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28 Settembre 2011 • di Lorenzo Bacciardi , Tommaso Fonti

Il transfer pricing e i nuovi oneri di documentazione per le imprese italiane appartenenti a gruppi multinazionali

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Il presente elaborato si propone di fornire un aggiornamento circa le recenti novità introdotte dal legislatore in materia di Transfer Pricing, con particolare riferimento all’onere di adozione della documentazione sui prezzi di trasferimento infragruppo e agli effetti “benefici” derivanti da tale adozione in termini di disapplicazione delle sanzioni pecuniarie previste per la violazione amministrativa della dichiarazione infedele dei redditi.
Dopo una breve disamina delle principali norme emanate in materia di Transfer Pricing, si analizzerà il tema dell’onere della predisposizione della documentazione relativa ai prezzi di trasferimento per le imprese italiane appartenenti a gruppi multinazionali. Tale analisi verrà svolta alla luce delle disposizioni contenute nel Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 29 settembre 2010 e dei successivi chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con propria circolare del 15 dicembre 2010, n. 58.
In conclusione, verranno forniti alcuni spunti operativi per valutare l’opportunità di adottare o meno la documentazione sul Transfer Pricing. 

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Sommario

1. Premessa
2. Articolo 110, comma 7, del TUIR: presupposti applicativi della norma
2.1 Presupposti oggettivi
2.2 Presupposti soggettivi
2.3 Necessità di un rapporto di controllo
3. Nuovi oneri di documentazione per le imprese italiane e disapplicazione delle sanzioni
3.1 Il Masterfile
3.2 La Documentazione Nazionale (o Country Specific)
3.3 Diversificazione dell’onere documentale in base al tipo di contribuente
4. Comunicazione dell’avvenuta adozione della documentazione sul Transfer Pricing
5. Idoneità della documentazione predisposta dal contribuente
6. Considerazioni conclusive


1. Premessa

Con il termine “transfer pricing” s’identifica la pratica, adottata all’interno di un gruppo d’imprese, con la quale le imprese appartenenti al gruppo realizzano un trasferimento di reddito tra consociate mediante l’esecuzione di transazioni commerciali e/o finanziarie (i.e. cessioni di beni o prestazioni di servizi) a un valore diverso dal valore normale o di mercato della transazione medesima (c.d. arm’s lenght value) (nota) . Il valore normale o di mercato di una transazione corrisponde al valore che sarebbe stato pattuito tra soggetti giuridici/entità tra loro indipendenti e, in quanto tali, in condizioni di libera concorrenza.

Il transfer pricing è una pratica spesso diretta a ottenere un indebito risparmio fiscale di gruppo, in considerazione del fatto che l’impresa del gruppo destinataria dei maggiori utili beneficia, in virtù della sua localizzazione geografica, di un trattamento tributario più favorevole rispetto all’impresa effettivamente titolare del reddito derivante dalla transazione.

In pratica, si assiste a un’ingiustificata alterazione del valore normale o di mercato della transazione posta in essere tra imprese consociate, finalizzata a un’allocazione strategica del reddito d’impresa in capo a quella consociata che beneficia di un regime fiscale più favorevole e, conseguentemente, a un indebito risparmio fiscale di gruppo.

In verità, il transfer pricing può essere anche diretto a perseguire politiche di gruppo di natura strettamente commerciale, come nel caso in cui una cessione di beni tra consociate, eseguita a un prezzo inferiore rispetto a quello normalmente applicato tra imprese indipendenti, venga posta in essere al solo scopo di consentire alla consociata acquirente una maggiore penetrazione del mercato di riferimento e/o l’acquisizione di ulteriori fette di mercato, grazie alla possibilità di rivendere i prodotti acquistati a un prezzo inferiore e altamente competitivo rispetto ai propri competitors.

Il legislatore italiano, al fine di contrastare la pratica del transfer pricing, ha varato delle norme, quali l’articolo 9, comma 3 e l’articolo 110, comma 7 del TUIR, volte a stabilire il valore al quale dovrebbero avvenire le transazioni commerciali poste in essere tra consociate e non, e, nel caso in cui le transazioni tra consociate si discostino ingiustificatamente dal valore normale, a disconoscere gli effetti fiscali di tali operazioni per la parte che genera indebiti trasferimenti di utili all’interno dei gruppi multinazionali d’imprese.


2. Articolo 110, comma 7, del TUIR: presupposti applicativi della norma.

Nell’ambito del nostro ordinamento, la norma principale in materia di transfer pricing è l’articolo 110, comma 7, del TUIR, il quale prevede testualmente che: “I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono valutati in base al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni e servizi ricevuti, determinato a norma del comma 2 (che richiama esplicitamente l’articolo 9 del TUIR), se ne deriva aumento del reddito; la stessa disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, ma soltanto in esecuzione degli accordi conclusi con le autorità competenti degli Stati esteri a seguito delle speciali “procedure amichevoli” previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi. La presente disposizione si applica anche per i beni ceduti e i servizi prestati da società non residenti nel territorio dello Stato per conto delle quali l’impresa esplica attività di vendita e collocamento di materie prime o merci o di fabbricazione o lavorazione di prodotti”.

In sintesi, il legislatore italiano, con la norma sopra richiamata, ha inteso stabilire che, ai fini della determinazione del reddito d’impresa di una società fiscalmente residente in Italia, i componenti reddituali delle transazioni intercorse con società del medesimo gruppo, fiscalmente residenti all’estero, devono essere valutati in base al valore normale dei beni o servizi oggetto della transazione medesima, così come definito dall’articolo 9, comma 3, del TUIR.

Ciò sta a significare che il prezzo di trasferimento praticato nell’ambito di una transazione tra consociate, di cui una fiscalmente residente in Italia e l’altra fiscalmente residente all’estero, dovrà essere determinato conformemente al valore normale o di mercato dei beni o servizi che costituiscono oggetto della transazione in esame.

La norma in questione non si applica, in via generalizzata, a tutte le transazioni intercorrenti tra società fiscalmente residenti in Italia e società ubicate all’estero, ma interessa unicamente le operazioni poste in essere dai soggetti espressamente richiamati dall’articolo 110, comma 7, del TUIR, con la conseguenza che, ai fini di una corretta applicazione della norma in esame, risulta necessario analizzare i presupposti applicativi della norma stessa.


2.1 Presupposti oggettivi

La disciplina sul transfer pricing contenuta all’interno dell’articolo 110, comma 7, del TUIR si applica a tutte le operazioni che presentano una rilevanza economica/reddituale. Quindi, a titolo meramente esemplificativo, ma non esaustivo, alle cessioni e locazioni, anche finanziarie, di beni materiali (merce o beni strumentali) o immateriali (brevetti, marchi, know how, ecc.), oltre che alle operazioni di finanziamento e alle prestazioni di servizi infragruppo (servizi di ricerca e sviluppo, servizi di tesoreria, di marketing, di pubblicità, ecc.).


2.2 Presupposti soggettivi

Per quanto concerne i presupposti soggettivi di applicazione della disciplina, la norma contempla espressamente che le operazioni di cui al precedente paragrafo 2.1 debbono intercorrere tra un’impresa fiscalmente residente in Italia e “società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa (…)".

Tralasciando l’aspetto della necessità di un rapporto di controllo, che verrà affrontato nel prosieguo del presente elaborato, preme qui evidenziare come nella nozione di “società non residente nel territorio dello Stato” debbano farsi rientrare anche delle forme giuridiche di diritto straniero, non espressamente contemplate dal nostro ordinamento, ma riconosciute come società nello Stato estero di costituzione/ubicazione.

Con riferimento, invece, alla nozione di “impresa fiscalmente residente sul territorio italiano”, deve essere considerata tale qualunque soggetto che eserciti professionalmente, in forma individuale o collettiva, un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi.

Pertanto, la disciplina sul transfer pricing si applicherà anche alle transazioni intercorse tra le stabili organizzazioni italiane di soggetti non residenti e le altre società straniere appartenenti al gruppo di imprese di cui le stesse stabili organizzazioni fanno parte.

 

2.3 Necessità di un rapporto di controllo

La norma in esame richiede altresì che i soggetti economici, nazionali ed esteri, tra cui avviene la transazione, non siano indipendenti tra loro, nel senso che tra gli stessi dovrà necessariamente intercorrere un rapporto di controllo (i.e. controllante italiana che controlla società straniera o controllante straniera che controlla società italiana) ovvero che gli stessi dovranno essere soggetti al comune controllo di una terza entità.

È quindi evidente come, ai fini di una corretta applicazione della disciplina sul transfer pricing, risulti necessario analizzare, più approfonditamente, la nozione di “controllo”, al fine di valutare quando due soggetti possano essere considerati parti di un siffatto rapporto.

Al riguardo, l’articolo 110, comma 7, del TUIR non richiama l’articolo 2359 del codice civile, con la conseguenza che la nozione di controllo, in materia di transfer pricing, presenta un significato più ampio rispetto al significato che si deriva dalla sola nozione civilistica di controllo.

Ai fini della normativa sul transfer pricing, la nozione di controllo, oltre alle fattispecie del controllo di diritto, di fatto o di natura contrattuale tipizzate dall’articolo 2359 c.c., abbraccia altresì tutte le ipotesi in cui tra le due entità vi sia un legame, di natura formale o fattuale, da cui possa derivare il rischio che le transazioni concluse tra di esse non siano state valorizzate a prezzi di mercato.

Per utilizzare un’espressione contenuta all’interno di una delle più importanti circolari emanate dall’Agenzia delle Entrate in materia (la Circolare del 22 settembre 1980, n. 32), la nozione di controllo abbraccia “in generale, tutte le ipotesi in cui un’impresa esercita potenzialmente un’influenza dominante sulle decisioni imprenditoriali dell’altra”.

Pertanto, al ricorrere di un rapporto di controllo nell’accezione sopra indicata, oltre che alla presenza dei presupposti menzionati ai precedenti paragrafi 2.1 e 2.2, scatterà l’applicazione della disciplina prevista all’articolo 110, comma 7, del TUIR, con la conseguenza che le transazioni tra società appartenenti al medesimo gruppo multinazionale, il cui valore si discosti dal valore normale o di mercato dei beni o servizi scambiati, sono passibili di essere rivalutate dall’Amministrazione Finanziaria italiana (i.e. rettifica dei prezzi di trasferimento), in sede di eventuali accessi e/o verifiche fiscali.


3. Nuovi oneri di documentazione per le imprese italiane e disapplicazione delle sanzioni

Con l’articolo 26 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, è stato introdotto, all’interno dell’articolo 1 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, il comma 2-ter, il quale prevede che: “In caso di rettifica del valore normale dei prezzi di trasferimento praticati nell’ambito delle operazioni di cui all’articolo 110, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), da cui derivi una maggiore imposta o una differenza del credito, la sanzione di cui al comma 2 (i.e. la sanzione dal 100% al 200% della detta maggiore imposta o del minor credito prevista dall’articolo 1, comma 2, dello stesso D.Lgs. n. 471/1997 per l’ipotesi di dichiarazione infedele) non si applica qualora, nel corso dell’accesso, ispezione o verifica o di altra attività istruttoria, il contribuente consegni all’Amministrazione finanziaria la documentazione indicata in apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate idonea a consentire il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati. Il contribuente che detiene la documentazione prevista dal provvedimento di cui al periodo precedente, deve darne apposita comunicazione all’Amministrazione finanziaria secondo le modalità e i termini ivi indicati. In assenza di detta comunicazione si rende applicabile il comma 2 (e, quindi, la sanzione pecuniaria sopra menzionata)“.

Mediante l’introduzione della norma sopra richiamata, il legislatore italiano ha inteso prevedere una specifica forma di collaborazione tra contribuente ed Amministrazione finanziaria sostanzialmente finalizzata:

  1. da un lato, a consentire alle società italiane appartenenti a gruppi multinazionali di imprese di beneficiare di un regime premiale di esonero dalle sanzioni previste per l’ipotesi di dichiarazione infedele (articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 471/1997), che deriverebbe da un’eventuale rettifica, da parte dell’Amministrazione finanziaria, dei prezzi di trasferimento praticati tra le suddette società; e
  2. dall’altro, a permettere all’Amministrazione finanziaria di disporre, in sede di controllo, di un supporto documentale utile a verificare la corrispondenza dei prezzi praticati nelle operazioni infragruppo con quelli che verrebbero adottati da imprese indipendenti in regime di libera concorrenza (i.e. rispetto del valore normale o “arms lenght value” richiamato dall’articolo 9, comma 3, del TUIR).

La finalità del nuovo articolo 1, comma 2-ter, del D.Lgs. 471/1997, sembra dunque essere quella di stimolare il contribuente al rispetto spontaneo del valore normale delle transazioni intercorrenti tra imprese tra loro non indipendenti e, allo stesso tempo, di migliorare l’efficacia ed efficienza dell’attività di accertamento posta in essere dall’Amministrazione finanziaria italiana.

La documentazione menzionata all’interno del nuovo comma 2-ter dell’articolo 1, D.Lgs. 471/1997 è stata identificata, come anticipato dalla norma medesima, con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 29 settembre 2010, di seguito “Provvedimento”.


3.1 Il Masterfile

Come precisato dal Provvedimento e dalla successiva Circolare n. 58/E del 15 dicembre 2010, il Masterfile contiene informazioni relative all’intero gruppo multinazionale e alla politica di fissazione dei prezzi di trasferimento nel suo complesso. Nello specifico, il Masterfile dovrà riportare, oltre ad un’iniziale descrizione generale del gruppo multinazionale, anche informazioni relative alla struttura organizzativa ed operativa del gruppo, alle strategie generali perseguite dal gruppo, ai flussi delle operazioni intercorrenti tra le imprese appartenenti al gruppo, alle operazioni infragruppo, all’esistenza e al relativo contenuto di eventuali accordi per la ripartizione dei costi tra le consociate, nonché indicazioni sulle funzioni svolte, sui rischi assunti, sui beni strumentali impiegati e sui beni immateriali detenuti da ciascuna delle società appartenenti al gruppo multinazionale.

Resta ovviamente inteso che la parte maggiormente caratterizzante il contenuto del Masterfile è quella in cui dovrà essere descritta la politica dei prezzi di trasferimento adottata dal gruppo, unitamente alle ragioni per le quali tale politica viene ritenuta conforme all’arm’s lenght principle (i.e. al principio di libera concorrenza).

Il Masterfile si conclude con una sintetica descrizione degli accordi sui prezzi di trasferimento eventualmente stipulati con le Amministrazioni finanziarie dei paesi in cui il gruppo multinazionale opera.

Il Provvedimento prevede la possibilità di predisporre e presentare alle autorità più di un Masterfile, qualora il gruppo multinazionale svolga più attività industriali e commerciali, tra loro diverse, e disciplinate da specifiche politiche di prezzi di trasferimento.

Da un punto di vista strutturale, il Masterfile dovrà essere articolato in capitoli, paragrafi e sottoparagrafi, seguendo la struttura indicata all’interno del Provvedimento che, oltre a delineare un vero e proprio indice utile alla redazione del documento in esame, fornisce altresì indicazioni specifiche in merito alla natura ed ai contenuti delle informazioni che dovranno essere racchiuse all’interno del Masterfile.


3.2 La Documentazione Nazionale (o Country Specific)

La Documentazione Nazionale contiene informazioni specifiche e dettagliate sulle singole operazioni infragruppo che la società italiana, sia essa una holding, una sub-holding ovvero una semplice controllata, pone in essere con le altre società appartenenti al gruppo.

Da un punto di vista strutturale, la Documentazione Nazionale non differisce dal Masterfile, in quanto anche la Documentazione Nazionale dovrà essere articolata in capitoli, paragrafi e sottoparagrafi, seguendo la struttura delineata dal Provvedimento.

La Documentazione Nazionale differisce, invece, dal Masterfile per il fatto che la stessa contiene informazioni che si riferiscono, non più all’intero gruppo multinazionale, ma unicamente alla realtà imprenditoriale della società italiana, alla sua collocazione all’interno del gruppo e alle operazioni infragruppo che caratterizzano la sua attività ed operatività.

Elemento caratterizzante il contenuto della Documentazione Nazionale è il Capitolo 5 (in base allo schema fornito dal Provvedimento), all’interno del quale dovranno essere elencate le singole operazioni infragruppo poste in essere dalla società (i.e. cessioni di beni materiali e/o immateriali, prestazioni di servizi anche di natura finanziaria) e, per ciascuna tipologia di operazione, dovrà essere riportata:

  1. una descrizione dell’operazione infragruppo presa in esame, facendo menzione delle controparti contrattuali;
  2. l’analisi di comparabilità tra l’operazione infragruppo presa in esame e altre operazioni intercorse tra parti indipendenti in condizioni similari: l’analisi di comparabilità rappresenta una delle parti fondamentali nel processo di determinazione dei prezzi di trasferimento ed assume pertanto un ruolo fondamentale all’interno della predisposizione della Documentazione Nazionale;
  3. l’indicazione del metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento adottato sulla base dell’analisi di comparabilità e delle ragioni circa la sua conformità al principio di libera concorrenza.


3.3 Diversificazione dell’onere documentale in base al tipo di contribuente

L’onere di predisporre la documentazione varia secondo la tipologia di contribuente interessato. Più precisamente, il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha previsto un diverso onere documentale a seconda che il contribuente sia qualificabile (in base alle definizioni fornite dall’articolo 1 del Provvedimento medesimo) come holding, subholding o semplice controllata (nota) .

Per quanto riguarda le holding e le sub-holding residenti, il Provvedimento dispone che la documentazione da predisporre per disciplinare i prezzi di trasferimento sarà costituita sia dal Masterfile sia dalla Documentazione Nazionale, mentre le imprese controllate fiscalmente residenti in Italia ed appartenenti ad un gruppo multinazionale potranno predisporre unicamente la Documentazione Nazionale.

Per un’analisi più approfondita delle informazioni da riportare all’interno del Masterfile e della Documentazione Nazionale, oltre che per la disamina degli aspetti tecnici e formali relativi agli ulteriori adempimenti connessi alla stessa, si rinvia al Provvedimento e alla Circolare 59/E del 15 dicembre 2010.


4. Comunicazione dell’avvenuta adozione della documentazione sul Transfer Pricing

Il contribuente italiano, che ha predisposto la documentazione in materia di Transfer Pricing e che intende beneficiare della disapplicazione delle sanzioni pecuniarie previste all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 471/1997, sarà tenuto a trasmettere, all’Amministrazione finanziaria italiana, apposita comunicazione dell’avvenuta adozione della documentazione in esame.

I termini e le modalità per la trasmissione della suddetta comunicazione all’Amministrazione finanziaria differiscono a seconda che la documentazione sul TP si riferisca all’anno 2010 e ai successivi periodi di imposta ovvero a periodi di imposta antecedenti al 2010.

Nel primo caso (i.e. documentazione relativa all’anno 2010 e ad ogni periodo di imposta successivo), la comunicazione di avvenuta predisposizione della documentazione deve essere effettuata, dal contribuente, mediante apposita indicazione all’interno della dichiarazione annuale dei redditi.

Nel secondo caso (i.e. documentazione relativa a periodi di imposta antecedenti all’anno 2010), la comunicazione avrebbe dovuto essere trasmessa entro il 28 dicembre 2010, in via telematica, tramite il servizio Entratel.

Tuttavia, il Provvedimento attribuisce validità anche alla comunicazione, relativa a periodi di imposta antecedenti al 2010, effettuata dopo il 28 dicembre 2010, purché la stessa sia comunque antecedente all’avvio di accessi, ispezioni o verifiche dell’Amministrazione finanziaria, di cui il soggetto abbia avuto formale conoscenza.


5. Idoneità della documentazione predisposta dal contribuente

Al fine di beneficiare della disapplicazione delle sanzioni pecuniarie previste per la fattispecie della dichiarazione infedele dei redditi, non è sufficiente che il contribuente abbia predisposto la documentazione sopra esaminata, abbia dato l’apposita comunicazione nei termini ed abbia consegnato la documentazione ai verificatori durante gli eventuali accessi, ma è altresì necessario che la documentazione venga giudicata idonea a fornire ai verificatori informazioni e dati necessari per una completa ed approfondita analisi dei prezzi di trasferimento praticati.

Il giudizio circa l’idoneità della documentazione predisposta dal contribuente è rimesso ai verificatori stessi, che dovranno tuttavia maturare il loro giudizio attendendosi ai criteri forniti dall’Agenzia delle Entrate, oltre che ai principi declinati dal Codice di Condotta UE e dalle Linee Guida OCSE in materia di transfer pricing, che sono espressamente richiamati dallo stesso Provvedimento.


6. Considerazioni conclusive

La valutazione circa l’opportunità di adottare o meno la documentazione sul Transfer Pricing deve essere fatta caso per caso in relazione allo schema organizzativo del gruppo di appartenenza e alla tipologia dei prodotti commercializzati o dei servizi prestati.

La predisposizione della documentazione può essere consigliabile quando l’organizzazione funzionale e commerciale del gruppo ed i prodotti o servizi scambiati tra le diverse consociate possono essere descritti in modo uniforme e coerente nel tempo, salvo ovviamente la presenza di alcune modalità operative e commerciali eccezionali, le quali costituiscono eccezione alla normale operatività del gruppo.

La predisposizione della documentazione potrebbe, invece, risultare sconsigliabile quando il gruppo presenta un’organizzazione funzionale e commerciale non lineare ed organica di cui, difficilmente, si riuscirebbe a fornire una rappresentazione chiara e completa.

Qualora ci si trovasse di fronte ad un gruppo multinazionale, che presenti le caratteristiche descritte al precedente paragrafo, potrebbe risultare maggiormente consigliabile porre in essere una preventiva operazione di riorganizzazione del gruppo, al fine di dotare lo stesso di un’organizzazione lineare e funzionale al perseguimento dei propri obiettivi imprenditoriali e, solo successivamente, predisporre ed adottare la documentazione sul Transfer Pricing che rifletta e rappresenti la nuova organizzazione ed operatività del gruppo multinazionale.

Nelle more del perfezionamento della suddetta operazione di riorganizzazione, potrebbe invece risultare maggiormente utile adottare una diversa strategia con riferimento alla giustificazione dei prezzi di trasferimento applicati alle operazioni infragruppo. Tale diversa strategia potrebbe consistere:
a) nel predisporre comunque della documentazione, anche differente da quella indicata nel Provvedimento, che consenta all’azienda di:
i) documentare esattamente i rapporti commerciali con le consociate;
ii) giustificare economicamente e commercialmente il prezzo praticato nelle transazione intercorse tra le consociate;
iii) documentare ogni motivazione commerciale, organizzativa, di mercato ed economica che abbia indotto le parti interessate a concordare un prezzo difforme da quello normalmente praticato e che potrebbe emergere dalla documentazione predisposta con coerenza;
b) nel predisporre ed archiviare un carteggio e-mail tra le consociate, attraverso il quale le stesse discutono le motivazioni delle, e allo stesso tempo concordano le, variazioni di prezzo (i.e. riduzioni od aumenti) da praticare in relazione alle diverse operazioni infragruppo;
c) nell’adottare una politica di incontri periodici interni tra i commerciali, gli amministrativi e gli organi amministrativi delle diverse consociate, durante i quali si discutano le politiche commerciali e di determinazione dei prezzi e dei quali possa rimanere traccia attraverso la redazione di minute interne istituzionalizzate e portanti le date relative ai singoli incontri;
d) nell’inserire menzione dei ragionamenti e delle considerazioni elaborati durante i suddetti incontri, e confluiti nelle minute, anche nella relazione sulla gestione dell’organo amministrativo e nella nota integrativa al bilancio di esercizio;
e) nel documentare, il più frequentemente possibile, i processi e le scelte decisionali adottati a livello di gruppo, soprattutto quando gli stessi confluiscono in una determinazione del prezzo di trasferimento non conforme a quello normalmente praticato tra imprese indipendenti.

In conclusione, preme in questa sede sottolineare che, ora più che mai, risulta consigliabile che i rapporti infragruppo siano adeguatamente documentati dalle parti, contrariamente ad una prassi ormai consolidata in base alla quale gli imprenditori italiani spesso tendono a non stipulare nemmeno un contratto di vendita tra le consociate, presumendo di poter gestire tutti i rapporti infragruppo sempre e solo dall’Italia e conformemente alle esigenze della capogruppo italiana.

 

                                                                                                                    DOI 10.4439/ig10

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