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11 Maggio 2011 • di Antonella Giacobbe

Il concetto di “qualità” applicato al fundraising

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Sommario

  1. Cosa significa “qualità” nel fundraising
  2. Gli strumenti per un management di qualità
  3. Il Benchmarking

 

1. Cosa significa “qualità” nel fundraising

Il donatore che vuole sostenere un’organizzazione non profit, si trova oggi di fronte ad un “mercato” che gli permette un’ampia scelta di opzioni. Questo è certamente positivo perché si può permettere di “scegliere” la propria organizzazione, o più organizzazioni, a cui destinare le proprie risorse su basi sicuramente più selettive. D’altro canto, tuttavia, le risorse dei potenziali donatori, a cui le organizzazioni si rivolgono per sostenere i propri progetti, sono sempre più limitate anche e soprattutto a causa di questo momento di particolare crisi economica. L’effetto che ne deriva è una competizione sempre più intensa per ottenere risorse sempre più scarse. Da qui l’esigenza di dotarsi di strumenti e criteri per acquisire livelli di qualità necessariamente più elevati.

 

Ma cosa vuol dire “qualità”?

È un termine estremamente indefinito, usato spesso a sproposito. Tutti noi ne parliamo con grande sicurezza in tante occasioni anche pubbliche, ma in realtà il significato del termine è piuttosto controverso. Di fatto chi ne decide o ne influenza il significato, spesso, è la stessa persona che, dall’interno, ne determina i fattori più significativi. La prospettiva di un gruppo esterno – i donatori – può essere molto importante nel determinare la qualità di un’organizzazione e la sua raccolta fondi. Fortunatamente sta passando sempre di più anche in Italia l’esigenza di essere trasparenti e di dare conto ai donatori e al pubblico in generale, delle donazioni raccolte. Tuttavia, i donatori rimangono pur sempre estranei alle decisioni e alle dinamiche interne di un’organizzazione e spesso la loro visione non corrisponde con le prospettive e con la visione dell’organizzazione stessa. Questo è ancora più vero se si pensa che lo staff addetto al servizio e alla gestione dei donatori ad esempio, continuamente in contatto con loro, riflette in prima persona la qualità interna dell’organizzazione e il livello di soddisfazione nel proprio lavoro, influenzando l’immagine esterna e il giudizio stesso dei donatori nei confronti dell’organizzazione.
Per questo è importante che il termine “qualità” debba essere definito dall’interno dell’organizzazione stessa, in una prospettiva che necessariamente tenga conto di determinati indicatori.

Per un’organizzazione non profit, e in particolare per il settore del fundraising, è dunque fondamentale decidere quali sono i criteri e i fattori di qualità più rilevanti. È importante che si prendano in considerazione, oltre al punto di vista dei donatori, anche punti di vista interni come la soddisfazione dello staff, del management e alcuni indicatori finanziari chiave.
Questo processo di identificazione dei fattori chiave tuttavia non è facile. La realtà e il lavoro quotidiano all’interno delle organizzazioni non profit dimostra che vi possono essere molte difficoltà nel tentativo di definire i fattori e i criteri chiave per rilevare il proprio livello di “qualità”. Il processo è strutturalmente non facile: molte considerazioni e ragionamenti tendono a prendere strade diverse, non sempre chiare e spesso contraddittorie fra loro. Ad esempio: come si può allo stesso tempo perseguire la qualità e contenere i costi? (preoccupazione sempre presente in un’organizzazione non profit). Apparentemente potrebbe sembrare un problema insolubile. In realtà, si potrebbe determinare esattamente l’opposto: più si raggiunge un livello di efficienza, soprattutto nei dipartimenti di raccolta fondi e nei processi organizzativi chiave di un’organizzazione, più si evitano errori, si migliora il rapporto con i donatori e si ottimizzano i processi organizzativi. In questo modo, non solo si ridurrebbero i costi, ma aumenterebbe anche l’income derivato dalle donazioni dei privati cittadini, permettendo all’organizzazione di investire sempre nuove risorse nei processi migliorativi, innescando così un circolo virtuoso.

Un management di qualità, quindi, dovrebbe prevedere determinate attività che si possono riassumere nei seguenti obiettivi:

L’efficacia qualitativa
La creazione e il mantenimento di livelli qualitativi ottimali

L’efficienza quantitativa
Una performance elevata ottenuta con minimi costi
 

Bisogna considerare che la ricerca della qualità e dell’efficienza fa parte, in un certo senso, di un preciso dovere etico nei confronti dei donatori che mettono a disposizione dell’organizzazione non profit non solo i propri fondi, ma anche i propri ideali e i propri valori.
Perciò, la ricerca della qualità non risiede tanto sulla quantità, quanto sul livello o grado degli standard di qualità raggiunti e costantemente monitorati.

 


2. Gli strumenti e le caratteristiche di un management di qualità

 

Ma quali sono gli strumenti che permettono standard di qualità ottimali?

Molte aziende profit oggi sono in grado di garantire, in modo continuo, un alto livello di qualità per i loro prodotti. Raggiungere tali livelli di qualità per un’azienda di servizi, o per un’organizzazione non profit, tuttavia, sembra essere molto più difficile. La causa di questa difficoltà forse può essere spiegata dal fatto che l’utilizzo di un servizio si effettua e si compie nel momento stesso in cui viene prodotto. In altre parole, è impossibile per un donatore verificare o migliorare il servizio stesso prima che questo gli venga “erogato”. Per questa ragione, a differenza della produzione industriale, per quanto riguarda le organizzazioni non profit, se si vuole mantenere uno standard di qualità alto, bisogna ricorrere a tecniche e modelli particolari.

Esistono molte tecniche o strumenti che permettono di misurare e raggiungere standard di qualità ottimali. Ad esempio le norme ISO 9000 che definiscono normative e linee guida sviluppate dall’Organizzazione Internazionale per la Normazione. Queste norme vengono usate a livello industriale come modello di riferimento per migliorare l’efficacia e l’efficienza nella realizzazione di un certo prodotto e conseguentemente, nell’incrementare la soddisfazione dei clienti. Vi sono poi anche altri sistemi oggi utilizzati per questo stesso scopo.
Anche per il fundraising si potrebbero usare modelli simili di riferimento. Quello che però, tutti questi modelli hanno in comune è che devono necessariamente essere integrati con altri metodi per assicurare una gestione di qualità a diversi livelli. Inoltre, questi sistemi generalmente non prendono in considerazione un fattore molto importante: lo staff. Bisogna inoltre dire che, almeno per quanto riguarda il fundraising, la condizione affinché si determini (o non si determini) la buona qualità dei servizi spesso risiede proprio nel personale addetto alla gestione donatori. La ricerca di una qualità con alti standard deve necessariamente partire proprio da queste persone se si vuole ottenere un fundraising di successo.
Per ottenere dunque una gestione di qualità, è necessario basarsi su un metodo che coinvolga tutti i membri di un’organizzazione, dove la qualità sia al centro della gestione (management) e del complesso delle sue attività e che si ponga come obiettivo primario la massima soddisfazione dei suoi donatori.
In questo caso la “qualità” si riferisce non soltanto a prodotti o processi organizzativi, ma esplicitamente incorpora tutti quei fattori umani che sono strategici all’organizzazione non profit. Essenzialmente un modello di gestione che rende possibile e fonda le basi per una filosofia orientata alla gestione del personale che sia abbastanza flessibile e appropriata alle molte attese, alle dinamiche e alle aspettative più innovative del mercato e della società di oggi.
A riprova di questo, possiamo citare una recente indagine condotta da Assif – Associazione Italiana Fundraiser, con la collaborazione tecnica e probono di Softlab SpA, che analizza un campione significativo di fundraiser delle 100 maggiori organizzazioni non profit in Italia. (www.assif.it) Nella ricerca si evidenzia come il ruolo del fundraiser non sempre viene percepito come “strategico” all’interno di un’organizzazione non profit che spesso, consapevolmente o meno, lo percepisce come un corpo “estraneo”, anche se necessario. Da qui, il fenomeno osservato e messo in rilievo dalla Ricerca della sostanziale “ Solitudine del Fundraiser”.

L’idea fondamentale di base può essere riassunta in pochi principi:

  • La qualità si riferisce a tutti i livelli di un’organizzazione ma è una responsabilità del management
  • La qualità ha la priorità su tutte le altre funzioni
  • La gestione del personale con un approccio di tipo qualitativo genera ulteriore qualità e influenza il lavoro di ogni individuo che a sua volta influenza tutti i processi organizzativi. Quando si produce questa spirale virtuale allora il prodotto “qualità” è assicurato in modo naturale.
  • I costi maggiori vengono rapidamente ammortizzati attraverso livelli più alti di produttività, riducendo l’incidenza degli errori. Inoltre, si migliora anche l’income generato dal miglioramento della propria immagine o brand nel mercato.

 


3. Il Benchmarking

L’esistenza e l’uso di procedure e metodi per migliorare o assicurare la qualità sono ovviamente essenziali se un’organizzazione non profit vuole raggiungere e mantenere un fundraising di successo.
Le domande fondamentali da cui partire per conseguire gli obiettivi qualitativi sono:

  • Qual è la situazione attuale?
  • Quali sono gli aspetti da migliorare?
  • Fino a che punto si può migliorare?
  • Qual è il livello massimo di ottimizzazione che si può raggiungere?

Di fronte a queste domande basilari, per formulare delle risposte corrette, è importante posizionarsi nel contesto generale in cui si opera. Per rispondere a domande del tipo: c’è davvero bisogno di ottimizzare la performance e fino a che punto si può arrivare, o quali sono gli aspetti da migliorare, etc. non ci si può basare soltanto sullo status degli standard qualitativi fino a quel momento raggiunti. Bisogna tenere presenti ad esempio le aspettative dei donatori, l’impegno finanziario necessario, ma soprattutto, i servizi e le performance ottenute dalle organizzazioni concorrenti. Solo dopo aver analizzato lo status dell’organizzazione in questione nel contesto generale delle organizzazioni concorrenti, si possono definire gli obiettivi di qualità.
Diventa perciò fondamentale riuscire a raccogliere dati significativi delle altre organizzazioni non profit che operano nello stesso mercato. Le ricerche di benchmarking, se condotte con metodi scientifici, forniscono una buona panoramica dei servizi che vengono offerti e della loro qualità nel mercato e aiutano la singola organizzazione non profit a definire meglio i propri obiettivi.
Se un’organizzazione non profit riesce a mantenere la sua posizione nel mercato in modo costante e a un buon livello, il ricorso al benchmarking e alle analisi correlate ad esso, dal punto di vista dei costi e della competizione, diventa non solo utile, ma perfino essenziale.
In Italia, purtroppo, nel settore del fundraising, il benchmarking non è molto praticato al di là di qualche eccezione. Ad esempio alcune grandi organizzazioni si sono riunite qualche anno fa per iniziare un processo di condivisione di dati, ma l’esperimento si è ben presto arenato. Si auspica che si possa arrivare anche in Italia a concepire e a realizzare finalmente un benchmarking che possa permettere alle organizzazioni di confrontarsi tra loro e di raggiungere sempre di più livelli ottimali di professionalità.


 

 DOI 10.4439/is5

 

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