne costituiscono il proprio fondamento. Nel presente articolo cercheremo di comprendere l’importanza dell’innovazione, di identificare cosa sia e da cosa sia composta, evidenziando le aree di riflessione atte a facilitarne l’evoluzione e favorirne il successo.

Il perché dell’innovazione
Una delle lezioni apprese dalla recente crisi economica è relativa alla capacità dell’innovazione di contribuire alla ripresa industriale e allo sviluppo economico nazionale, facilitando la costituzione di vantaggi competitivi per le aziende e conseguentemente un loro migliore posizionamento sul mercato. L’imprescindibilità dell’innovazione si riscontra quando si affrontano temi come la creazione di valore per il cliente, la crescita occupazionale, la maggiore efficacia o efficienza di nuove proposte commerciali, o l’avanzamento culturale e sociale di una collettività. Paesi come gli Stati Uniti, il Giappone, la Cina, la Corea del Sud e la Germania hanno da sempre supportato il rafforzamento competitivo della propria struttura economica mediante politiche stabili a favore dell’innovazione. Oggi, il bisogno di innovazione non è mai stato così presente a qualsiasi livello dell’economia e della società, rendendo tale competenza la misura dell’importanza relativa di una nazione. Di questa tendenza ne sono buona testimonianza varie attività a livello europeo, ad esempio la definizione di un indice per calcolare il livello di innovazione, l’approntamento di report annuali per misurare, valutare e controllare i Paesi aderenti, oltre alla stesura di linee programmatiche per una strategia di innovazione proposte dall’OECD. Nei Paesi evoluti l’innovazione pervade l’intera sfera socioeconomica, declinandosi nella capacità di facilitare nuovi scenari di opportunità per le proprie popolazioni, promuoverne l’impiego e la realizzazione professionale, consentire condizioni favorevoli allo sviluppo delle proprie aziende, facilitare e sostenere la cultura imprenditoriale, semplificare il carico burocratico improduttivo, incentivare e proteggere il capitale d’impresa, promuovere e facilitare all’adozione di nuove tecnologie.

Pertanto, cosa è l’innovazione
L’innovazione rappresenta un tema complesso e dinamico, dove non esiste un singolo quadro concettuale per definire un fenomeno valido per ogni realtà aziendale. La scarsa letteratura accademica al riguardo è una dimostrazione evidente di tale difficoltà. Malgrado queste complessità, riteniamo che la modellizzazione di alcuni aspetti dell’innovazione possa contribuire a far emergere degli elementi di interesse.
Un primo aspetto, che aiuta a fugare interpretazioni spesso improprie quando si affronta la tematica dell’innovazione, è costituito dalla distinzione tra invenzione e innovazione. Per quanto concerne l’invenzione, questa è definibile come la prima manifestazione di una idea, la concretizzazione di un prodotto, di un servizio o di un processo a seguito di un percorso tecnologico o creativo. Questo consente lo sviluppo di modalità atte a cogliere delle opportunità, o soluzioni, funzionali alla risoluzione dei problemi del cliente. Differentemente, l’innovazione è il processo per generare e portare l’invenzione al mercato, ossia per rendere quest’ultima realizzabile e sostenibile per l’azienda, oltre ad essere considerata valida e interessante per il cliente.
Si può pertanto definire l’innovazione il risultato composto di due distinte competenze di processo, la prima collegata all’invenzione, ossia relativa alla scoperta della novità, mentre la seconda è legata alla capacità di diffonderla commercialmente, ovvero di interessare il mercato e di generare valore per il cliente.

INNOVAZIONE = Processo (Invenzione + Diffusione Commerciale)

In altri termini, l’innovazione rappresenta un processo, o una serie di attività svolte in modo sistemico da soggetti, che forniscono servizi e competenze ad elevato contenuto conoscitivo, all’interno di una rete di interrelazioni, le quali ne costituiscono il tessuto organizzativo, e che coinvolgono individui, aziende, istituzioni, beni, conoscenze e infrastrutture.
Secondo una concezione classica, J.A.Shumpeter (1934) definisce il concetto di “nuove combinazioni” identificando cinque aree di sviluppo per le attività di innovazione :
Nuovo prodotto/servizio: il processo di innovazione si focalizza nell’introdurre un nuovo prodotto o servizio non ancora presente sul mercato che potrà incontrare il favore dei clienti in quanto finalizzato ad assolvere una funzione, o soddisfare un bisogno, non ancora trattato da altri;
Nuovo processo di produzione: il processo di innovazione permette di sviluppare un nuovo metodo di produzione che consente una migliore produttività a parità di risorse, una diminuzione dei costi per unità di prodotto o l’adozione di nuovi fattori di produzione;
Nuovi mercati: il processo di innovazione consente modalità per poter espandere la commercializzazione dei prodotti/servizi in nuovi mercati geografici o aree di impiego differenti;
Nuovi inputs: il processo di innovazione consente l’impiego di nuovi input da nuove fonti, tali da migliorare le caratteristiche economiche e qualitative dell’offerta;
Nuova forma di mercato: il processo di innovazione tramite la creazione di un vantaggio competitivo e di barriere alla concorrenza permette all’azienda di beneficiare di una posizione dominante sul mercato tale da coglierne i benefici in termini di ricavi e marginalità.
Tale concezione, se contribuisce a identificare aree di potenziale innovazione, non aiuta ad individuare le sue fonti, o coordinare l’interrelazione funzionale richiesta internamente all’azienda, per la costituzione di team, o esternamente ad essa, per la partecipazione a network di ricerca e sviluppo o commerciali.
Nei fatti, l’innovazione risulta essere una competenza immateriale basata sulla gestione ed impiego della conoscenza, e come tale deve essere strutturata e gestita al fine di coniugare in modo integrato ed armonico aspetti tecnici, di mercato, di organizzazione e di competenza, allineandoli alla visione strategica dell’azienda e alla evoluzione dei mercati di riferimento. A questa considerazione si aggiunge che, nel processo di innovazione, le attività di invenzione e quelle di diffusione commerciale risultano essere complementari. Qualora queste non siano gestite in equilibrio, ma si tenda a dimensionare l’una contenendo le esigenze dell’altra, si generano degli stati operativi disfunzionali per l’azienda. La storia dell’innovazione fornisce ampia letteratura al riguardo. Un esempio è rappresentato dalla Nokia, la quale fu la prima azienda di apparecchiature telefoniche a creare un network mobile alla fine degli anni 90 ma, invece di comprendere come il traffico dati sarebbe divenuto la nuova frontiera della comunicazione, continuò a focalizzare la propria attenzione nel perfezionamento del proprio hardware. La complessità del processo d’innovazione non ha risparmiato neanche i più grandi. Un ulteriore esempio è infatti rappresentato dai Google Glass. In questo caso, la mancanza di segmentazione d’impiego, un basso beneficio marginale per il consumatore, un prezzo non allineato, un lancio incerto, problemi di hardware e di capacità produttiva, una inadeguatezza della campagna di marketing nel gestire le aspettative dei clienti, hanno decretato l’insuccesso commerciale di questa innovazione.
Il rischio di disequilibrio è anche dovuto alla contrastante combinazione di competenze e attività che compongono il processo di innovazione (Tab.1). Tale aspetto risulta più accentuato nelle PMI, dove le differenti competenze, che alimentano i processi di invenzione e di commercializzazione, sono spesso richieste alla stessa componente organizzativa. Per tale ragione, qualora gli aspetti immateriali non siano opportunamente gestiti, possono dar luogo a decisioni, attività e obiettivi contrastanti. Si pensi infatti all’attività di esplorazione e ricerca di una invenzione, caratterizzata da un approccio divergente finalizzato a trovare la migliore soluzione, mentre la diffusione commerciale è generalmente caratterizzata da un approccio convergente e strutturato, ossia centrato sulle specifiche aspettative o bisogni di un gruppo di clienti.

Un ulteriore aspetto che caratterizza l’innovazione è relativo al processo di creazione di nuova conoscenza, sia per le attività di invenzione sia per quelle di diffusione commerciale. Tale processo rappresenta un fenomeno sistemico, in quanto basato su l’interazione di vari attori, cumulativo, poiché dipendente dall’insieme delle decisioni passate, e parzialmente tacito, dato che la competenza risulta integrata all’interno del lavoro degli addetti e delle pratiche organizzative. Questo porta ad affermare che la conoscenza è una risorsa condivisa tra persone, strutture e routine, e per tale caratteristica risulta essere dipendente dal fattore spazio, divenendo pertanto non facilmente sostituibile o trasferibile geograficamente. In tale ambito rientrano alcune rilevanti considerazioni circa lo sviluppo dei clusters per l’innovazione, implicazioni per la sopravvivenza dei distretti specialistici, ma anche di nuove opportunità per i network internazionali di innovazione. In tali ambiti, la disponibilità locale (fisica o virtuale) di risorse immateriali legate a conoscenze e capacità specifiche, unite a competenze di digitali, costituisce il presupposto ideale per poter beneficiare di condizioni di rapida creazione, accumulazione e appropriazione di competenza attraverso un processo collaborativo “glocale”.
Tali aspetti rendono evidente l’importanza di gestire in modo organico il processo di innovazione, ossia secondo modalità di gestione che consentano integrazione e coordinamento tra risorse materiali e quelle immateriali, al fine di consentire un corretto sviluppo organizzativo.

Considerazioni relative all’innovazione
Centrale nel sistema dell’innovazione è che l’idea stessa di innovazione sia vista come un processo evolutivo e interattivo non lineare, il quale richiede una intensa attività di interrelazione tra attori differenti come fornitori, clienti, concorrenti ed altre organizzazioni come università, centri di ricerca, istituti di formazione, istituzioni finanziarie, enti normativi e associazioni di categoria. Vari studi evidenziano che la creazione e l’impiego della conoscenza, alla base del processo di innovazione, sono dipendenti dalla frequenza e dalla densità dell’interazione aziendale con fonti esterne, oltre alla predisposizione organizzativa a recepire nuove forme di conoscenza. La capacità di generare innovazione si fonda sull’abilità aziendale di ricombinare la propria base conoscitiva, sviluppando nuove applicazioni o intuendo nuove opportunità o paradigmi dal confronto con fonti esterne. In questo processo la struttura organizzativa, le competenze interne e la predisposizione a considerare attività di scambio e di trasferimento della conoscenza sono fondamentali nello sviluppo dell’innovazione, specie per le PMI. Queste ultime risultano dotate di evolute competenze di carattere tecnico-produttivo, ma deficitarie di particolari risorse immateriali o finanziarie per intraprendere, e portare a compimento, un intero processo di innovazione in autonomia. Per tale ragione le PMI sono il target ideale di attività informative e formative riguardanti l’innovazione, con l’obiettivo di sviluppare al loro interno competenze, ulteriori e differenti, per la gestione di alleanze o di network relazionali, ma anche per meccanismi di apprendimento organizzativo e di sviluppo conoscitivo. Espressioni di questa crescente esigenza finalizzata ad una migliore gestione dell’innovazione in settori ad alta intensità di conoscenza sono molteplici. In tale ambito trova applicazione il modello organizzativo adhocratico (H.Mintzberg, 1979) caratterizzato dall’expertise specialistico dei partecipanti, organizzato in team di progetto focalizzati e flessibili, capace di un rapido adeguamento ai cambiamenti sia di mercato sia delle conoscenze, e competente nell’integrare nuova conoscenza per generare soluzioni innovative. Tale tipologia di azienda è tipica delle realtà altamente dinamiche come ad esempio quelle che operano nella Silicon Valley. A questo modello si contrappone la J-firm (M.Aoki, 1988) dove la conoscenza è residente all’interno delle procedure operative, nel sistema relazionale dei team, e nella cultura aziendale condivisa. In tale contesto la creazione della conoscenza prende avvio e si sviluppa all’interno della comunità organizzativa aziendale, integrando gli aspetti di evoluzione dalla attitudine culturale al miglioramento continuo. Tale modello, sebbene sia divenuto il riferimento per politiche di miglioramento della qualità nei settori a tecnologia matura, come l’automotive e l’elettronica, ha mostrato il proprio limite nel processo di innovazione a causa della rigidità di integrare aspetti conoscitivi ed evolutivi dall’esterno, quando non allineabili con le componenti tacite della cultura aziendale. Evidenza di ciò è data dalle modeste performance generate in settori in cui il cambiamento non è progressivo ma avviene in modo discreto, come nel software e nelle biotecnologie.
Il processo di rinnovamento e di innovazione aziendale, secondo l’approccio strategico (R.M.Grant, 1991) è legato all’acquisizione e alla riconfigurazione di risorse. Tuttavia, queste risorse autonomamente non rappresentano un fattore competitivo per l’azienda fino al momento in cui, tramite un processo di apprendimento e maturazione, l’azienda non le trasformi in competenze interne, immateriali ed imprescindibili da essa stessa. Un fattore di rigidità al cambiamento e al progresso conoscitivo è rappresentato dalla prospettiva istituzionale, dove le strutture organizzative, in quanto socialmente basate su valori, norme, interessi, e schemi cognitivi rappresentano esse stesse il primo vincolo al cambiamento, all’evoluzione delle proprie competenze e in definitiva ad un processo di innovazione che si discosti da quanto organizzativamente esistente e condiviso. Riportando queste considerazioni ad un conteso evolutivo, il processo di cambiamento e di innovazione tende con più probabilità a manifestarsi in forma incrementale nelle realtà esistenti o operanti in settori a tecnologia matura. Evidenze empiriche confermano l’orientamento da parte delle aziende mature di ricercare nuove conoscenze e pratiche in aree di competenza limitrofe alla propria “comfort-zone”, determinando in tal modo un cambiamento progressivo e incrementale. Differentemente, le strutture organizzative di nuova costituzione beneficiano di una architettura organizzativo-relazionale che consente un approccio più dinamico, aperto, condiviso e capace di trarre pieno beneficio da cambiamenti radicali provenienti dalla tecnologia o dal mercato.
Appare evidente tuttavia che, sia nell’approccio incrementale all’innovazione sia nell’approccio più dinamico, il valore generabile è funzione della capacità di integrare la conoscenza acquisita esternamente, mediante attività di cooperazione con entità e istituzioni pubbliche e private, e rielaborala internamente. Sondaggi condotti direttamente sul management di aziende altamente innovative riguardo alle fonti di innovazione evidenziano un ampio impiego di partenariati e collaborazioni, sottolineando il carattere relazionale dell’innovazione, mentre solo una ridotta minoranza fa uso esclusivo di risorse R&D interne. La prova di un approccio più articolato, e quindi meno centrato sulle sole attività di R&D aziendali, è confermata dalla dimensione contenuta degli investimenti per ricerca e sviluppo rilevabile dai bilanci delle aziende più innovative a livello globale.
L’aspetto relazionale e collaborativo alla base del processo di innovazione attribuisce importanza non solo alla prossimità spaziale, ma anche alla frequenza e alla elevata accessibilità di relazione, a tutto vantaggio delle reti aperte. Va evidenziato che il tipo di attività o i processi richiesti per una corretta gestione del network sono generalmente determinati da due fattori caratteristici; lo stato di sviluppo dell’invenzione e la natura del partner di riferimento. Studi di mercato mostrano una tendenza delle PMI a limitare forme di partenariato esterno con l’intento di mantenere internamente il pieno controllo in alcune aree conoscitive o nelle tecnologie strategiche per il processo di invenzione. Per queste aziende, un percorso di collaborazione pubblica o istituzionale è ritenuto preferibile durante le fasi iniziali della ricerca, poiché esse si ritengono maggiormente tutelate dal rischio di trasferire informazioni sensibili alla concorrenza. Tuttavia, un simile approccio rende meno evidenti i vantaggi per il processo complementare di diffusione commerciale. Contrariamente, una gestione centralizzata delle attività di R&D può costituire un vantaggio per le imprese multinazionali, poiché ripartiranno i costi spesso ragguardevoli di queste strutture tra le varie unità operative internazionali.
Di natura differente è invece l’approccio delle PMI nei confronti del processo di diffusione commerciale dell’innovazione, dove le fonti di collaborazione esterne sono viste essenziali per guadagnare l’accreditamento in mercati o in nuovi canali commerciali. In tali contesti, le alleanze o i network offrono assistenza per comprendere e ricevere informazioni provenienti dal mercato, identificare supporti e assistenza di natura tecnica, individuare richieste e aspettative della clientela, e rafforzare il vantaggio competitivo. Va da sé che le competenze richieste per gestire un network relazionale in modo strutturato siano varie e diverse rispetto a quelle richieste per l’invenzione, richiedendo abilità nella individuazione e selezione dei propri partners, competenze nella creazione, scambio e apprendimento di nuove conoscenze, e supporto al processo di collaborazione e coordinazione reciproca.
Malgrado gli innumerevoli vantaggi, un network esterno da solo non è sofficiente a sostenere un percorso di innovazione, ma occorre una corretta gestione delle relazioni e dello scambio informativo. Ciò evidenzia l’importanza di una comunicazione ben integrata alla strategia aziendale e resa operativamente coordinata all’interno di un robusto sistema informativo aziendale. L’ausilio di un sistema informativo ben integrato rappresenta una risorsa fondamentale a supporto del processo di innovazione, in quanto esso è funzionale alla comunicazione, a svolgere le attività di integrazione e condivisione della conoscenza, ad armonizzare i flussi fisici e di dati, ma anche a conformare l’organizzazione ad una logica di servizio integrata e coordinata. Un aspetto di assoluto rilievo, spesso sottovalutato rispetto al fattore tecnico, è costituito dalla capacità dei sistemi informativi di fornire consistenza prescrittiva al flusso dati, ossia le regole procedurali derivate dalla definizione dei processi organizzativi assurgono al ruolo di garante dei processi stessi e certificano la correttezza del dato. Inoltre, questi definiscono la consistenza relazionale dell’azienda, in quanto intervengono su aspetti di comportamento organizzativo con implicazioni sulla cultura, motivazione, valori e tradizioni.

Innovazione: tra concetto di servizio e risorse immateriali
In un contesto di mercato particolarmente dinamico quale quello attuale, caratterizzato da attività di innovazione complesse e articolate, la “logica di servizio dominante” (Vargo e Lusch, 2004) offre un cambio di prospettiva particolarmente interessante per le aziende che desiderano adottare un approccio multifunzionale e integrato. La capacità operativa aziendale nel generare valore e promuovere la crescita è frutto dell’impiego di risorse immateriali, come la conoscenza e la competenza, che devono essere sviluppate e coordinate in modo sistemico, all’interno di una struttura organizzativa preparata dal punto di vista relazionale, allineata nei propri processi di servizio al cliente, e capace di favorire ruoli di co-creazione e co-produzione. Questa cornice trova il proprio compimento nel concetto di servizio aziendale (G.Clark et al., 2002), con l’individuazione delle aspettative dei clienti, del modo in cui queste possono essere soddisfatte, di come l’azienda intende organizzarsi per raggiungere meglio tali bisogni, essere adeguatamente remunerata e realizzare il proprio profitto. In tale contesto risulta importante considerare l’innovazione, il modello di business e la strategia come dimensioni complementari ed essenziali di uno stesso fenomeno (D.J.Teece, 2010), e per le quali l’azienda deve necessariamente prepararsi. L’evoluzione tecnologica ha comportato da una parte, una democratizzazione dell’informazione funzionale alla valutazione delle soluzioni possibili, dall’altra, l’abbattimento del costo di analisi delle stesse. Ciò ha reso l’operatività aziendale oggetto di una costante attività di revisione e adeguamento al fine di migliorare la proposta di valore a clienti sempre più informati e consapevoli. Pertanto, nella definizione e l’implementazione del processo innovativo appare indispensabile definire correttamente l’allineamento, il coordinamento, la collaborazione e l’integrazione dei rapporti relazionali, comunicativi, decisionali, di apporto di risorse tra la direzione strategica dell’azienda, la strutturazione del modello di business e la natura dell’innovazione. Per tale ragione, nelle PMI, dove tendono a prevalere atteggiamenti “supply-side” a favore degli aspetti tecnici e tecnologici legati al prodotto o alla produzione, con minore attenzione ad architetture commerciali più mirate ed attuali, l’adozione di un approccio olistico al servizio contribuisce a migliorare sostanzialmente il successo dell’attività di innovazione lungo tre dimensioni strategiche:

• La dimensione integrativa opera per consentire unità di intenti tra le differenti attività e processi relativi al progetto di innovazione. Questa permette all’organizzazione di essere in linea con gli aspetti di cultura organizzativa che sostanziano la visione e la mission aziendale.
• La dimensione coordinativa considera il contesto e le attitudini delle parti coinvolte nel processo, cosi da renderlo armonico ed in linea con le aspettative dei clienti. Questa ha l’obiettivo di allineare attività, ruoli, risorse e funzioni e le loro relazioni all’interno dei processi aziendali per consentire un risultato robusto e coerente.
• La dimensione cooperativa agisce come strumento per migliorare l’integrazione e l’organizzazione mediante autoapprendimento, oltre a generare le premesse per attività incrementali e rafforzare le proposte sui mercati. Questa permette di gestire la variabilità dei fenomeni con efficacia ed efficienza, adeguando i processi e le attività alla complessità ambientale.

In conclusione, ciò che è rilevante comprendere del processo di innovazione, in termini di profittabilità, sviluppo, investimento e occupazione è dato dal fatto che la sola invenzione non è sufficiente per giungere al successo, specie se questa non dovesse risultare allineata all’orientamento strategico o all’architettura impiegata per la diffusione commerciale. La risposta adeguata alla creazione di un vantaggio competitivo sostenibile per le aziende, capace di produrre profitti di media più elevati, si estende doverosamente al necessario complemento organizzativo-commerciale e ad un robusto modello di business. Questi aspetti richiedono che l’azienda abbia capacità di disegnare una architettura di servizio per creare e fornire valore al cliente, di darne un corretto orientamento strategico e gestionale, all’interno di un ambiente caratterizzato da aspettative mutevoli e traiettorie tecnologiche discontinue. Tali ragioni riducono la convenienza dell’azienda ad affrontare in modo autonomo gli investimenti ed i rischi conseguenti l’intero processo di innovazione, rafforzando in alternativa l’interesse alla partecipazione in sistemi di alleanze e gestione dei network i quali implicano un differente grado di consapevolezza e di capacità di gestione delle relazioni e delle risorse immateriali.
 

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