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Contratti d'impresa

27 Maggio 2011 • di Giada Santoni

Il contratto preliminare nell’affitto d’azienda

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L’importanza del contratto preliminare nell’affitto d’azienda risiede nel fatto che le parti possono riservarsi la possibilità di apportare delle modifiche o delle integrazioni agli accordi che confluiranno nel contratto definitivo, per es. per aver tempo di operare i controlli necessari e per recuperare le risorse finanziarie. Vengono fornite le linee guida da utilizzare nella redazione di questo importante documento.

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Sommario

1. Nozione giuridica
2. Contenuto e forma del contratto preliminare
3. La forma e la pubblicità del preliminare
4. Alcune clausole del preliminare
4.1 Il divieto di concorrenza
4.2 La successione nei contratti
4.3 I crediti e i debiti
4.4 Il divieto di subaffitto
5. 4.5. Le cause di estinzione del contratto

  

1. Nozione Giuridica

L’affitto d’azienda è un contratto a titolo oneroso, con il quale un soggetto (locatore o concedente) trasferisce a un terzo (affittuario) il diritto di godimento della propria azienda (nota) , dietro il pagamento di un canone periodico, per un periodo di norma determinato. Con questa fattispecie contrattuale non è trasferita la titolarità dell’azienda, come accade nella cessione, e non viene costituto un diritto reale, come avviene nell’usufrutto.
La base normativa civilistica del contratto di affitto di azienda si rinviene nel combinato disposto degli artt. 2561 e 2562 del c.c. Al contratto di affitto di azienda sono pure applicabili talune norme civilistiche (artt. 1615 – 1654, 2558, 2559, 2560, e 2565).
L’affitto d’azienda è un contratto consensuale (nota) , sinallagmatico (nota) e a esecuzione continuata e periodica (nota) . Oggetto del contratto di affitto è l’azienda (così come definita dall’articolo 2555 del c.c.). (vedi “Contratto di affitto d’azienda”).
Analizzando il contratto preliminare d’affitto, (vedi “Contratto preliminare di affitto d’azienda”) si deve tener conto che esso è un contratto con effetti obbligatori, con cui le parti(nota) si vincolano reciprocamente a stipulare il contratto d’affitto che si qualifica, rispetto al primo, come "definitivo": il contratto definitivo è la fonte esclusiva dei diritti e degli obblighi che intercorrono fra le parti.
L’effetto principale del preliminare è di vincolare le parti a stipulare in seguito il contratto definitivo: infatti, per effetto del preliminare, i promittenti sono vincolati a stipulare l’accordo definitivo, mentre non si determina sulla base dello stesso, alcun effetto reale, in quanto, il preliminare non è immediatamente traslativo o costitutivo di diritti.
Le più rilevanti vicende riguardanti il preliminare riguardano il suo inadempimento, il sopravvenire - prima della stipulazione del contratto definitivo - di vizi inerenti al suo oggetto e il fallimento di uno dei promittenti. Si consideri come il contratto preliminare può essere oggetto di risoluzione (nota) , di rescissione, di scioglimento per cause specifiche (nota) , mentre non può essere oggetto di azione revocatoria (ex art. 2901, c.c.) (nota) .

 


2. Contenuto e forma del contratto preliminare

Il contratto preliminare di affitto d’azienda deve indicare tutti i punti essenziali del contratto definitivo - tipicamente un oggetto determinato o determinabile e il corrispettivo per l’affitto (nota) - e in tale ambito normalmente si deve indicare anche il termine entro il quale il contratto deve essere concluso (nota) .
Le parti, invece, possono rinviare al momento della stipulazione del contratto definitivo, la determinazione di elementi accessori (es., tipicamente i mezzi di pagamento) e/o inserire elementi eventuali (ad es.: la clausola che preveda come il promissario acquisti il diritto di godimento per sé o per persona da nominare; una condizione sospensiva, una clausola risolutiva espressa o un termine iniziale, la clausola con la quale entrambe le parti rinunciano espressamente, in caso d’inadempimento di una di esse, ad agire in giudizio con l’azione di esecuzione specifica del contratto).

Per quanto concerne il contenuto del contratto definitivo, le parti, purché d’accordo tra loro, possono prevedere una disciplina difforme da quella del preliminare, modificando o revocando i precedenti accordi (sentenza Corte di Cassazione 28 maggio 2003, n. 8515) (nota) .
Laddove sia raggiunto il termine entro cui il contratto definitivo debba essere stipulato, e una delle parti si rifiuti di adempiere, l’altra parte può (nota) : agire per l’esecuzione in forma specifica; risolvere il preliminare e chiedere il risarcimento; chiedere solo quest’ultimo (nota) .

 


3. La forma e la pubblicità del preliminare

Per quanto concerne la forma, ai sensi dell’art. 1351 c.c., il contratto preliminare deve avere la stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo, a pena di nullità: infatti, nell'eventualità che una parte non adempia al preliminare, l'altra può rivolgersi al giudice per ottenere una sentenza che tiene luogo del contratto non concluso e che produce gli effetti di quest'ultimo (cfr. art. 2392 c.c. ).
A tale riguardo, per quanto concerne la forma e la pubblicità del contratto di affitto d’azienda, l’art. 2556, primo comma, c.c., prevede la forma scritta ai fini probatori per i contratti che hanno a oggetto il godimento dell’azienda, salva l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento del godimento dei singoli beni che compongono l’azienda (per esempio per il trasferimento dei beni mobili iscritti nei pubblici registri) o per la particolare natura del contratto. La forma scritta è quindi richiesta al solo fine di provare in giudizio l’esistenza e il contenuto del contratto: la sua mancanza comporta l’incapacità di fornire altrimenti detta prova.(nota)
Appare a prima vista contraddittorio che il secondo comma dell’art. 2556 del c.c. disponga come il contratto di affitto d’azienda debba essere redatto in forma pubblica o per scrittura privata autenticata e vada depositato per l’iscrizione nel Registro delle Imprese, nel termine di trenta giorni, a cura del notaio rogante o autenticante. L’apparente problema di coordinamento tra il primo e il secondo comma viene chiarito dal Consiglio Nazionale del Notariato (per dettagli, cfr. circolare 16 dicembre 1993): in sintesi, si ritiene che la forma autentica venga ad assumere il valore di forma integrativa, in mancanza della quale è improcedibile l’iscrizione nel Registro delle Imprese.
Tenendo conto di quanto sopra, si ritiene che tutti i contratti d’affitto d’azienda, indipendentemente dall’oggetto, dal tipo e dalle dimensioni della relativa impresa, siano soggetti all’iscrizione nel Registro delle Imprese, differendo la disciplina solo in ordine agli effetti di tale iscrizione.

 


4. Alcune clausole del preliminare

Il codice civile prevede una serie di poteri-doveri in capo sia all’affittuario sia al concedente, che dovranno essere dettagliati con apposite clausole contrattuali (nota) .
Il contratto di affitto d’azienda è un contratto di natura consensuale, per cui le parti in esso coinvolte possono stabilire deroghe alle disposizioni di legge e apposite integrazioni, salvo il rispetto di quelle obbligazioni definibili come essenziali, nonché della liceità delle disposizioni integrative (nota) .
In tale ambito, il ruolo rilevante del preliminare è di fornire già un quadro completo e chiaro in materia ai contraenti, al fine di arrivare linearmente alla stipulazione del contratto definitivo.
Le obbligazioni essenziali sono quelle che caratterizzano il contratto, in mancanza delle quali ricorre una diversa fattispecie contrattuale: esse - quali il pagamento del canone periodico, il mantenimento della destinazione dell’azienda, la consegna della stessa da parte del concedente in condizioni d’idoneità allo svolgimento dell’attività - andranno dettagliate con apposite clausole contrattuali. Al contrario, sono nel potere dispositivo delle parti la regolamentazione degli obblighi di manutenzione, delle innovazioni e delle addizioni, il momento della cessazione del contratto, la portata del divieto di concorrenza e la sua eventuale deroga.
Nel preliminare, si dovrà stabilire come l’affittuario - in primis - abbia l’obbligo di gestire l’azienda e non lasciarla inattiva, di conservarne la destinazione, l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni delle scorte. Pertanto nell'ambito del normale esercizio d'impresa, si stabilirà che l'affittuario – per previsione contrattuale - deve sostenere le spese di manutenzione ordinaria e adottare ogni misura economicamente e tecnicamente idonea per conservare il valore produttivo e dell'avviamento, con il solo limite delle spese straordinarie, e che i nuovi beni acquistati entrano a far parte del complesso aziendale e diventano quindi di proprietà del locatore (nudo proprietario), salvo il potere di godimento e disposizione dell'affittuario (nota) .
Altra clausola dovrà chiarire come l’affittuario abbia anche l’obbligo di non modificare la destinazione dell’azienda, che consiste nell’obbligo di svolgere la medesima attività già svolta dal concedente, ovvero quella indicata nel contratto di affitto (nota) .
Inoltre, si dovrà dettagliare come l’affittuario abbia anche l’obbligo di esercitare l’attività sotto la ditta originaria che contraddistingue l’azienda, per mantenere in capo al concedente (nudo proprietario) l’avviamento e l’identità dell’azienda e di evitare quindi una sottrazione della clientela alla conclusione del contratto (nota) . Infine, importante sarà anche la definizione dell’obbligo di corrispondere il canone dovuto per il godimento dell’azienda, secondo i tempi e le modalità stabiliti contrattualmente.
Quanto al concedente, si dovrà disciplinare come esso abbia l’obbligo di consegnare l’azienda in condizioni tali da poter servire all’uso pattuito (nota) .
Si ritiene importante chiarire come il concedente abbia anche l’obbligo di provvedere alle manutenzioni straordinarie(nota) o una diversa previsione in merito, dando magari anche un’elencazione dettagliata degli interventi manutentivi comunque da ritenersi tali, al fine di evitare potenziali conflitti interpretativi. (nota)
Altra previsione riguarderà l’obbligo del concedente di cooperare, nel caso di affitto di un’azienda diretta all’esercizio del commercio, al fine di facilitare le pratiche necessarie per l’intestazione dell’autorizzazione amministrativa all’affittuario.

 

4.1 Il divieto di concorrenza

In linea generale, rientra nel potere dispositivo delle parti la definizione e la portata del divieto di concorrenza (nota) , che dovrà essere analiticamente dettagliato sin dal preliminare, sia in senso negativo - deroga totale o parziale al medesimo - che positivo. È noto come, ai sensi dell’art. 2557, c.c. il concedente deve astenersi, per la durata del contratto, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda affittata. In ogni caso, è bene procedere con l’inclusione nel contratto della clausola che rinvii, per quanto non disposto, alle norme di legge applicabili, il che comporta senza dubbio l’operatività del divieto nei limiti e nella portata della norma. La disposizione dell’art. 2557 c.c. trova la propria giustificazione anche nella necessità di tutelare il soggetto che subentra nella gestione dell’azienda, dovendo poter contare sulla medesima consistenza economica, capacità produttiva e avviamento dell’azienda: peraltro, detta tutela deve essere assicurata senza ledere la sfera professionale del concedente, per cui la clausola contrattuale che disciplina il divieto di concorrenza, estendendone i limiti oltre la portata della norma, deve essere ispirata a questo principio di contemperamento delle opposte esigenze. In considerazione delle finalità cui è ispirato il contratto, il divieto di concorrenza è derogabile dalle parti e ha efficacia relativa, in quanto riguarda soltanto la nuova impresa iniziata dopo il trasferimento dell’azienda; quindi non viola il divieto del concedente che continua a esercitare un’attività, anche se concorrente, che svolgeva utilizzando un’altra azienda già prima dell’affitto.
L’obbligo di non concorrenza opera nei confronti del concedente per il tempo successivo alla stipulazione del contratto di affitto. È noto come il divieto possa essere aggirato con la costituzione di vari schermi formali, essendo molteplici gli strumenti che potrebbero permettere al concedente lo svolgimento dell’attività vietata, garantendogli una buona probabilità d’impunità. In tal senso, si consiglia vivamente(nota) l’inserimento di una clausola articolata del tipo: “È vietato al concedente lo svolgimento di attività concorrenti(nota) ai sensi dell’art. 2557 del c.c., anche per interposta persona, ovvero tramite un organismo societario del quale lo stesso sia socio, amministratore delegato, componente del consiglio di amministrazione o nella quale rivesta una posizione di lavoro subordinato a livello dirigenziale o che comunque comporti un contatto con il pubblico che possa causare uno sviamento(nota) della clientela”, nella quale vengono indicati i comportamenti che sono considerati dalle parti in violazione del divieto di concorrenza.
Per quanto concerne la durata del divieto, la norma pone un limite di durata al divieto che, nel caso di affitto, vale per l’intera durata del contratto.
L’art. 2557 c.c. non fa alcun cenno all’eventuale obbligo di non concorrenza dell’affittuario nei confronti del concedente alla cessazione dell’affitto e da ciò comunemente si deduce la sua inesistenza. Tuttavia, laddove il concedente voglia tutelarsi da un’eventuale attività concorrente svolta dall’affittuario a seguito della cessazione del contratto di affitto, dovrà prevedere una clausola nel contratto, che estenda a quest’ultimo il divieto di concorrenza anche dopo la cessazione del contratto: la durata non potrà essere comunque superiore a cinque anni.

 


4.2 La successione nei contratti

Per quanto concerne la successione nei contratti in essere, l’art. 2558 c.c. dispone che, per la durata dell’affitto, se non è pattuito diversamente, l’affittuario subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’impresa che non abbiano carattere personale; “il terzo contraente può tuttavia recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia…, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità” del concedente. A tale riguardo, si ritiene comunque importante che sin dal preliminare si dettaglino i contratti essenziali trasferiti ed è essenziale l’enucleazione di quelli non a carattere personale non trasferiti.(nota)
Difficoltosa è l’individuazione dei contratti a carattere personale, per i quali è espressamente escluso il sub ingresso dell’affittuario. Il dato certo è che si tratta di contratti nei quali l’identità o le qualità personali del contraente hanno indotto alla stipulazione del contratto.
La dottrina maggioritaria non li include nella categoria generale di quelli intuitu personae, individuati dall’art. 1429, n. 3, c.c. ma tende a restringere il campo escludendo, per esempio, il carattere personale dei contratti di commissione, di agenzia, di spedizione e di mandato. Tale orientamento, condiviso dalla giurisprudenza, appare maggiormente compatibile con le esigenze della produzione e dell’impresa.
Si sottolinea che l’esclusione operata dall’art. 2558, c.c., con riferimento ai contratti di carattere personale, non implica necessariamente che l’affittuario non possa divenire parte di quel contratto, ma solo che non lo diverrà automaticamente per il solo fatto dell’avvenuto trasferimento dell’azienda.
Alcune norme del codice civile e delle leggi speciali, peraltro, determinano espressamente la successione dell’affittuario d’azienda in specifici contratti.
Ad esempio, sovente l’azienda è esercitata in immobili concessi in locazione all’imprenditore. In tal caso il passaggio del contratto di locazione di locazione dell’immobile facente parte dell’azienda affittata è automatico, salvo diversa previsione pattizia e sempre che detta esclusione non comporti lo “scorporo” del complesso aziendale. (nota)
L’art. 2610, c.c. stabilisce che, salvo patto contrario, in caso di trasferimento a qualunque titolo dell’azienda, l’acquirente subentra nel contratto di consorzio, tranne il caso di esclusione per giusta causa ex comma 2.
In caso di trasferimento di azienda, ivi compreso l’affitto, il rapporto di lavoro continua e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano (cfr. 2112), verificandosi solamente una sostituzione nella persona del datore di lavoro. Si ritiene opportuno definire, nel contratto preliminare d’affitto, le caratteristiche dei rapporti di lavoro trasferiti e tutti i diritti che ne derivano. A tutela di tali diritti, si sancisce la facoltà per il lavoratore “le cui condizioni di lavoro subiscano una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda, di rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all’art. 2119 c.c.”. Rimane comunque salva la facoltà di licenziare il dipendente, ma solo laddove ne ricorrano i presupposti di legge.
Nel preliminare risulta basilare definire un’eventuale patto contrario a quelle ipotesi di successione automatica dei contratti, laddove ciò sia ritenuto di interesse.
A tale riguardo, sussistono vari casi di successione ex art. 2558 c.c. esaminati dalla giurisprudenza: si pensi al contratto d’agenzia e al contratto di prestazione d’opera professionale - negando così alla fattispecie la qualifica di contratto personale - nonché al contratto di assicurazione contro i danni stipulato dal concedente in relazione ai rischi inerenti all’esercizio aziendale, in cui soltanto l’assicuratore potrà recedere ex art. 2558 c.c., nel termine di tre mesi dalla notizia del trasferimento.

 

4.3 I crediti e i debiti

In merito ai crediti relativi all’azienda affittata, è dubbia l’applicabilità dell'art. 2559 c.c., che dispone come la cessione dei crediti relativi all'azienda affittata non richieda l'accettazione del debitore e abbia effetto anche nei confronti dei terzi, dal momento dell'iscrizione del contratto nel registro delle imprese. Per tale ragione, si consiglia vivamente di pattuire contrattualmente se, e in quale misura, siano trasferiti all’affittuario i crediti relativi alla gestione del concedente, prevedendo altresì la notifica del trasferimento al debitore per evitare che esso paghi il concedente (si ricorda tuttavia come “il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede" al concedente).
Anche per quanto riguarda i debiti dell’azienda affittata, pur essendo pacificamente non applicabile l’art. 2560 c.c., è del tutto opportuno che la materia sia oggetto di apposita previsione contrattuale, laddove le parti vogliano pattuire il passaggio diretto di parte, ovvero di tutti i debiti, determinando, in questi due ultimi casi, l’accollo all’affittuario degli stessi. Il medesimo problema si ripropone alla cessazione dell’affitto, negando anche in questo caso la responsabilità del concedente per i debiti contratti dall’affittuario: ai fini di un’efficace tutela del concedente, si ritiene comunque opportuno disciplinare la sorte dei debiti derivanti dalla gestione dell’affittuario al momento della stipulazione del contratto.
Il contratto preliminare di affitto d’azienda può prevedere l'esclusione del passaggio di alcuni elementi attivi e/o passivi del patrimonio (es. denaro in cassa e saldo debitore o creditore dei conti correnti bancari) e/o l’acquisto di rimanenze di magazzino (nota) . Anche per questo motivo risulta essenziale prevedere, già nel preliminare, di allegare al contratto definitivo un inventario iniziale, a quantità e valori, dal quale risulti il complesso dei beni dati in affitto, nonché l’obbligo di redigere, alla scadenza del contratto, un analogo inventario finale.
A tale riguardo, si evidenzia come l’art. 2561 c. c. dispone che: "La differenza tra le consistenze di inventario all'inizio e al termine ... (del contratto) è regolata in danaro, sulla base dei valori correnti al termine (del contratto)". Ovviamente la differenza tra l’inventario iniziale e finale può essere a favore del locatore o dell'affittuario. Il contratto deve prevedere i termini del pagamento. Diversamente l'intera differenza deve essere regolata in denaro alla scadenza dello stesso.


 

4.4 Il divieto di subaffitto

Altro aspetto da prevedere - prudenzialmente - già nel preliminare, è il divieto di subaffitto (previsto dall’art. 1624 c.c.) che dispone come l’affittuario non possa subaffittare la cosa senza il consenso del concedente: tuttavia è bene che il divieto sia espresso anche nel contratto.
Laddove il contratto di affitto possa essere utilizzato ai fini di valutare l’opportunità di procedere all’acquisto dell’azienda affittata, è opportuno che le parti prevedano, sin dal preliminare, un’opzione o una prelazione per l’acquisto a favore dell’affittuario (nota) .


 

4.5 Le cause di estinzione del contratto

A parte l’ipotesi di cui sopra; l’affitto d’azienda può cessare per una delle cause di estinzione pattuite contrattualmente oppure per il verificarsi di fatti imputabili a una delle parti, che costituiscono un inadempimento delle obbligazioni assunte.
Le cause di cessazione pattuite contrattualmente - da definire già in sede di preliminare - possono riguardare la durata del contratto d’affitto, la morte dell’affittuario o del concedente nonché il fallimento di uno dei due contraenti.
Due cause ulteriori di interruzione del contratto originano dal diritto di recesso e dalla clausola risolutiva espressa, che meritano una dettagliata specificazione sin dal preliminare.
Il diritto di recesso consiste nella facoltà di sciogliersi anticipatamente dal contratto con la semplice dichiarazione del soggetto che vuole esercitarlo. La dichiarazione, che in relazione ai diversi casi deve essere o meno motivata, ha valore ricettizio e quindi assume efficacia per il solo effetto di essere ricevuta dal destinatario. In mancanza di un’espressa previsione contrattuale, non essendo rinvenibile una norma di legge che consenta il recesso, detta facoltà non è validamente e legittimante esercitabile. La clausola contrattuale può essere variamente formulata, per cui il recesso può essere ammesso ad nutum, ovvero solo se assistito da gravi motivi o da giusta causa(nota) . A fronte della facoltà di recesso, può inoltre essere pattuita la prestazione di un corrispettivo e, comunque, la previsione di tale facoltà influenza la determinazione del canone di locazione. Qualora il recedente sia obbligato alla corresponsione di una somma di denaro, il recesso, salvo diverso accordo tra le parti, ha efficacia dal momento dell’avvenuta esecuzione del versamento.
Normalmente, al momento della stipulazione del contratto, si determinano i comportamenti che, nell’intenzione delle parti, sono da considerarsi gravi inadempimenti e s’inserisce una clausola, cosiddetta clausola risolutiva espressa(nota) , nella quale si stabilisce che la violazione di determinate clausole contrattuali, ovvero la commissione di determinati atti, comportano la facoltà, per l’altra parte, di risolvere il contratto. La risoluzione è automatica al momento di ricezione della dichiarazione di avvalersi della clausola, da effettuarsi nei tempi e con le modalità previste contrattualmente: in ogni caso, un eventuale giudizio successivo potrà avere come oggetto il risarcimento dei danni richiesti dalla parte che ha adempiuto, ma il contratto s’intenderà comunque risolto.
In seguito al verificarsi di una causa di cessazione del contratto, ovvero alla scadenza dello stesso, l’affittuario deve immediatamente riconsegnare - lo si evidenzi comunque sin dal preliminare - l’azienda al concedente, perché la mancata o ritardata consegna è fonte di risarcimento nei danni. La sussistenza del danno, infatti, è insita nel comportamento antigiuridico dell’ex affittuario, che può essere anche solo potenzialmente lesivo del patrimonio del concedente. La prova da fornire nel giudizio del risarcimento è quindi limitata all’entità del danno subito.
Infine, per quanto concerne le comunicazioni con le quali una parte comunica all’altra il verificarsi di una causa di estinzione pattuita contrattualmente, oppure dichiara di volersi avvalere della facoltà di recesso, esse devono essere effettuate nei tempi e con le modalità indicate in contratto, al fine di non incorrere in sanzioni di inefficacia delle stesse.

 

DOI 10.4439/pfs7

 

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