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02 Maggio 2011 • di Fulvio Fati Pozzodivalle

Contratti internazionali e strutture distributive: dagli accordi d'internazionalizzazione alla collaborazione commerciale internazionale

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 Si evidenziano, in primis, le molteplici problematiche legate all’adozione dei consueti strumenti contrattuali (agenzia, concessione, ecc), per esaminare, di seguito, forme negoziali alternative, maggiormente in grado di regolare modelli distributivi più evoluti, idonee a perseguire compiuti processi d’internazionalizzazione. In tale situazione, con riguardo ai rapporti di distribuzione, l’attenzione sarà rivolta ad alcuni strumenti negoziali volti a conseguire lo sviluppo di durature relazioni commerciali con i partner stranieri.

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Sommario 

  1. I limiti dei tradizionali contratti commerciali internazionali
  2. I vantaggi rappresentati dalla costituzione di una stabile organizzazione
  3. L’alternativa rappresentata dalla Contractual Joint Venture

 
1.  I limiti dei tradizionali contratti commerciali internazionali

I dati statistici sull’interscambio tra l’Italia e il resto del mondo offrono molteplici spunti di riflessione circa il forte rallentamento delle esportazioni del nostro paese sia verso i mercati tradizionali di sbocco (UE e USA) sia verso le economie di nuova industrializzazione, Cina, Brasile e India in primo luogo.
Non rientra nell’ambito della presente trattazione l’analisi dei fattori economici, politici, sociali ed anche culturali che originano o in parte influenzano tale situazione, volendosi invece affrontare la tematica relativa all’internazionalizzazione delle imprese, partendo dall’analisi di alcuni strumenti contrattuali ancora assai diffusi per regolare i rapporti giuridici con le controparti estere.
Non di rado le imprese approcciano i processi legati alla distribuzione dei propri prodotti o servizi all’estero facendo ricorso a strumenti contrattuali che sottendono la pressoché assenza di alcuna organizzazione nei paesi di riferimento. Tali contratti sono principalmente riconducibili al rapporto di agenzia, di distribuzione o concessione e ad altre forme d’intermediazione, quali il procacciamento di affari, nel caso in cui la presenza dell’impresa nel mercato di esportazione assuma addirittura carattere occasionale.
Tali forme organizzative risultano assai poco onerose per l’esportatore, che nell’ambito dei predetti contratti non è gravato da ingenti costi fissi di struttura, essendo tenuto di norma a remunerare l’opera dell’intermediario sulla base di una percentuale degli affari dal medesimo procurati.
Nell’ambito del diritto dei contratti internazionali inoltre, il contratto di agenzia risulta largamente disciplinato anche in considerazione della pubblicazione di modelli, assai diffusi nella prassi internazionale. Tra questi è opportuno indicare il modello della Camera di Commercio Internazionale e il modello dell’Orgalime.
Il ricorso a siffatte tipologie contrattuali espone tuttavia l’esportatore a molteplici rischi, principalmente di natura commerciale, stante l’assai ridotta capacità d’indirizzo e controllo da parte dell’esportatore sulle attività poste in essere dall’intermediario, nell’ambito del rapporto di mandato tra gli stessi instaurato.
Si pensi a tal riguardo alle problematiche legate alla condivisione delle politiche commerciali del preponente, agli inefficaci strumenti di monitoraggio e controllo dei budget delle vendite, ai rischi legati a pratiche lesive degli obblighi di non concorrenza, alla difficoltà per l’esportatore di instaurare rapporti diretti e duraturi con la clientela, che spesso riconosce quale suo unico interlocutore l’agente o l’intermediario, nonché da ultimo, all’assoluta assenza di coinvolgimento e quindi di responsabilità in capo a tali soggetti in merito alle fasi successive alla vendita (installazione, commissioning, start up, assistenza tecnica, manutenzione) che sempre maggior rilievo assumono nelle decisioni di acquisto da parte degli operatori economici.
A tali problematiche si aggiungono poi considerazioni di natura prettamente giuridica, legate in modo principale al fatto che in molti paesi il contratto di agenzia è disciplinato dalla legge nazionale mediante la previsione di norme inderogabili o di applicazione necessaria, che pertanto, pur in assenza di un loro espresso richiamo nel testo contrattuale, trovano piena efficacia e possono essere validamente invocate dall’agente nell’ambito di eventuali controversie. In tale contesto, assumono particolare rilievo le norme in materia d’indennità di fine rapporto, competenza giurisdizionale, diritto di recesso, infermità e malattia dell’agente e altre ancora, il cui impatto economico può risultare considerevole per il preponente che non abbia tenuto conto di tali aspetti nel corso della gestione del relativo contratto.
Parimenti rischiose risultano forme distributive in cui l’intermediario non si limita alla promozione degli affari per conto dell’esportatore, ma acquista i prodotti da questi realizzati per rivenderli nel territorio mediante una propria rete distributiva. È questo il caso degli importatori-rivenditori o dei concessionari, cui spesso sono attribuiti diritti di esclusiva di vendita sull’intero territorio nazionale di riferimento o su rilevanti porzioni dello stesso.
Anche con riferimento a tali forme distributive sussistono serie problematiche di natura giuridica, legate alla presenza di norme di applicazione necessaria in alcuni paesi, che se non adeguatamente conosciute dall’esportatore possono arrecare ingenti pregiudizi economici in capo allo stesso. Si pensi, a mero titolo di esempio, alla previsione in alcuni ordinamenti statali degli Stati Uniti di un’indennità compensatrice del pregiudizio subito dal distributore in caso di cessazione del contratto da parte del produttore. Tale norma, se non espressamente derogata dalle parti nel contratto, trova piena applicazione salvo il caso d’inadempimento del distributore, il cui onere probatorio tuttavia è posto in capo al fabbricante.
A tali aspetti, si aggiungono inoltre problematiche di natura commerciale per l’esportatore, legate in primo luogo alla difficoltà di instaurare diretti rapporti con i clienti stabiliti nel territorio del distributore, nei confronti dei quali le vendite sono da quest’ultimo direttamente eseguite. Ciò, oltre a determinare il rischio di perdita di clientela a fronte della eventuale cessazione del rapporto con il distributore, implica scarse possibilità per il produttore di assumere direttamente tutte quelle informazioni sul mercato necessarie al fine di perseguire efficaci politiche di marketing.
Va altresì rilevato come, nell’attuale contesto economico internazionale caratterizzato da forti dinamiche competitive, i predetti modelli distributivi risultano spesso penalizzanti per l’esportatore, i cui prezzi di trasferimento al cliente finale sono gravati dalle percentuali spettanti agli agenti e, nel caso di vendita attraverso distributori, dal margine da questi ultimi praticato sui listini di rivendita.

 

 

2. I vantaggi rappresentati dalla costituzione di una stabile organizzazione

Le problematiche sopra descritte non sono riscontrabili nel caso in cui l’impresa adotti strategie d’internazionalizzazione più complesse, che prevedano una stabile organizzazione all’estero. Ciò si verifica mediante la creazione di uffici di rappresentanza, branches, società sussidiarie o mediante la partecipazione a società miste con partners locali. Nell’ambito di tali operazioni, a latere dei contratti societari, s’innestano spesso accordi operativi aventi a oggetto licenze di brevetto e di know how, fornitura di parti e componenti, training del personale, supervisione e assistenza tecnica, servizi di progettazione e altro.
Strutturando una propria presenza diretta sul mercato estero, l’impresa è in grado di conseguire significativi vantaggi economici, non solo legati alla possibilità di delocalizzare alcuni processi produttivi, riducendo il costo del prodotto finito anche per effetto di ridotte imposizioni doganali, ma anche di acquisire direttamente dati e informazioni necessarie alla definizione di compiute strategie di marketing.
Talvolta inoltre, nell’ambito di tender internazionali per l’aggiudicazione di gare di appalto, o per l’acquisto d’impianti e macchinari, la presenza di una stabile organizzazione del fabbricante all’estero assume un rilievo fondamentale, avuto riguardo alla capacità della struttura locale di eseguire i lavori utilizzando risorse e manodopera locali e di garantire il coinvolgimento del fabbricante nelle fasi successive alla vendita.
Ovviamente, la strutturazione di stabili organizzazioni all’estero richiede significativi volumi di vendita, adeguati investimenti economici, e soprattutto capaci e disponibili risorse umane in grado di gestire le delicate fasi di start up dei progetti, nonché la direzione o supervisione tecnica e commerciale delle strutture locali.

 

  

3. L’alternativa rappresentata dalla Contractual Joint Venture

Una struttura distributiva alternativa a quelle sopra descritte, in grado di ovviare in massima parte alle problematiche sottese dai tradizionali rapporti di distribuzione mediante intermediari e al contempo non implicante la costituzione di una stabile organizzazione all’estero, può essere individuata nella Contractual Joint Venture.
Tale forma negoziale trae origine dalla prassi del commercio internazionale, non trovando tipica disciplina nell’ambito degli ordinamenti statuali, e non comporta la costituzione di una entità giuridica autonoma e distinta rispetto alle parti contraenti, come invece avviene nella Incorporated Joint Venture.
La Contractual Joint Venture si sostanzia in un articolato rapporto di collaborazione tra le parti, che, senza costituire alcun vincolo societario, stabiliscono regole per la gestione comune di molteplici attività economiche, dividendo gli utili o le perdite in ragione delle rispettive quote di partecipazione.
Nelle Contractual Joint Ventures aventi a oggetto la distribuzione di beni, il fabbricante s’impegna a cedere al distributore prodotti a un prezzo concordato, inferiore a quanto di norma praticato verso i rivenditori esteri, tenendo conto che le attività di marketing, pre-vendita e post-vendita saranno eseguite dal distributore, per conto della Joint Venture, mediante la sua locale organizzazione. L’entità di tali costi, ovvero l’incidenza degli stessi sul meccanismo di determinazione del prezzo finale dei prodotti praticato ai clienti, sarà oggetto di espressa pattuizione delle parti, di norma nell’ambito di un business plan annuale nel quale sono stabiliti, oltre ai costi e alla marginalità sui prezzi di trasferimento, i volumi di vendita dei prodotti.
Il distributore a sua volta, per conto della Joint Venture, rivende ai clienti stabiliti nel territorio i prodotti secondo i prezzi e le condizioni commerciali determinati contrattualmente con il fabbricante.
Il margine derivante dalla differenza tra i prezzi di vendita praticati dal distributore e i costi allocati nel business plan è suddiviso tra il fabbricante e il distributore a intervalli temporali prestabiliti e in ragione delle rispettive percentuali di partecipazione.
Eventuali perdite registrate dalla Joint Venture a fronte della vendita dei prodotti sono altresì ripartite tra le parti in ragione delle predette percentuali.
Ciascuna parte è tenuta a farsi carico di costi eventualmente eccedenti rispetto a quelli stabiliti per la determinazione dei prezzi di vendita, risultando in tal modo fondamentale la predisposizione di un accurato business plan che tenga conto delle effettive componenti di costo e di realistici volumi di vendite.
Per consentire una trasparente gestione delle attività poste in essere dal distributore per conto della Joint Venture, lo stesso distributore è tenuto a registrare, mediante una contabilità separata e accessibile al fabbricante, le operazioni poste in essere nell’ambito del contratto con quest’ultimo stipulato.
Tali tipologie contrattuali di norma prevedono vincoli di esclusiva e di non concorrenza, nonché meccanismi di verifica periodica dei risultati economici della Joint Venture a cui sono collegate eventuali azioni correttive oggetto di specifici accordi, con particolare riferimento a revisioni dei costi e dei prezzi di trasferimento.
Modelli contrattuali di Contractual Joint Venture sono stati pubblicati dall’International Trade Center – UNCTAD/WTO. Tali modelli possono risultare di grande aiuto nella redazione di specifici accordi, tenendo conto tuttavia della necessità di verificare l’applicabilità delle singole clausole avuto riguardo alle leggi vigenti nei paesi in cui le relative attività sono poste in essere. Si pensi, ad esempio, alla legge applicabile (i modelli rimandano ai Principi sui Contratti Internazionali UNIDROIT), al foro competente, al regime della responsabilità dei partecipanti ecc. Particolare attenzione dovrà inoltre essere rivolta al regime fiscale, dovendosi verificare attentamente la legislazione del paese di riferimento.

 

DOI 10.4439/ig3
 

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