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Pianificazione fiscale e societaria

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30 Novembre 2011 • di Luca Del Federico

Illegittimità dell’avviso di accertamento notificato prima dei sessanta giorni prescritti dallo statuto del contribuente

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L’atto di accertamento può dirsi legittimamente emanato solo se posto in essere dopo il termine di sessanta giorni dalla notifica del processo verbale di constatazione previsto dal comma 7 dell’art. 12 dello Statuto del contribuente (Legge n. 212/2000). Tale norma attribuisce, infatti, al contribuente il diritto di comunicare all’Ufficio accertatore osservazioni in merito alla verifica svolta entro il termine di 60 giorni dalla notifica del verbale di constatazione e pertanto l’atto di accertamento, emesso in violazione di tale diritto soggettivo, comporta la nullità del medesimo. Lo Statuto del contribuente contiene delle espresse garanzie per il contribuente sottoposto a verifiche fiscali, assurgendo a testo normativo contenente la codifica dei diritti vantati dallo stesso nell’ambito delle procedure impositive. In particolare, l’art. 12 fissa dei precisi limiti all’attività accertatrice degli Uffici disponendo al comma 7 un’ulteriore garanzia che si tramuta nella possibilità per il contribuente, nei cui confronti siano stati eseguiti accessi, ispezioni e verifiche, di comunicare all’Amministrazione entro sessanta giorni osservazioni e richieste, che dovranno essere valutate da quest’ultima, in ordine ai dati ed elementi su cui si fonderà l’accertamento.
L’accertamento, pertanto, non può essere emesso prima della scadenza di detto termine, fatta eccezione per l’insorgere di particolari urgenze che comunque dovranno essere indicate nell’atto e adeguatamente motivate e non possono essere collegate alla scadenza del termine di prescrizione dell’annualità oggetto di accertamento.
 

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Sommario

  1. Diritti del contribuente post rilascio copia processo verbale
  2. Le posizioni dell’Agenzia delle entrate
  3. Orientamenti delle Commissioni tributarie
  4. La sentenza 18906 della Corte di Cassazione

  

1. Diritti del contribuente post rilascio copia processo verbale

Il settimo comma dell'art. 12 della Legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente) stabilisce che:

  • dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di verifica e controllo, il contribuente può comunicare - entro sessanta giorni - osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori;
  • l'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.

La norma si rende operativa in tutti i casi in cui congiuntamente l’ufficio proceda tramite avviso di accertamento e quest’ultimo risulti preceduto da un verbale degli organi accertatori. Si prevede, quindi, espressamente un termine dilatorio (sessanta giorni) per permettere al soggetto interessato (contribuente) la possibilità di esercitare il proprio diritto di difendersi ancor prima della fase del contenzioso tributario e ciò al fine di cercare di evitare l’instaurarsi per l’appunto di quest’ultimo.
Il termine dei sessanta giorni si deve considerare decorrente dal giorno in cui effettivamente è consegnato al contribuente il processo verbale che sancisce la chiusura delle operazioni di controllo (la Guardia di Finanza e l’Amministrazione finanziaria procedono sempre alla redazione di un processo verbale attestante le risultanze dei riscontri operati, anche nelle situazioni di verifica della documentazione presso la propria sede).
La norma, nel consentire al contribuente di comunicare osservazioni che altrimenti gli uffici impositori non sarebbero in grado di conoscere, pone gli uffici finanziari nella condizione di emettere atti di accertamento ben ponderati, e, quindi meglio motivati e conseguentemente più difendibili in sede contenziosa. Il periodo di sessanta giorni consente poi al contribuente anche di chiedere all’ente accertatore la definizione in via amministrativa della verifica fiscale effettuata mediante un’istanza di accertamento con adesione ai sensi anche del nuovo art. 5-bis del D.Lgs. n. 218/1997.
La disposizione citata dispone che il contribuente può prestare acquiescenza integrale ai rilievi mossi dai verificatori, nel senso che è previsto che l’istituto deve avere a oggetto "esclusivamente il contenuto integrale del verbale di constatazione".
Si tratta, quindi, di un istituto che riecheggia in qualche modo quello dell’acquiescenza disciplinato dall'art. 15 del D.Lgs. n. 218/1997, il quale stabilisce determinati effetti premiali se il contribuente rinuncia a impugnare l'avviso di accertamento, accettando in toto la pretesa impositiva dell'Ufficio. Nel caso del nuovo istituto dell'adesione ai verbali di constatazione, è previsto che il contribuente deve manifestare l'accettazione dello stesso entro i trenta giorni successivi alla notifica del verbale, mediante comunicazione al competente Ufficio dell'Agenzia delle entrate e al reparto della Guardia di finanza che ha redatto il verbale. Entro i sessanta giorni successivi alla comunicazione, l'Ufficio dell'Agenzia delle entrate competente deve notificare al contribuente l'atto di definizione dell'accertamento parziale, contenente le indicazioni previste dall'art. 7 del D.Lgs. n. 218/1997. Si tratta della norma che disciplina la redazione dell'atto di accertamento con adesione, il quale deve essere redatto in duplice esemplare e deve essere sottoscritto dal contribuente o da un suo procuratore, ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 7, e dal rappresentante dell'Ufficio.
Nel caso dell'adesione ai verbali di constatazione, le maggiori imposte saranno quelle derivanti dai rilievi contenuti nell'atto stesso, mentre per le sanzioni, la nuova norma dispone che quelle ordinarie previste per l'accertamento con adesione risultano ridotte alla metà. Poiché uno degli effetti premiali dell'istituto dell'accertamento con adesione è che le sanzioni, a norma dell'art. 2, comma 5, del D.Lgs. n. 218/1997, risultano ridotte a un quarto del minimo previsto dalla legge, nel caso del nuovo istituto dell'adesione al verbale di constatazione, le sanzioni edittali sono ridotte a un ottavo del minimo.
Ritornando all’art. 12, comma 7, dello Statuto del contribuente, poiché la disposizione nulla stabilisce in merito sia al tipo di processo verbale, limitandosi ad affermare che si deve trattare di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, sia alla decorrenza dei termini, si ritiene applicabile la disciplina civilistica del computo degli stessi (dies a quo non computatur in termino).
Occorre osservare come l’art. 12 citato non preveda espressamente una sanzione specifica nell’ipotesi d’inosservanza del termine da parte dell’Ente impositore. Si potrebbe, quindi, sostenere che la mancata osservanza del termine previsto non comporti l’illegittimità dell’atto emesso, potendo il contribuente procedere con una propria memoria, ad esempio, in sede di successivo accertamento con adesione. La previsione normativa in esame, che non contempla alcuna sanzione in caso di violazione, instaura, tuttavia, una sorta di contraddittorio differito rispetto alla verifica ovvero un contraddittorio preventivo da svolgere subito dopo il processo verbale e prima dell’emissione dell’accertamento e cioè prima del provvedimento che va a incidere sulla posizione giuridica del contribuente. In sostanza realizza una forma di partecipazione ante contenzioso diretta a tutelare sia il contribuente sia l’Amministrazione, atteso che quest’ultima potrebbe anche ritenere non fondato l’eventuale avviso di accertamento da emettere.
Tuttavia, valutando letteralmente l’espressione “osservazioni e richieste ... sono valutate dagli uffici impositori”, la norma de qua pone un adempimento - dovere e non, conseguentemente, una mera facoltà di prendere in esame le argomentazioni (considerazioni) del contribuente. Si dovrebbe di conseguenza ritenere che la mancata applicazione della disposizione in argomento determini l'invalidità dell'avviso di accertamento adottato nel termine dilatorio.
Una particolare ipotesi è però quella delle “esigenze motivate dal requisito dell'urgenza”, collegate ai termini per la notifica dell'avviso di accertamento qualora le annualità oggetto di verifica stiano per scadere per la notifica del relativo provvedimento impositivo. Ricordiamo che il termine in questione coincide, sia ai fini dell'IVA sia delle imposte dirette, con l'ultimo giorno del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale ai sensi, rispettivamente, dell'art. 57, primo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e dell'art. 43, primo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
In altri termini, l’ufficio impositore avrebbe la possibilità di derogare al termine dilatorio dei sessanta giorni se l'ultimo giorno utile per la notifica dell'avviso di accertamento (valutando anche i tempi necessari per la notifica) risulti inferiore ai sessanta giorni in relazione alla data di consegna del processo verbale.
Si va formando però una giurisprudenza costante (nota) in ordine alla necessità di procedere ad annullamento dell’avviso di accertamento emanato prima che siano decorsi i sessanta giorni previsti dall’art. 12, comma 7, dello Statuto del contribuente, in quanto, nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori.
L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.
La citata norma introduce, infatti, un termine di sospensione in favore del contribuente, determinando una momentanea interruzione della potestà di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, superabile solo alla presenza di un motivo - non generico ma “particolare” - che imponga di emanare il provvedimento prima della scadenza; le ragioni di tale deroga devono essere evidenziate nel corpo dell'atto.


2. Le posizioni dell’Agenzia delle entrate

Sul punto, della possibilità di deroga qualora stiano per scadere i termini per l’accertamento, l’Amministrazione finanziaria con la Circolare dell’Agenzia delle entrate del 14 agosto 2002, n. 72/E, ha riconosciuto l’esigenza di evitare di concentrare l'attività di controllo nell'ultimo periodo dell'anno, in particolare con riguardo alle annualità per le quali è prevista la decadenza dal potere di accertamento, ma lasciando nel contempo intendere - con l'uso del verbo “evitare” - che si tratti di una mera dichiarazione d’intenti, superabile in caso di necessità come nella fattispecie di prossima decadenza dall’azione di accertamento.
Alla luce della citata circolare, i verificatori potrebbero proseguire il controllo nonostante l'approssimarsi della decadenza dell’anno oggetto di verifica, comprimendo lo spatium deliberandi riservato all'Ufficio. Infatti, quest'ultimo, qualora ne ricorrano le condizioni, dopo aver ricevuto il verbale, dovrà emanare l'avviso di accertamento entro l’indicata scadenza quadriennale, specificando che il mancato rispetto del termine di sessanta giorni dipende dall'esigenza di non incorrere nella decadenza dal potere impositivo.
Occorre evidenziare come un orientamento sostanzialmente simile sia stato espresso anche dal Comando generale della Guardia di finanza con la Circolare 17 agosto 2000, n. 250400, secondo cui “il divieto di emanazione dell'avviso di accertamento prima della scadenza del termine previsto per la presentazione delle osservazioni e delle richieste, determina ... la necessità che il direttore della verifica e il capo pattuglia, nell'effettuare le pertinenti valutazioni sull'urgenza dell'ultimazione dei controlli, considerino l'opportunità di concludere l'ispezione relativa ai periodi di imposta "in decadenza" con almeno quattro mesi di anticipo sui termini legali”.
Anche in questo caso, quindi, viene sottolineata la discrezionalità della decisione di chiudere la verifica, con implicito riconoscimento della possibilità di ridurre il termine a disposizione dell'Ufficio (e, di riflesso, il lasso temporale fruibile dal contribuente per la presentazione delle deduzioni difensive), salvo accollare all'Ufficio stesso l'onere di indicare, nell'avviso di accertamento, le ragioni che ne giustificano l'emissione anticipata rispetto alla necessità di attendere i sessanta giorni per consentire al contribuente di produrre le proprie deduzioni.


3. Orientamenti delle Commissioni tributarie

La giurisprudenza assolutamente prevalente va però delineando un’interpretazione sostanzialmente difforme, garantista del diritto del contribuente, e che prevede che il divieto di frettolose notifiche imposto dal comma 7 dell'art. 12 della legge n. 212/2000 impone agli Uffici Erariali e alla Guardia di finanza una nuova tempistica e, quindi, una nuova organizzazione del lavoro nelle attività di verifica, di verbalizzazione, di istruttoria e di notifica degli accertamenti.
Ne consegue che i termini di decadenza dell'accertamento non legittimano la violazione di una norma che, in aggiunta, ha il pregio di evitare, nei casi di specie, la corsa degli Uffici accertatori alle notifiche negli ultimi giorni del mese di dicembre dell'anno di decadenza.
Siffatta conclusione è avvalorata anche da considerazioni di ordine sistematico, imperniate sul combinato disposto degli artt. 1, comma 1, e 12, comma 7, primo periodo, dello Statuto dei diritti del contribuente.
Il primo dei menzionati articoli dispone che la “presente legge” costituisce attuazione, tra l'altro, dell'art. 97 della Costituzione, il quale sancisce il principio del buon andamento (oltre che dell'imparzialità) della Pubblica amministrazione.
Secondo l'insegnamento della Corte di cassazione, lo Statuto del contribuente si consolida attraverso il riferimento agli articoli della Carta fondamentale, nella misura in cui ne rende concreto oggettivamente gli enunciati. Sotto questo profilo, può dirsi che lo Statuto agevola l'interpretazione "costituzionalmente orientata" sia di altre norme di legge (preesistenti o sopravvenute) sia, a maggior ragione, di quelle dello Statuto stesso.
Ebbene, il richiamato art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000 dichiara effettivamente di ispirarsi al “principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente”, che altro non è se non una proiezione di quello del buon andamento, essendo volto a evitare un inutile dispendio di energie quando il contribuente sia in grado di motivare in merito all’illegittimità della pretesa tributaria.
La disposizione de qua impone agli uffici accertatori un temporaneo, ma tassativo, divieto a procedere al fine di garantire al contribuente il diritto a partecipare all’accertamento tributario, attraverso l’instaurazione del contraddittorio post verifica, disponendo, per il rispetto del divieto, una temporanea sospensione del potere impositivo. Anche se le norme di cui al citato art. 12 non prevedono espressamente la sanzione della nullità, ciò non significa che la violazione non sia produttiva di conseguenze negative per l’accertamento, essendo compito dell’interprete stabilire se la violazione produca o no effetti sull’atto finale. La violazione di tale diritto del contribuente deve produrre necessariamente una conseguenza negativa per l’amministrazione che si estrinseca nella nullità dell’avviso di accertamento emesso in violazione di legge.
La violazione della norma è l’illiceità del comportamento dell’Amministrazione finanziaria e l’invalidità dell’atto di accertamento per carenza di potere e da qui ne deriva la nullità dell’atto stesso.

Ne consegue che l’atto emesso in violazione del comma 7 dell’art. 12 non solo è nullo ma è da considerare giuridicamente inesistente, trattandosi non di un vizio del procedimento che ha preceduto l’atto ma di un vizio dell’atto finale perché non realizzato nei suoi elementi essenziali e costitutivi per incompletezza della fattispecie (nota) . Tra le giustificazioni che possono quindi essere invocate per accorciare i tempi, non ci può essere quella per cui i termini di accertamento previsti dalla legge stanno per scadere.
L’Ufficio non può fare ricadere sul contribuente le conseguenze della propria precorsa inerzia in ragione della quale la verifica è iniziata a ridosso del termine prescrizionale per l’accertamento, laddove l’amministrazione e gli organi di polizia tributaria hanno a disposizione cinque anni per effettuare i relativi controlli (nota) .
Le ipotesi di particolare e motivata urgenza, a nostro giudizio, possono ravvisarsi, esclusivamente nelle seguenti fattispecie:

  • rischi di perdita del credito erariale;
  • accertamenti connessi alla consumazione di reati tributari.

L’esistenza di un pericolo per la riscossione appare in sé idoneo a integrare la circostanza di particolare e motivata urgenza che giustifica e impone l’esecuzione dell’accertamento prima che siano trascorsi i sessanta giorni di cui al comma 7 dell’art. 12 della legge n. 212/2000 (nota) . A tal fine è necessario, tuttavia, che il processo verbale, sul quale si basano le misure a tutela del credito erariale, sia sempre notificato al soggetto interessato ai sensi dell’articolo 60 del D.P.R. n. 600/1973 ovvero ai sensi dell’articolo 14 della legge 20 novembre 1982, n. 890 e non semplicemente consegnato dai verificatori al contribuente.
Pertanto l’accertamento notificato prima del decorso dei sessanta giorni dalla redazione del verbale a seguito di un controllo è nullo a prescindere dal tipo di verbale che i verificatori hanno prodotto. Si tratta, infatti, di un termine perentorio e non ordinatorio, il cui mancato rispetto comporta la nullità dell'atto di accertamento. A stabilirlo di recente è stata anche la Corte di cassazione con l'ordinanza n. 6088 depositata il 15 marzo 2011 che interpreta in senso favorevole al contribuente le garanzie prevista dallo statuto del contribuente dopo la fase del controllo.
I giudici della Suprema Corte hanno analizzato, anzitutto, il tenore letterale della norma in base la quale «dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, il contribuente può comunicare entro 60 giorni osservazioni e richieste; l'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza».
Hanno, quindi, rilevato come dal tenore letterale, il termine indicato sia chiaramente volto a garantire al contribuente la possibilità di interagire con l'amministrazione prima che essa pervenga all'emissione di un avviso di accertamento.
In questo contesto il mancato rispetto del termine dei 60 giorni, sacrificando un diritto riconosciuto dalla legge al contribuente, non può che comportare l'illegittimità dell'accertamento, senza bisogno di alcuna specifica previsione in proposito. Peraltro, per la Corte di cassazione, il termine deve essere considerato perentorio (e non ordinatorio come vorrebbe l'Ufficio) proprio per il tenore letterale della norma, perché altrimenti non avrebbe senso la previsione di possibilità, contemplata nella medesima norma, di emissione di avviso prima del decorso del termine suddetto, solo in «casi di particolare e motivata urgenza».
Viene, inoltre, osservato che la norma non distingue in merito al contenuto dei verbali, potendo il contribuente comunicare osservazioni e richieste anche in relazione a verbali che, pur non contenendo contestazioni potrebbero, in ogni caso, come nella specie, dare luogo ad avvisi di accertamento. L'ordinanza è particolarmente importante perché fa un passo in avanti nella strada tracciata dalla Corte costituzionale con l'ordinanza 244/2009 e va nella direzione che le commissioni tributarie di merito stanno seguendo da tempo nel dichiarare illegittimi tutti gli accertamenti scaturenti da qualsiasi tipo di controllo fiscale e non solo da quelli effettuati presso la sede del contribuente e a prescindere dalla denominazione specifica dell'atto: verbale di contestazione, contraddittorio, operazioni compiute o questionario.
La nullità in argomento trova applicazione anche nei casi in cui non sia stata svolta dall'amministrazione una vera e propria attività di verifica presso il contribuente, ma un mero reperimento di documenti fiscali in quanto la norma non effettua alcuna distinzione in questo senso.


4. La sentenza 18906 della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione con la sentenza 18906 depositata il 16 settembre 2011 ha confermato questo importante principio.
La pronuncia trae origine dall'acquisizione da parte dell'amministrazione finanziaria di alcuni documenti fiscali di un'impresa. Successivamente l'ufficio ha rettificato un maggior reddito al contribuente. L'articolo 12, comma 7 della legge 212/2000 prevede che dopo il rilascio della copia del verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente possa comunicare entro 60 giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza. Il contribuente ha impugnato l'accertamento evidenziando il mancato rispetto del termine. L'ufficio si è difeso evidenziando l'inapplicabilità della norma al caso di specie, in quanto l'attività espletata durante l'accesso, non era da considerarsi una verifica, ma una mera raccolta di informazioni, al pari di altri strumenti similari come i questionari, l'invito a produrre documenti o l'invito a presentarsi. La disposizione, secondo l'ufficio, farebbe esclusivo riferimento al verbale di chiusura delle operazioni di verifica. La Commissione provinciale ha annullato l'atto, condividendo le ragioni del contribuente; la sentenza è stata confermata dal giudice di appello. Ha fatto allora ricorso per Cassazione l'Agenzia che, oltre a confermare la lamentela sull'inapplicabilità della norma in questione, ha rilevato anche che il rispetto dei 60 giorni doveva considerarsi termine ordinatorio e non perentorio con la conseguenza che la sua inosservanza non poteva comportare la nullità dell'atto impositivo. La sentenza, dopo aver ripercorso l'orientamento iniziale della Cassazione secondo cui non era sanzionabile con la nullità il mancato rispetto del termine, ha dato puntualmente evidenza della pronuncia della Corte costituzionale e del conseguente cambio di orientamento della Cassazione.
In particolare, viene evidenziato che l'interpretazione favorevole alla nullità può anche risultare opinabile ma non è né arbitraria né pretestuosa, anche perché non dovrebbe essere troppo difficile per l'amministrazione evitare tali risultati adeguandosi al regime più rigoroso e al rispetto dei tempi. Da qui la conferma della sanzione della nullità nelle ipotesi di inosservanza delle regole.
Per quanto riguarda, invece, l'inapplicabilità della norma al caso di specie, in quanto l'attività posta in essere era riconducibile non a una verifica ma al mero reperimento di documentazione fiscale, la sentenza ha rilevato che tale distinzione non trova corrispondenza nella norma. Ne consegue che l'osservanza dell'articolo 12, ultimo comma, non deve avvenire solo in ipotesi di verifica fiscale. Questa precisazione è importante perché viene di fatto chiarito che il divieto di emanare atti impositivi prima dei 60 giorni non riguarda solo il caso del Pvc ma anche qualunque altra attività dell'amministrazione, a prescindere dalla sua denominazione tecnica e dal verbale che ne consegue.

                                                                                                                                  DOI 10.4439/pfs11

 

 

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