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Protezione del patrimonio

15 Febbraio 2012 • di Marco Di Paolo

Accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario

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Lo strumento qui esaminato permette di mantenere separato il patrimonio dell’erede da quello del de cuius almeno fino a quando non si abbiano notizie certe sul contenuto di quanto ereditato. Nell’articolo segnaliamo, inoltre, la normativa in tema di notifica da parte degli Uffici tributari a seguito dell’apertura della successione.

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Sommario

1. Inquadramento giuridico
2. Cartelle di pagamento: possibili vizi di notifica
2.1 Nullità
2.2 Inesistenza
3.1 Residenza e domicilio
3. Conclusioni

 

1. Inquadramento giuridico

La successione si apre al momento della morte, momento dal quale si producono i seguenti effetti: il patrimonio del de cuius perde il proprio titolare, si stabilisce chi ha diritto alla successione e dal quale retroagiscono gli effetti dell’accettazione dell’eredità.
Con la morte del soggetto, però, non si determina la trasmissione dell’eredità, ma la delazione dell’eredità o devoluzione (art. 557 c.c.); in sostanza non è dato sapere se l’erede accetterà o no quanto a lui spettante iure succesionis. In caso di accettazione l’efficacia retroagisce al momento dell’apertura della successione. L’accettazione, atto necessario per l’acquisto dell’eredità, può anche avvenire, con beneficio di inventario (art. 470 c.c.). Questo strumento giuridico permette di evitare che il patrimonio dell’erede si confonda con quello del de cuius; più specificatamente, si crea una responsabilità limitata ai beni dell’eredità, e i beni dell’erede saranno messi al riparo da qualsiasi pretesa anche di tipo tributario.

Quindi il patrimonio del de cuius sarà separato dai suoi beni preesistenti. Ne consegue che:
• i creditori del defunto e i legatari non potranno pretendere più di quanto corrisponde al valore dell’eredità;
• i creditori del defunto e i legatari avranno preferenza sul patrimonio ereditario di fronte ai creditori dell’erede, i quali potranno perciò agire solo sui beni ereditari che residuano una volta soddisfatti i creditori del defunto (art. 490 c.c.);
• l’erede non può sottrarre ai creditori del defunto i beni ereditari o diminuirne il valore alienandoli o dandoli in pegno o ipoteca senza autorizzazione giudiziaria, pena la decadenza dal beneficio di inventario (art. 493 c.c.)

Conditio sine qua non affinché l’accettazione beneficiata compia il suo effetto è costituito dal compimento dell’inventario dei beni ereditati, da parte dell’erede, entro tre mesi dall’apertura della successione (art. 485 c.c.). Il termine di tre mesi decorre dalla dichiarazione di accettazione beneficiata se i beni non sono in suo possesso o dall’atto di successione in caso contrario (art. 487 c.c.).
L’erede può anche rinunciare all’eredità prima del decorso dei tre mesi. Nel caso in cui non sia rispettato il periodo dei tre mesi, previsto per il deposito dell’inventario, l’erede diverrà accettante puro e semplice(nota) .


2. Cartelle di pagamento: possibili vizi di notifica

Prima di addentrarci nei “vizi” della notifica è bene mettere in evidenza il concetto di residenza fiscale. L’art. 2 del Testo unico delle Imposte sui Redditi sancisce che sono soggetti passivi d’imposta le persone fisiche, residenti e non, nel territorio dello Stato. Sono residenti coloro che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritti nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile. In base al codice civile un soggetto che stabilisce la sede principale dei propri affari e interessi in un determinato luogo sono ivi domiciliati; mentre un soggetto è residente nel luogo in cui ha la sua dimora abituale. Secondo quanto sopra evidenziato il concetto di residenza fiscale può essere inquadrato nel seguente modo:
• Residenza nel senso di dimora abituale;
• Iscrizione nell’anagrafe del luogo di residenza;
• Domicilio come sede principale dei propri affari e interessi.

Una volta messe in evidenza le caratteristiche peculiari della residenza in ambito fiscale ci si domanda cosa accadrebbe nel caso in cui si verificasse il decesso di un soggetto residente nel territorio dello Stato e l’Ufficio tributario dovesse procedere alla relativa notifica. A tal proposito l’art. 65 del DPR 29 settembre 1973, n. 600 prevede che “gli eredi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie il cui presupposto si è verificato anteriormente alla morte del dante causa” (primo comma), che “gli eredi del contribuente devono comunicare all’ufficio delle imposte del domicilio fiscale del dante causa le proprie generalità ed il proprio domicilio fiscale” (secondo comma) e che “che la notifica degli atti intestati al dante causa può essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso ed è efficace nei confronti degli eredi che, almeno trenta giorni prima, non abbiano effettuato la comunicazione di cui al secondo comma”.
Da quanto sopra riportato è possibile trarre due differenti conclusioni, in base all’agire degli eredi del de cuius; in particolare, se gli eredi, successivamente al decesso, hanno comunicato agli uffici tributari il decesso, la notifica degli atti tributari emessi deve essere effettuata presso il domicilio fiscale comunicato; mentre nel caso in cui la comunicazione del decesso non fosse avvenuta, si applicherà quanto previsto dall’art. 65 del DPR 29 settembre 1973, n. 600 e quindi la comunicazione potrà essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio del defunto.
In base a quanto sopra è possibile concludere che se la notificazione non è eseguita secondo le forme prescritte dalla legge, essa è invalida. Il legislatore ha individuato effetti differenti a seconda della gravità del vizio che invalida l’atto: nullità e inesistenza.


2.1 Nullità
Ai sensi dell’art. 160 c.p.c. “la notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data, salva l’applicazione degli artt. 156 e 157 c.p.c.”.
Le nullità indicate dall’art. 160 c.p.c. possono essere sanabili o insanabili. Secondo la giurisprudenza, il vizio di notificazione importante la nullità sanabile, ai sensi del combinato disposto art. 160 c.p.c. e 156 c.p.c., si ha quando, nonostante l’inosservanza delle formalità o delle disposizioni di legge, tra cui quelle concernenti la persona alla quale può essere consegnata la copia dell’atto, la notificazione, tuttavia, è materialmente avvenuta mediante rilascio di copia e a persona che può avere un qualche riferimento con il vero destinatario della persona medesima; per contro il vizio di notificazione è insanabile quando questa sia eseguita in luogo e presso persona che non siano in alcun modo e per nessuna via riferibili al soggetto passivo della notificazione medesima, bensì a tutt’altro soggetto assolutamente estraneo al destinatario e all’atto da notificare(nota) .


2.2 Inesistenza
L’ipotesi dell’inesistenza giuridica della notificazione ricorre quando quest’ultima sia effettuata, in modo assolutamente non previsto dalla normativa, tale che possa essere assunta nel modello legale della figura(nota) .
Sul piano degli effetti giuridici la differenza sostanziale tra nullità e inesistenza della notificazione consiste nel fatto che la prima è suscettibile di sanatoria, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., mentre la seconda non può essere in alcun modo sanata.
Ne consegue che l’insanabilità dell’inesistenza ne legittima l’eccezione anche tardiva rispetto ai termini di impugnativa.


2.3 Residenza e domicilio

In base all’art. 65 del D.P.R. 600/73 gli eredi devono comunicare all’ufficio delle imposte il domicilio fiscale del dante causa, le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale(nota) . La notifica degli atti intestati al dante causa può essere effettuata agli eredi collettivamente e impersonalmente nell’ultimo domicilio dello stesso ed è efficace nei confronti dell’erede, che almeno trenta giorni prima non abbia effettuato la comunicazione prevista.
Viceversa, nel caso in cui la comunicazione da parte degli eredi sia tempestivamente effettuata agli uffici, questi saranno obbligati a inviare la notificazione nominativamente e al domicilio degli eredi. In caso contrario le notificazioni saranno nulle. Trattasi però di nullità, e comunque gli eredi, al fine di far valere tale vizio, sono tenuti a impugnare l’atto entro sessanta giorni; altrimenti, trascorso tale termine, le notifiche saranno considerate comunque valide.
Qualora l’erede abbia la propria residenza fiscale nell’ultimo domicilio del de cuius, ma egli effettivamente viva abitualmente in altro luogo con la propria famiglia, vi è da chiedersi se la notifica effettuata nell’ultimo domicilio del defunto, ammesso che l’erede abbia comunicato il proprio domicilio fiscale, differente in questo caso dalla residenza, faccia sorgere un vizio della stessa. Sicuramente se il nuovo domicilio è stato comunicato, e la residenza rimane comunque tale, l’invio della notifica all’ultimo domicilio del defunto sarà sicuramente viziata , quindi atto nullo ma non inesistente, perché vi è comunque uno stretto legame tra tale domicilio e l’erede; quindi sarebbe non corretto esprimersi in termini di inesistenza. Per far valere la nullità sarà, comunque, necessaria l’impugnazione di tale atto entro sessanta giorni.
Nel caso in cui, invece, la comunicazione non sia stata effettuata, rimane valido il concetto di stretto collegamento tra de cuius ed erede.


3. Conclusioni

Una sentenza della Cassazione, la n. 6488 del 31 Gennaio 2007, sancisce che: ”l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario non determina di per sé sola, il venir meno della responsabilità patrimoniale dell’erede per i debiti (anche tributari) ma fa solo sorgere in capo a quest’ultimo il diritto a non rispondere ultra vires hereditatis”.
Di conseguenza è legittima la cartella di pagamento emessa nei confronti dell’erede, salvo il diritto di costui a procedere al pagamento solo nei limiti dell’attivo ereditario.
A questo punto è importante rilevare che l’accettazione con beneficio di inventario rappresenta un’accettazione vera e propria dell’eredità, che permette però all’erede di tenere distinto il proprio patrimonio da quello del de cuius; affinché “la fusione” dei patrimoni non avvenga a seguito dell’accettazione con beneficio di inventario è necessaria la redazione di un elenco concernente tutti i beni del de cuius da depositare presso l’autorità giudiziaria, entro tre mesi dall’apertura della successione se l’erede è in possesso dei beni mentre i tre mesi decorrono dal giorno dell’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario se l’erede è in possesso dei beni a norma dell’art. 488 c.c.. In caso di mancato deposito entro tale termine, il beneficio della separazione dei due patrimoni (erede e de cuius) decadrà, per cui eventuali creditori del defunto oltre l’erario potranno rivalersi non solo sui beni del de cuius ma anche su quelli dell’erede in quanto i due patrimoni sono ormai “confusi” con una responsabilità illimitata su tutto il patrimonio.
 

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